goya

Di recente presso il Palazzo Reale di Milano ha aperto i battenti una mostra dedicata a Francisco Goya dal titolo: La ribellione della ragione. I curatori della mostra hanno voluto così sottolineare una peculiarità dell’artista spagnolo e cioè quella di essere riuscito a raccontare i grandi cambiamenti della sua epoca, figli della nuova cultura illuminista, e di averlo fatto coniando un linguaggio pionieristico e molto vicino alla sensibilità moderna, come ad esempio nel suo anelito pacifista.

Il disegno

Pur essendo un pittore colorista, Goya fu anche un disegnatore prolifico. Egli intendeva il disegno come qualcosa di alternativo alla pittura, quasi come se il disegno fosse a differenza di quest’ultima più adatto a raffigurare i capricci sfrenati della sua fantasia. Mentre la pittura era materia, gesto, colore, il disegno sembrava garantirgli maggiore libertà e gli permetteva di trasformare l’incompiuto in un concetto estetico valido. Il disegno, ma anche l’incisione, erano il linguaggio congeniale per esprimere ciò che pensava veramente.

La guerra

Nel percorso della mostra vi è una sezione dedicata nello specifico alle riflessioni artistiche di Goya sulla guerra e sono di un’attualità impressionante. Tutte le generazioni precedenti a quella di Goya avevano conosciuto la guerra, ma la sua generazione la conobbe in terra spagnola, partecipandovi e subendola direttamente. La guerra di cui Goya fu testimone coinvolse e trascinò l’intero popolo e l’orrore che essa produsse finì per non risparmiare nessuna città o villaggio. L’artista spagnolo immortalò questi orrori in due celebri dipinti conservati al museo del Prado: Il 2 maggio 1808 a Madrid e Il 3 maggio 1808 a Madrid, ma anche in una serie di incisioni realizzate tra il 1810 e il 1814: I disastri della guerra.

La mostra

Alcune di queste incisioni, accompagnate dalle relative stampe realizzate circa cinquant’anni più tardi, sono a Milano per qualche mese. Goya non raffigura eventi specifici, la sua è una cronaca della crudeltà e della barbarie perpetrate da entrambe le parti. In Con o senza ragione, legata ai fatti di Madrid che avrebbe poi ripreso nei suoi due dipinti più celebri, egli rappresenta sullo sfondo un gruppo di spagnoli che uccide un soldato francese, mentre le due figure in primo piano, popolani ribelli, affrontano con armi di fortuna le baionette degli invasori. Allineando questi ultimi come un plotone di esecuzione, Goya ottiene il risultato di eliminare i riferimenti spaziali e nascondere i volti dei carnefici disponendoli con le spalle rivolte agli osservatori.

L’intento è quello di sottolineare l’universalità della brutalità senza senso. L’uomo è vittima e colpevole di tutto quell’orrore. In Non c’è nulla da fare fotografa invece il momento prima di una esecuzione, prima che accada ciò che deve accadere. Alcuni sono già caduti, altri cadranno dopo. In questo caso l’attenzione è tutta centrata sull’uomo bendato in primo piano e tutto il contenuto rimanda a un esito imminente. La vittima è totalmente impotente, sola nella sua disperazione, di fronte a un plotone in uniforme che risponde esclusivamente all’ordine gerarchico di un superiore. In Un’impresa eroica! Con morti! Goya rappresenta invece tre cadaveri appesi a un albero, mutilati, smembrati e in due casi castrati. Questo orrore contrasta con la bellezza dei corpi nudi rappresentati come torsi classici, quasi a voler rappresentare quello che sarà il racconto postumo, che trasformerà l’orrore in impresa eroica.

In definitiva come ha giustamente sintetizzato la storica dell’arte Jesusa Vega:” Come in qualsiasi guerra, l’irrazionalità sotto l’egida degli interessi del potere dissemina vittime innocenti. La sensibilità di Goya di fronte a questi eventi ha prodotto un monumentale grido contro la violenza in tutte le sue forme, a cui non trova giustificazione alcuna, e che, grazie al magistrale trattamento tecnico, formale e concettuale, permette allo spettatore di contemplare scene che sono proprie di qualsiasi guerra”. Ciò che Goya rappresenta è universale e purtroppo senza tempo.

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