A gennaio 2021 è stata pubblicata la “CNAPI”, Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee, col nulla osta del ministero dello Sviluppo e del ministero dell’Ambiente con la quale sono state identificate 67 aree che potenzialmente potrebbero ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi; secondo quanto si apprende anche dal sito dedicato il deposito “sarà un’infrastruttura ambientale di superficie che permetterà di sistemare definitivamente in sicurezza i rifiuti radioattivi, oggi stoccati all’interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, prodotti dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca”.
In tutti i territori interessati, a seguito della pubblicazione e della proposta che SOGIN (il soggetto che dovrebbe costruire e gestire l’infrastruttura) ha trasmesso al Ministero della Transizione Ecologica, si sono formati comitati contrari a tale deposito; prima di cercare le motivazioni alla contrarietà proviamo a dare una risposta ad alcune domande che possono nascere spontanee:
- perché dobbiamo fare il deposito unico nazionale?
- non possiamo tenere i rifiuti, e conferire quelli nuovi, dove sono ora?
- possiamo usare uno dei depositi fuori dall’Italia?
Risposta alle tre domande
Di seguito le diverse considerazioni che permettono di derimere le domande sopra esposte:
- i siti di stoccaggio attuali non sono idonei per una sistemazione definitiva in quanto sono “vecchi“ e mancanti di alcune caratteristiche per garantire l’isolamento dei rifiuti radioattivi dall’ambiente fino al decadimento della radioattività a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell’uomo e per l’ambiente;
- i siti di stoccaggio attuali dovrebbero essere ampliati se si considera il conferimento dei rifiuti che continuamente sono prodotti (ad esempio in campo medico);
- l’articolo 4 della Direttiva 2011/70 del Consiglio Europeo prevede che i rifiuti radioattivi siano smaltiti nello Stato membro in cui sono stati generati.
Quali rifiuti saranno conferiti nel deposito?
- rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, attualmente stoccati in depositi temporanei;
- rifiuti provenienti da fonte non energetica, ossia quelli derivanti dalla ricerca, dall’industria e dalla medicina nucleare;
- rifiuti che torneranno in Italia dopo il ritrattamento all’estero del combustibile esausto proveniente dagli ex impianti nucleari italiani.
Fonte ISIN, Ispettorato per la Sicurezza Nucleare, le scorie nucleari stanno aumentando e, a fine 2021 erano di 31.812 metri cubi (rispetto ai 31.027 dell’anno precedente); in attesa di un sito geologico europeo, nel deposito saranno stoccati anche i rifiuti a media ed alta attività.
Dove si farà?
Il progetto presentato, consultabile anche sul sito www.depositonazionale.it, prevede misure di sicurezza tali da fare dormire sonni tranquilli a chi ci lavorerà ed agli abitanti del territorio; allora perché, nonostante le compensazioni economiche per le comunità locali, non è ancora stato trovato il sito da utilizzare?
Il primo dubbio riguarda tutto quanto è esterno alla struttura a partire dal trasporto del materiale che dovrà essere stoccato ed all’inevitabile ritorno negativo dal punto di vista turistico; inoltre la morfologia italiana non aiuta in quanto il territorio, dove non è prevalentemente collinare/montuoso, è soggetto a terremoti o ad alluvioni e dissesto idrogeologico.
Quello che però suscita ancora più perplessità è l’ipotesi di procedere per autocandidatura dei territori in quanto sorge una ulteriore domanda: se una zona non è stata selezionata fra le aree idonee (che sono state scelte analizzando attentamente i requisiti che devono garantire la buona riuscita del progetto) perché dovrebbe ospitare un’infrastruttura così importante e “delicata”?