amore

Alla base della vita in natura c’è sicuramente l’amore, non solo come propulsore delle nostre azioni ma anche e soprattutto come passaggio indispensabile per la perpetuazione della vita stessa. Ma cosa succede nel nostro organismo quando ci innamoriamo e quali sono gli agenti che veicolano e sostengono l’innamoramento?

Negli ultimi anni le neuroscienze hanno fatto passi da gigante ed abbiamo le idee un pochettino più chiare. Una buona notizia è che il colpo di fulmine esiste, nella misura in cui in presenza di un intenso innamoramento è piuttosto raro che la scelta del partner venga definita a posteriori una libera scelta. D’altra parte persino Platone riteneva che si trattasse di un processo autonomo, “totalmente irrazionale, un’anima che non accetta nessuna disciplina”. Va detto però che contestualmente l’incontro con l’altro ripropone la ritualizzazione della rappresentazione interna della propria coppia genitoriale. Questo comporta una discreta idealizzazione del potenziale partner, che si può intendere come l’illusione di far combaciare l’oggetto reale con il proprio compagno interno.

La chimica dell’innamoramento

L’innamoramento è chiaramente legato alla sopravvivenza della specie, dura dai sei mesi ai tre anni, un tempo interpretato evoluzionisticamente come quello minimo necessario perché una donna possa rimanere incinta e prendersi cura della prole. Dal punto di vista sintomatologico l’attrazione è caratterizzata da uno stato mentale alterato in cui giocano un ruolo chiave serotonina, cortisolo, dopamina e noradrenalina. L’innalzamento del tono dell’umore sottintende ad un aumento del tono dopaminergico e noradrenergico, in maniera molto simile a quanto si registra nelle fasi ipomaniacali del disturbo bipolare. Nello stesso tempo l’attrazione comporta  il restringimento degli interessi e la comparsa di pensieri intrusivi riguardanti il partner, una condizione  molto simile al disturbo ossessivo compulsivo e legato invece ad un abbassamento dei livelli di serotonina. Lo stress indotto dalla creazione di legami sociali porta a un innalzamento dei livelli di cortisolo che determina nei due sessi una reazione opposta, portando nella donna alla produzione di piccole quantità di testosterone e nell’uomo ad una riduzione del suo livello, quasi che la natura voglia avvicinare “chimicamente” i due innamorati.

Negli ultimi anni è stato enfatizzato il ruolo giocato da alcuni neuropeptidi come l’ossitocina e la vasopressina. Entrambi questi messaggeri chimici facilitano il legame affettivo e sono associati al sistema di ricompensa del cervello, vale a dire potenziano i meccanismi della memoria che fissano i ricordi emotivi positivi e tralasciano gli aspetti dolorosi. Entrambi sono prodotti dall’ipotalamo e vengono scaricati ogni volta che si crea una connessione amorosa con qualcuno generando una sorta di ricompensa alla presenza di quella persona. Ne risultano una sensazione di legame ed un potente istinto protettivo.

La pazzia dell’amore

L’euforia e la sospensione del giudizio prodotti dall’innamoramento vengono talvolta bollate come una forma di pazzia, quella celebrata da tanti poeti e artisti nel corso dei secoli. Forse però aveva ragione Nietzsche quando scriveva in Così parlò Zarathustra: ”C’è sempre un po’ di follia nell’amore. Ma c’è sempre un po’ di ragione nella follia”. Questa ragione è da ricercare proprio negli schemi di attivazione e disattivazione neurobiologica determinati dall’amore. Questi appaiono al servizio di una finalità superiore, mirante a unire coppie per accrescere la variabilità della specie. Va infatti sottolineato che la sospensione del giudizio delle persone innamorate riguarda solo l’oggetto del loro sentimento, non quello in altri campi. È un processo selettivo che agisce su un insieme molto specifico di connessioni cerebrali e che hanno a che fare soprattutto con la corteccia frontale, responsabile del giudizio critico, e l’amigdala, deputata al coordinamento delle reazioni alla paura. La sua disattivazione comporta una riduzione delle risposte alla paura, con la conseguenza di mettersi più facilmente in situazioni rischiose pur di stare con la persona amata. E allora come scrisse il grande William Shakespeare: “Accendi un sogno e lascialo bruciare in te”.

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