acciaieria

In Friuli-Venezia Giulia da qualche mese si discute animatamente del progetto di un’acciaieria da costruire a San Giorgio di Nogaro, nella zona industriale dell’Aussa Corno. Noi come Europa Verde F-vg ci siamo schierati contro questa industria siderurgica e spiegheremo le nostre motivazioni in questo articolo. Ma prima, di che progetto stiamo parlando?

Il progetto

Il progetto, fortemente voluto dalla Danieli che costruirà l’impianto in partnership con la multinazionale Metinvest, per la verità nasce a Muggia (TS) nel 2021, ma dopo le resistenze dei territori e la nascita di qualche crepa all’interno della maggioranza regionale (il primo a chiedere chiarimenti in Consiglio alla maggioranza fu Nicoli di Forza Italia, seguito a ruota da Ussai del M5s) il progetto viene spostato a San Giorgio di Nogaro, nella zona industriale Aussa Corno.

Siamo ad agosto 2022 ed è l’assessore Regionale alle attività produttive (riconfermato) Sergio Bini a dichiarare “massimo interesse alla tutela della sostenibilità e degli interessi del territorio” rispetto al procedimento “che dovrà accompagnare l’investimento del gruppo siderurgico ucraino Metinvest e Danieli di Buttrio a San Giorgio di Nogaro” palesando che una decisione è già stata presa e conferma anche che un progetto già esiste quando afferma che “il progetto attuale rappresenta un’occasione più unica che rara. Con un investimento privato che sfiora il miliardo di euro, una prospettiva occupazionale che tra personale diretto e indotto può interessare un migliaio di lavoratori qualificati, l’impianto a regime prevede un ingente fatturato che potrà rappresentare per la regione un importante aumento del Pil” e che “Attualmente il progetto è in fase preliminare e la Regione ha già adottato provvedimenti per affermare la volontà di procedere e richiederne la possibilità e per destinare i primi fondi (20 milioni di euro in assestamento di bilancio) per avviare le infrastrutturazioni. Complessivamente per la parte pubblica il progetto prevederebbe un investimento di 80 milioni per realizzare i dragaggi del Corno, l’innalzamento della quota di terreno, una banchina da 400 metri, interventi su ferrovie e viabilità e altri sotto servizi” . (Dichiarazioni tratte da Udinetoday). Insomma il progetto esiste.

L’acciaieria dovrebbe, a regime, produrre quattro milioni di Coils l’anno (la produzione attuale dell’ILVA di Taranto) alimentata da Dri (Direct reduced iron, tradotto dall’inglese ferro ridotto diretto, chiamato anche spugna di ferro) a sua volta prodotta in sito da minerale di ferro con un mega impianto di riduzione diretta. I promotori hanno sempre parlato di “acciaio green” e “impianto con tecnologia di ultima generazione” ovvero prodotto attraverso un forno elettrico dove il minerale di ferro viene ridotto a Dri (spugna di ferro) che rimane allo stato solido in un reattore in cui si fa fluire un gas riducente (CO+H2) prodotto dal metano. Il Dri è poi alimentato, anche in carica mista con rottame, al forno elettrico dove si completa la trasformazione ad acciaio liquido. Questa operazione è idrogenoalimentata, appunto, con metano. Secondo la Danieli si stima un consumo per 1 milione di tonnellate di 280 milioni di metri cubi all’anno (1,5 miliardi quando l’impianto lavorerà a regime). Parliamo di 800 kg di CO2 per tonnellata. Dalle dichiarazioni pare che il progetto preveda l’uso di idrogeno al posto del metano, limitando quindi al minimo le emissioni di CO2 e producendo il paventato “acciaio green”: al momento, però, questa strada appare impraticabile per gli altissimi consumi energetici necessari per produrre l’idrogeno. Con le attuali tecnologie di produzione servirebbe un parco fotovoltaico di circa 6,500 ettari (65 km2) e batterie di elettrolizzatori enormi con costi stimati per oltre 20 miliardi di euro”. Secondo i promotori ci sarà una produzione del valore di 3 miliardi (8% del PIL del F-Vg) e un’occasione di lavoro per 800/1000 persone.

Le nostre critiche

Siamo al fianco dei Comitati di cittadini che lottano ogni giorno contro questo ecomostro. Questa acciaieria sarà un disastro ecologico perché:

  • produrrà 3,2mln tonnellate di solo Co2 all’anno (numeri della stessa Danieli);
  • sarà alimentata da 1,5miliardi di metri cubi di metano (2% nazionale);
  • come già ribadito nell’articolo purtroppo non si può produrre l’acciaio green perché con le attuali tecnologie di produzione servirebbe un parco fotovoltaico di circa 65 km2 e batterie di elettrolizzatori enormi con costi stimati per oltre 20 miliardi di euro, senza contare il pescaggio di acqua per produrre idrogeno, in una situazione dove le industrie già pescano a piene mani creando a volte situazioni al limite della siccità;
  • si dovrà dragare il fiume Corno (fino al mare) per un minimo di 9/12 mt, creando un milione di metri cubi di materiale dal solo dragaggio che porterà , oltre a un aumento della CO2 locale dovuta ai camion che transiteranno, un rischio ecologico dovuto al riportare a galla il mercurio che come sappiamo è sedimentato in queste zone nei fondali (citando Legambiente: “E che impatto avrà questo dragaggio sulla mobilizzazione del mercurio che può transitare da una fase non solubile, legata ai sedimenti alla fase metilata e bioaccumulabile all’interno della catena alimentare”);
  • le lagune di Grado e Marano sono siti protetti a livello comunitario, nazionale e regionale, come salvaguardare la biodiversità con questo progetto? Non si può. Essa sarà spazzata via, distrutta, perchè ,come si può vedere dall’ immagine, l’acciaieria nascerà proprio in mezzo alla laguna di Grado e alla Laguna di Marano. Pensiamo, oltre all’inquinamento dell’aria, anche all’inquinamento acustico;
  • ci sarà il fortissimo rischio di salinizzazione delle falde, ovvero quando il mare risale le falde rendendo salata l’acqua dolce e dunque rendendola inutilizzabile per l’agricoltura e, soprattutto, danneggiando pesantemente il territorio desertico, inaridito;
  • anche il turismo potrebbe subire gravi conseguenze. Basti pensare al “bel panorama” che andrebbero ad ammirare i bagnanti e i turisti di Lignano, Grado, Marano.

 

Per concludere, siamo consapevoli che l’acciaio per la transizione ecologica serve, che i posti di lavoro sono importanti ma questo non può avvenire ancora a scapito dell’ambiente. Combatteremo in ogni sede istituzionale e non per fermare questo disastro ecologico. Chiediamo alla Regione di fermarsi, chiediamo al governo di non concedere il “sito di interesse nazionale” a questo progetto. Al fianco dei comitati per dire:

SALVIAMO LA LAGUNA, NO ALL’ACCIAIERIA

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