Le compagnie petrolifere e del gas europee sono sotto il fuoco dell’attenzione pubblica, poiché Greenpeace denuncia il loro fallimento nell’aderire alle promesse di transizione energetica e di riduzione delle emissioni di gas serra. Secondo l’organizzazione ambientalista, solo il 7% degli investimenti di queste aziende è stato destinato alle energie rinnovabili, sollevando interrogativi sulla loro vera dedizione alla causa del clima.
Puro greenwashing
L’attacco di Greenpeace, presentato da Jakub Gogolewski durante una conferenza stampa a Parigi, è basato su un rapporto dettagliato curato da Steffen Bukold, un politologo tedesco esperto di energie rinnovabili. Il rapporto mette sotto la lente dodici gruppi energetici europei, tra cui BP, TotalEnergies e Shell, e rivela che solo lo 0,3% della loro produzione totale proviene da fonti rinnovabili. Ancora più preoccupante, solo il 7,3% degli investimenti delle aziende è stato destinato alle energie verdi, mentre il restante 92,7% ha finanziato attività legate ai combustibili fossili come gas e petrolio, principali responsabili delle emissioni di CO2 che contribuiscono al cambiamento climatico.
Questo allarme arriva in un momento in cui le temperature estive sono alle stelle, evidenziando l’urgenza di agire per affrontare il riscaldamento globale. Nonostante molte delle compagnie energetiche europee abbiano dichiarato pubblicamente il loro impegno a raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero entro il 2050, Greenpeace afferma che i fatti raccontano una storia diversa. Molte di queste aziende stanno ancora pianificando di aumentare la produzione di petrolio e gas fino almeno al 2030, mettendo in dubbio la coerenza tra le parole e le azioni.
Le azioni e le richieste
Per evidenziare questa discrepanza, attivisti di Greenpeace hanno creato una torre petrolifera finta nel quartiere degli affari La Défense, nei pressi di Parigi, dove ha sede TotalEnergies. Lo slogan “Il termometro sta esplodendo, grazie all’industria dei combustibili fossili” è stato il centro dell’azione, con l’obiettivo di mettere in luce il contributo dell’industria dei combustibili fossili al cambiamento climatico.
Greenpeace ora chiede ai governi europei di intervenire e regolamentare le attività delle compagnie energetiche, obbligandole a ridurre le emissioni e ad accelerare il passaggio alle energie rinnovabili. L’organizzazione ritiene che l’autoregolamentazione non sia sufficiente per affrontare la crisi climatica in corso. In particolare, Greenpeace propone l’istituzione di obiettivi obbligatori di riduzione del consumo di petrolio per le compagnie coinvolte.
Il rapporto, intitolato “The Dirty Dozen” (La sporca dozzina), evidenzia chiaramente le sfide che l’industria energetica europea deve affrontare per allinearsi agli obiettivi di sostenibilità e lotta al cambiamento climatico. La strada verso una transizione energetica sostenibile richiederà sforzi concreti e azioni decisive da parte delle compagnie energetiche, dei governi e degli attivisti, se si vuole davvero affrontare la sfida globale del cambiamento climatico.