Diceva Pasolini
Ricordate quando Pasolini andava per le città del centro Italia a fare commenti sulla differenza degli interventi sul territorio prima e dopo il boom economico? Vale la pena linkare il filmato e sintetizzare in breve le idee del poeta più citato e meno capito d’Italia: c’è stato un cambiamento di mentalità, a seguito dell’entrata del consumismo, nella vita degli italiani. Se prima si costruiva cercando un’armonia con il territorio, post-boom l’intervento umano entra a gamba tesa senza nessun altro criterio se non l’utile ignorando il rapporto fra la forma antica della città e la natura attorno.
O sotto, tipo i fiumi. Tipo il Ravone.
Una tempesta perfetta
Mentre scrivo, la città natale di Pasolini (che poi è la mia Bologna) è sotto sopra per le piogge violente e incessanti che durano da due giorni. Mentre scrivo, nella vicina Romagna accade anche di peggio. Nel territorio gravemente danneggiato attorno a Faenza sono caduti tra 400 e 600 mm di precipitazione (i massimi precedenti sullo stesso periodo erano meno della metà). Voglio però parlare di Bologna e del Ravone perché è l’esempio lampante della tempesta perfetta che si crea quando i frutti una certa mentalità utilitaristica nel costruire le città – la stessa che Pasolini criticava – incontrano gli effetti del cambiamento climatico.
Chi è il torrente Ravone?
Il nostro amico Ravone era totalmente scoperto fino alla seconda metà del XX secolo, adesso è scoperto per i primi cinque chilometri. Nasce alle pendici del monte Paderno, passa sotto zone ampiamente popolate come Saragozza, Andrea Costa, via Sabotino e via Saffi. Incrocia il Canale Reno ma con esso non interagisce se non sotto grandi piene e si getta direttamente nel Reno pochi chilometri più avanti.
“Temporali come quelli dei giorni scorsi ci sono sempre stati: occorre intervenire con competenza senza tirare in ballo i cambiamenti climatici”, scrive Marco Poli del Resto del Carlino e si sbaglia. Come sempre, si guarda il dito (la manutenzione) e non la luna: il Ravone sarà “tombato” (che brutta parola, per un corso d’acqua poi!) ma non è morto. E che succede quando il caldo superiore alla media causa un’evaporazione dell’acqua superiore alla media? Quando il vapore ricade, sotto forma di pioggia, lo fa in con una portata e una violenza superiori alla media.
Il cambiamento climatico quindi c’entra eccome, non lo dico io lo dicono i fatti.
Cambiamento climatico, tombatura stretta, frane, manutenzione…
C’entrano anche le decisioni urbanistiche prese per la viabilità, per l’espansione della città – oltre via Saragozza e verso le colline. Il Ravone è un fiume che ha sempre – questo sì – esondato spesso. “In caso di piogge brevi ma intense potrebbero verificarsi problemi di esondazione nel punto di tombatura” scrive Amedeo Bracaloni nella sua tesi del 2016 incentrata proprio sui rischi idraulici in ambiente urbano – il fiume preso a campione è proprio il Ravone. È una tesi molto interessante, vorrei leggere assieme un passaggio in particolare:
“I rilievi hanno permesso di evidenziare il notevole restringimento della larghezza dell’alveo all’imbocco della tombatura, che passa da circa 4 metri subito prima dell’imbocco a di circa 2.3 metri. [Arpa-SIMC]. In condizioni di deflusso moderato questo restringimento non comporta alcun problema ma può risultare pericoloso nel caso in cui si verificassero piene importanti e soprattutto in caso di ostruzione dell’imbocco della tombatura a causa di materiale trasportato dalla corrente come rami e tronchi”.
Ecco. L’alveo si restringe all’imbocco della tombatura. Se adesso il Ravone crea danni – oltre che per la mancata manutenzione che riscontra Poli, per il dissesto idrogeologico e le frequenti frane nella parte scoperta dovute, scrive Bracaloni, “anche al collasso di tratti boschivi” – è anche perché l’eccessivo intervenire in disarmonia con il territorio ha incontrato le bombe d’acqua contemporanee – che sono tutto meno che impreviste, dati i tempi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Accadrà ancora
Leggevo sul Guardian che la World Meteorological Organization sostiene che ai famosi +1,5 gradi rispetto alla media pre-industriale ci arriveremo nel 2027. Tra quattro anni. La frequenza di questi eventi piovosi violenti aumenterà. Intanto qui non cambia niente, tanto meno la mentalità che porta verso i grandi interventi in disarmonia con il territorio. Un esempio nella stessa Bologna? Il passante di mezzo come soluzione alla viabilità. Che non farà altro peggiorare la qualità dell’aria dividendo una vasta area verde, impoverendola e impoverendo tutte le specie animali – noi inclusi – che ci vivono attorno. Le piccole aree verdi antropiche non valgono niente rispetto alla biodiversità presente, su cui si interviene senza criterio. E mi risulta che il passante sud debba, negli intenti, abbracciare proprio il Monte Paderno, colarsi su quei territori dove la terra frana perché non ci sono più boschi. Wow.
Il Ravone invece ci racconta un’altra storia. È stato tombato in un momento in cui il movimento ecologista non era che un embrione. Se ci fosse stato e avesse detto “no”, si sarebbe sentito dire “voi ecologisti dite sempre no”. È chiaro oggi, con il Ravone che entra nei negozi della via Saffi, perché in certe circostanze diciamo no? L’intervento, la costruzione a gamba tesa, che considera quasi paccottiglia tutto il mondo vivo animale, vegetale e non-umano – che invece c’è – è sbagliata. Non va a favore dei cittadini. Non crea un mondo resiliente.
Il problema è una mentalità condivisa
In ultimo mi verrebbe da dire a Open Online che puntare il dito contro Bonaccini è fuorviante – io non vedo molti soldi pubblici per affrontare gli effetti del cambiamento climatico e potenziare la resilienza. Al contrario, sento parlare di tunnel sotto le Apuane, ponte sullo Stretto, centrali nucleari… sento parlare di “assist per lo sviluppo del paese”, ma il mondo vivo sul quale si interviene non è un valore tale da esser preso sul serio, tale da investirci le grosse cifre che occorrerebbero per rimediare ai danni già fatti. È facile affibbiare la responsabilità politica al primo che si ritrova la patata bollente nel proprio territorio quando il problema è una mentalità condivisa. Vediamo almeno una volta di evitare le polemiche sterili e, almeno su scala locale, di evitare gli stessi errori.