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Passeggiando per la villa reale di Milano alla scoperta dei capolavori della galleria d’arte moderna, capita di imbattersi uscendo dalla bella sala da pranzo in stile neoclassico in un paesaggio dalle tinte fosche.

Il turbine di Fulvia Bisi

Si tratta della rappresentazione di un turbine, reso attraverso rapide pennellate e lampi di colore. La potenza della natura emerge in maniera vibrante e coinvolgente, in assenza di una qualsivoglia presenza antropica. La protagonista del quadro è dunque la forza del rovescio atmosferico che sovrasta uno stagno, dal quale si leva uno stormo di uccelli. Lo sguardo dello spettatore si sofferma al centro sulle piante, piegate dalla forza del vento, mentre la pianura è sovrastata da un cielo tempestoso. La scelta del soggetto è singolare in un’epoca in cui il Paesaggismo era stato a lungo considerato un’arte minore, basti pensare che la prima cattedra di Paesaggio fu istituita a Brera solo nel 1838, per essere affidata a Giuseppe Bisi, padre di Fulvia.

fulvia bisi
Turbine di Fulvia Bisi

E fu proprio Fulvia Bisi, figlia di Giuseppe, a dipingere questa tela al culmine di una lunga carriera iniziata nel 1842. Inizialmente fu influenzata dallo stile del padre, sia nei modi che nello stile, per avviarsi in seguito su una propria via, attraverso una resa pittorica più istintiva, dall’effetto più coinvolgente ed immediato. La cosa altrettanto straordinaria è, a ben guardare, che si tratti di una donna. Nel percorso milanese dedicato all’Ottocento è probabilmente l’unica pittrice ad essersi guadagnata uno spazio. Non va diversamente nelle tante istituzioni museali sparse in Italia e nel mondo. D’altra parte le donne furono ammesse ufficialmente come discenti negli istituti d’arte solo all’inizio del Novecento.

Dove sono le donne?

Mentre le donne sono state assolute protagoniste come soggetto pittorico nel corso dei secoli, lo sono purtroppo molto meno nei libri di storia dell’arte, nel racconto delle vite e delle opere dei grandi artisti del passato. Giotto, Botticelli, Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Caravaggio, Tiziano, Tintoretto, ma le donne dove sono? Non si tratta evidentemente di un’attitudine solo maschile, così come sappiamo che le donne hanno avuto un ruolo nella realizzazione di dipinti fin dall’antichità.

Plinio il Vecchio riporta a tal proposito alcuni nomi di pittrici donne, tra cui Timarete, Olympas, Aristarete, Kalypso, ma nulla di più. Oggi si ritiene in ogni caso che fino al XVI secolo il contributo femminile sia stato piuttosto marginale o comunque, seppur probabilmente presente, che non abbia avuto il giusto risalto. Le cose cambiarono con l’arte rinascimentale, pur rimanendo confinate all’ambito di figlie d’arte, giovani di talento che crebbero nelle botteghe di padri pittori e già affermati.

Figlie d’arte

È il caso di Artemisia Gentileschi, una delle artiste più apprezzate e conosciute della sua epoca. Figlia del pittore Orazio, si distinse per uno stile caravaggesco e per una marcata teatralità delle sue opere. Artemisia Gentileschi è nota anche per il coraggio e la determinazione con la quale, in un’epoca sicuramente difficile, affrontò un processo pubblico per lo stupro subito dal “collega” e amico del padre Agostino Tassi. Il padre denunciò il fatto alle autorità dopo circa un anno e Artemisia fu costretta a una lunga serie di visite e a un interrogatorio sotto tortura. Nei suoi quadri vibranti che riprendono alcuni temi biblici come Susanna e i Vecchioni e Giuditta e Oloferne sembra emergere sotto traccia e in maniera rabbiosa tutto il dramma esistenziale della donna.

Anche Lavinia Fontana era una figlia d’arte. Crebbe nella bottega del padre Prospero Fontana, dove frequentò i Carracci che esercitarono una grande influenza su di lei. La sua fama di ritrattista tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento fu notevole, ma si mise in gioco anche con soggetti mitologici e biblici, finendo per guadagnarsi numerose commissioni presso la corte papale di Gregorio XIII.

Un’altra figlia d’arte del Seicento fu Elisabetta Sirani che, per zittire le maldicenze che non fosse lei ad eseguire i suoi quadri, decise di eseguire in pubblico alcune sue opere alla presenza dei suoi committenti. Aveva una tecnica inconsueta per il tempo, fatta di schizzi veloci e poi di un successivo lavoro sul tratto con l’acquerello.

Aprire la strada nell’arte

Ma fu Sofonisba Anguissola, nata a Cremona nel 1532 dall’aristocratica famiglia piacentina degli Anguissola, una delle primissime esponenti femminili della pittura europea e una delle maggiori artiste donne nell’arte rinascimentale. Di nobilissimo lignaggio, influenzata da Bernardino Campi, riuscì a farsi strada, a differenza delle sue sorelle che ci provarono senza successo, nel mondo dell’arte arrivando addirittura a guadagnarsi, unica, una citazione nelle Vite di Giorgio Vasari, pare su spinta di Michelangelo, impressionato dal suo talento.

Furono queste donne ad aprire la strada alla svizzera Angelika Kauffmann, specializzata nella ritrattistica e nei soggetti storici, e alla francese Berthe Morisot, tra i fondatori del movimento impressionista francese, per arrivare ad artiste di epoca più recente e di fama internazionale come la messicana Frida Kahlo e la polacca Tamara de Lempicka.

Le vie dell’arte possono essere tortuose, ma la ricchezza e la pluralità di punti di vista di chi se ne fa interprete ne sono l’essenza, alla ricerca di quell’ideale assoluto che vuole che l’arte sia la sintesi di tutto.

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