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In Italia – e in Europa – l’inquinamento atmosferico uccide prematuramente 1.200 bambini in media all’anno. Questo il terrificante dato emerso dall’ultimo report dell’AEA, l’Agenzia Europea dell’Ambiente.

Lo studio fa seguito a un’altra ricerca, pubblicata lo scorso novembre, in cui sempre l’AEA aveva indagato sui decessi prematuri che l’inquinamento avrebbe causato nel 2020 in tutti i paesi membri dell’Agenzia, e cioè: Unione Europea, Turchia, Norvegia, Islanda e Liechtenstein. Anche in quel caso il numero emerso è spaventoso: ben 238 mila morti in più un solo anno.

Oggi, però, il target si è concentrato per la prima volta sui minori di 18 anni, rimarcando – laddove ce ne fosse ancora bisogno – tutta la gravità dello scenario che questo futuro prospetta alle nuove generazioni.

Gli sforzi insufficienti

Spesso governi locali e organismi internazionali mettono l’accento sui successi ottenuti nel ridurre le emissioni inquinanti nell’atmosfera. La realtà dei fatti, però, racconta purtroppo una situazione diversa. Nonostante quanto si dica, infatti, per molte sostanze nocive i livelli nell’aria sono ancora ben al di sopra di quanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato come soglia limite. In particolare, l’AEA indica l’Europa centrale, quella orientale e, nello specifico, l’Italia come le regioni sotto la propria osservazione con il più alto tasso di inquinamento atmosferico.

Il risultato più indicativo, dunque, sta proprio in quel numero dolorosamente alto – 1200 ogni anno – di minorenni che perdono la vita prematuramente a causa degli inquinanti che respirano. E le conseguenze non si limitano certamente alle sole morti. Per i bambini costretti a vivere in un ambiente tanto tossico, il rischio di sviluppare in età avanzata malattie più o meno gravi è infatti esponenzialmente elevato. Il che si aggiunge a una percentuale di giovani europei soggetti ad asma che ha ormai raggiunto il 9% del totale. A tutto questo, ancora, bisogna poi aggiungere i casi di insufficienza respiratoria e di diversi tipi di infezioni polmonari le cui diagnosi aumentano progressivamente. Addirittura, sempre di più gli studi stanno evidenziando i danni che l’inquinamento può comportare ancor prima di nascere, colpendo le donne in gravidanza e causando parti prematuri o un peso pericolosamente basso nei nascituri.

Un futuro inquietante

L’analisi di questi dati si riflette in due considerazioni particolarmente dolenti.
Da una parte, c’è il dato evidente di una mortalità che già oggi fa segnare delle cifre raccapriccianti. Dall’altra, in maniera forse ancor più spaventosa, si acutizza tutta la gravità di quello che sarà il futuro. Quello che si prospetta, dunque, per i prossimi anni è infatti un futuro in cui in cui risorse ed energie – che, senza ipocrisia, è giusto definire con il proprio nome: vite umane – vengono strappate o compromesse. Un danno già di per sé enorme, che però diventa se possibile ancor più gravoso se si pensa al peso che avranno sulla società tutte quelle malattie croniche che colpiranno un numero sempre maggiore di quelli che sopravvivranno, segnandone la vita dall’infanzia in poi.

Insomma, l’aspettativa di vita dei bambini europei – e italiani ancor di più – si riduce sia in durata che in qualità. E lo fa per colpa dell’inquinamento, che diventa così, secondo lo studio dell’AEA, il principale rischio ambientale per la salute delle nuove generazioni.
Basterebbe solo questo, in coscienza, a far sì che la lotta all’inquinamento atmosferico diventi una priorità totale e invece le politiche ambientali stentano ancora a trovare spazio nelle agende di tutto il mondo.
Eppure, davanti a una tragedia annunciata così grande, davvero non si riesce a capire come si possa ancora far finta.

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