alluvioni

L’attuale emergenza climatica si sta traducendo e si tradurrà sempre più in eventi atmosferici estremi, che si accompagnano a danni molto ingenti sia dal punto di vista economico che a livello più generale. L’Italia da questo punto di vista è particolarmente esposta sia per motivi strutturali che per una reiterata cattiva gestione, ma a ben vedere si tratta di un’emergenza, quella legata al dissesto idrogeologico, che non è nuova per il nostro Paese e che nei prossimi anni è destinata evidentemente ad acuirsi senza decisi interventi strutturali e senza soprattutto una piena presa di coscienza della gravità della situazione.

A tal proposito può essere utile dare un occhio a quello che è già successo, spesso dimenticato e rimosso dalla coscienza collettiva con fin troppa disinvoltura, anche perché purtroppo non si è trattato solo di contare i danni, ma anche i morti. Guardando al passato ci si rende conto anche di come si tratti di uno stillicidio di calamità, isolate singolarmente, ma figlie di una stessa matrice e troppo velocemente bollate come eventi eccezionali.

Le alluvioni del passato

Quasi ogni anno in Italia ci sono alluvioni che provocano vittime, ecco un triste elenco dei dieci più luttuosi verificatisi dal 1900 in poi. L’alluvione che ha causato il più alto numero di vittime risale al 1954 e coinvolse il tratto costiero campano compreso tra Amalfi e Salerno. Straripamenti, frane, voragini, ponti crollati, strade e ferrovie distrutte. I morti furono 303, 5.000 i senza tetto, mentre i danni sfiorarono i 50 miliardi di lire di allora.

Subito a ruota c’è la tragedia più recente di Sarno, sempre in Campania. Siamo nel 1998, la montagna vomita lingue di fango e la colata non risparmia nulla. Sarno è il centro maggiormente colpito, i detriti nelle strade raggiungono i 5 metri di altezza e intere frazioni come Episcopio sono sepolte. Le case distrutte sono 200. Complessivamente si conteranno 160 morti. Ancora la Campania tristemente protagonista nel 1910, quando quello che venne definito dalla stampa del tempo uno “spaventevole uragano” finì per tramutare alcune colline in torrenti melmosi che travolsero Salerno, Cetara e Casamicciola, sull’isola di Ischia. I morti furono 150.

L’alluvione del 1966, forse l’unico ancora presente nella coscienza collettiva, è ricordato soprattutto per lo straripamento dell’Arno in quel di Firenze, ma in realtà gli eventi estremi colpirono contestualmente anche altre regioni, in particolare Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. A Venezia l’acqua alta raggiunse il livello record di 194 cm. Alla fine il bilancio fu pesantissimo con circa mille miliardi di lire di danni, 78.000 sfollati e soprattutto 118 morti.

Nell’ottobre del 1951 toccò alle isole ed alla Calabria, con 100 morti, raccolti distrutti e intere aree bloccate per giorni, mentre solo un mese più tardi fu la volta del Polesine. Dopo giorni di piogge il Po ruppe l’argine sinistro e milioni di metri cubi d’acqua si riversarono nelle campagne delle province di Rovigo e Venezia. Altri 100 morti e 180.000 senzatetto. L’economia dell’intera regione Veneto fu colpita in maniera durissima.

Un paese fragile

L’elenco continua ancora con la provincia di Reggio Calabria nel 1953 (100 morti), quelle di Asti e Biella nel 1968 (74 morti), l’intera regione Piemonte con ancora il Po protagonista nel 1994 (68 morti), ancora l’area amalfitana nel 1924 (61 morti). Mi fermo qui, sebbene la lista sia ancora piuttosto lunga e coinvolga quasi tutte le regioni italiane. Il messaggio è chiaro. La fragilità del nostro territorio richiede più che altrove grande attenzione e una decisa presa di coscienza.

Non ci si può permettere distrazioni, errori o addirittura scelte scriteriate, come quella che portò il 9 ottobre 1963 alla più grande tragedia di sempre, quella del Vajont. Un disastro di origine antropica più che naturale. La diga fu costruita in una zona geologicamente instabile e una frana staccatasi dal monte Toc generò il dramma, 1.910 morti, di cui 487 con meno di 15 anni, 1300 dispersi, circa 900 miliardi di lire di danni.

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