In molte città europee è già in atto la progettazione della città del futuro. Una città che riequilibri lo spazio, oggi quasi interamente progettato e realizzato intorno all’automobile. Quindi immaginare una carreggiata dove auto, biciclette, pedoni, alberi si dividano equamente, o quasi, la superficie disponibile.
Il caso di Parigi
Parigi, ad esempio, grazie all’azione dell’attuale sindaca, Anne Hidalgo, ha già messo in atto questa “rivoluzione sostenibile”, che culminerà nella revisione dei viali più famosi del mondo: gli Champs Elisées. 1,9 Km che oggi sono occupati da ben 8 corsie dedicate alle auto, la parte ciclabile è molto ridotta, due grandi marciapiedi alberati, dove comunque il cemento è sovrabbondante. Tutto sommato la pedonalizzazione non è scarsa, ma evidentemente non sufficiente per l’idea di città sostenibile della sindaca e dell’architetto Philippe Chiambretta, al quale è stato affidato il restyling del famoso viale.
Infatti il progetto prevede di dimezzare la circolazione automobilistica, l’utilizzo di un rivestimento stradale “silenzioso”, aumentare la ciclabilità, gli spazi verdi e gli spazi commerciali, rendendo tutta l’area più vivibile dalle persone e sicuramente più “scomoda” alle automobili.
E in Italia?
Proprio questo è il punto: abbiamo, anche noi in Italia, il coraggio di ridurre lo spazio pubblico oggi dedicato all’automobile? La questione risulta in molte località un argomento tabù.
Addirittura in alcuni casi, anche all’estero, la visione di una città sostenibile, la città dei 15 minuti, la città 30, hanno scomodato movimenti complottisti, che vedono questi progetti come “lockdown climatici”, oppure “la cultura della sorveglianza”, o ancora “il nuovo feudalesimo”, un modo insomma per privare i cittadini di muoversi come e quando vogliono, attuare un controllo sociale della popolazione, attraverso la diffusione di “finte emergenze”, come quella del cambiamento climatico. Incredibile ma vero: la paura di cambiare le proprie abitudine, soprattutto quelle legate all’uso dell’automobile, riesce a scatenare le più inimmaginabili fantasie complottiste.
Una parte importante dei cittadini ritengono ormai un diritto acquisito e sacrosanto, quello di parcheggiare ovunque, arrivare con l’auto fin dentro l’ufficio, la scuola o il negozio. Così facendo abbiamo intasato le città di automobili, coprendo ogni spazio, anche quelli non adibiti alla sosta.
Le possibili soluzioni
Una delle prime azioni percorribili nelle città è l’aumento delle zone di sosta a pagamento oppure l’eliminazione di una parte dei parcheggi. Questa azione, dove è stata attuata, ha provocato sin da subito un maggiore utilizzo di mezzi alternativi all’auto.
Basti pensare che, secondo dati recenti, le auto rimangono parcheggiate per il 92% del tempo, occupando suolo pubblico che potrebbe essere utilizzato per altro.
In tante città europee sono già alcuni anni che si procede in tal senso: ad esempio ad Amsterdam dal 2019 hanno deciso di eliminare 1500 posti auto all’anno fino al 2025. In totale 10500 parcheggi in meno. A Copenaghen hanno ridotto sia i posti auto che la superficie stradale e il risultato è stato che oggi più della metà dei cittadini si sposta in bici. Se guardiamo in Spagna e precisamente a Vitoria-Gastiz, qui hanno creato dei “parcheggi di quartiere”, recuperando edifici dismessi. Per poter parcheggiare i residenti pagano poco per la prima auto e molto di più per la seconda. Insomma bisogna entrare nell’ottica che prendere l’auto è l’ultima, o quasi, delle soluzioni, deve essere scomodo e altre soluzioni devono risultare più convenienti.
Città parcheggio
Più che parlare di utopia o più semplicemente di nuova visione della città (sostenibile), la questione della sosta sta diventando un’emergenza: in città ci sono sempre più auto e grazie alla mancanza di modelli che ne regolino l’utilizzo, abbiamo ottenuto il risultato che il cittadino pretende il posto auto pubblico e se non lo trova si sente autorizzato a parcheggiare ovunque, anche nei posti più improbabili.
Qualcuno in Italia inizia ad affrontare il problema e vuole mettere in atto delle soluzioni, come nel comune di Milano, che nell’aggiornamento del Piano generale del traffico urbano, sta pensando di inserire la sosta a pagamento per i residenti, per il momento iniziando con la seconda auto per poi eventualmente introdurla anche per la prima.
Primi segnali per un’inversione di tendenza che in Italia fatica ad avviarsi, nonostante da più parti arrivino stimoli e risultati incoraggianti verso una riduzione dello spazio dedicato alle automobili e più spazio alla vivibilità delle nostre città.