ambientalisti

Il cambiamento climatico picchia duro ma la colpa è degli ambientalisti. Neanche il Teatro dell’Assurdo avrebbe osato tanto.

Intransigenti a chi?

Ho aperto davanti a me l’intervento puntuale di Simone Cosimi su Wired, un intervento chiaro e razionale, che mi fa molto piacere. Purtroppo non posso dire lo stesso dei contenuti di cui Cosimi tratta, questo insistente colpevolizzare gli ambientalisti – chiamandoci con appellativi come “intransigenti” o “integralisti” – iniziato con Cingolani e diventato più intenso con il nuovo governo e dopo l’alluvione in Emilia Romagna.

Che non siamo né intransigenti né integralisti, Cosimi di Wired lo ha capito. Le nostre proteste semplicemente vengono dal fatto che noi gli scienziati li ascoltiamo.

Il No al consumo di suolo

Il disastro in Emilia Romagna, dove io risiedo, è stato un concatenarsi di cambiamento climatico ed eccessivo consumo di suolo: come dicevo in questo articolo, a Bologna l’architettura post-consumistica novecentesca ha partorito la geniale idea di dimezzare il letto del Ravone mentre le tombature medioevali (tipo l’Aposa) hanno retto splendidamente. È questione di mentalità. Quindi se diciamo no al consumo di suolo inarrestabile – che neanche questa tragedia sta mettendo in discussione nelle stesse aree colpite – non è per intransigenza.

È, in parte, perché i risultati di una politica di questo tipo sono inevitabilmente quelli dell’Emilia Romagna.

E credetemi se c’è una cosa di cui siamo stufi è ripetere “l’avevamo detto”. Non ci fa piacere prevedere le catastrofi, tanto meno non riuscire ad arginarle per ottusità altrui.

Teatro dell’assurdo

Sì sì, comunque avete capito bene: il cambiamento climatico picchia duro, il consumo di suolo è un grosso problema ma la colpa, per certi ministri e certa stampa, è degli ambientalisti intransigenti che dicono no ad altro consumo di suolo, altri soldi spesi male, altre opere inutili e dannose.

Qua ci vuole Beckett, forse il suo Teatro dell’Assurdo sarebbe il contesto giusto per queste accuse che non hanno né capo né coda e lasciano basiti e un po’ impauriti.

Impauriti, sì. Perché se chi ci guida dimostra di non avere idea dei rischi che stiamo correndo, il futuro fa paura.

L’ideologia opposta alla nostra

Guardate che gli integralisti non siamo noi.

Ci chiamano anche “ecologisti ideologici” e da parte mia credo sia una definizione vera, ma che non abbia affatto una connotazione negativa. Del resto, anche quella opposta alla nostra è un’ideologia.

L’ideologia opposta alla nostra è quella che non si rende conto che il domani è già qui.

Quella che non mette mano a certe branche dell’industria nocive (il fossile, gli allevamenti intensivi…), quella che propone opere dannose, quella che con una Pianura Padana tra le zone più inquinate di Europa favorisce ancora l’uso dell’auto tradizionale, quella che non capisce che le frane (frequenti nell’Appennino dopo le scorse settimane) sono legate agli interventi umani (come l’impoverirsi della fauna boschiva).

Segue un’ideologia chi, mentre gli esperti dicono “si è costruito troppo vicino ai fiumi”, risponde come se non avesse neanche sentito insistendo che occorrono altre opere di contenimento. Chi spende soldi in stupidaggini dando a bere alle persone che il mondo di ieri può ancora esistere. Chi crede che, nel bucare una montagna, sia importante il fine, il perché lo si fa, non i danni collaterali irreversibili causati. Chi tratta i movimenti ecologisti che cercano disperatamente di sollevare la questione ambientale come mafiosi o chi li dipinge come radical chic indisposti a spalare – tanto qualcuno in questa narrazione ci casca sempre.

L’ideologia è una visione di futuro

Sì, la questione è decisamente ideologica se l’ideologia è quell’insieme di idee che, messe assieme, costruiscono una visione di futuro desiderata e desiderabile. L’ideologia opposta alla nostra predilige un modo di fare economia vecchio, superato, insostenibile. Parla di “assist del paese” fantasticando sulle grandi opere ma non considera la biodiversità, il suolo fertile, i boschi, gli animali, le falde acquifere, l’acqua stessa (dato che si parla ancora di nucleare) un valore. Un bene da salvaguardare. Un qualcosa che ci porterà nel futuro.

Seguendo l’ideologia opposta alla nostra, come nota Simone Cosimi su Wired, si rischia di entrare in un “perpetuo stato di emergenza climatica”.

È grave abbastanza per giustificare le nostre lotte?

Il voto contro l’incoscienza

Scrive Cosimi: “L’assenza di una classe dirigente davvero ambientalista, e magari di un partito verde che potesse incidere soprattutto dalla metà degli anni Novanta in poi, hanno fatto il resto. E lasciato il campo alle assurdità di Musumeci e Pichetto Fratin che dobbiamo ingoiare oggi, mentre tocchiamo con mano le catastrofiche conseguenze del surriscaldamento globale e della crisi del clima, che si fa sempre più violenta”.

Sì, può darsi che in passato la percezione dei Verdi fosse questa ma oggi – ad oggi 2023 – i Verdi ci sono, sono un partito giovane, che grida le sue ragioni ma che viene zittito in nome di criteri apparentemente razionali ma altrettanto ideologici come il business as usual. Non smetterò mai di ripetere che il mondo di domani, in democrazia, si costruisce con il voto. È il solo mezzo per non lasciarsi andare a questa politica incosciente, per non avere una, cento, mille altre situazioni simili alla Romagna.

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