Evaristo Baschenis è stato un pittore italiano, bergamasco di nascita, attivo nel Seicento e divenuto famoso soprattutto per le sue originali nature morte con strumenti musicali. Apparteneva ad una famiglia di artisti i cui membri svolsero per diverse generazioni, tra il Quattrocento e il Seicento, il mestiere di frescanti. I Baschenis erano capaci di affrescare anche superfici molto grandi, raccontando storie in sequenza, a volte con l’aiuto di epigrafi in lingua volgare.
Biografia
Evaristo conosceva bene la musica, come dimostra il suo unico autoritratto nel quale si raffigurò nell’atto di suonare una spinetta, e questa padronanza presumibilmente lo indirizzò alla realizzazione di quadri molto raffinati che avevano come soggetto gli strumenti musicali tipici della sua epoca. Questi ultimi sono resi nei minimi dettagli, fornendo peraltro numerose informazioni di carattere storico per gli studiosi del genere, e sono talvolta dipinti come coperti da un sottile strato di polvere, la qual cosa testimonia, vista la difficoltà intrinseca della cosa, un’ottima padronanza tecnica oltre che un sicuro talento.
Baschenis prese i voti a 26 anni, come risulta da alcuni documenti che lo riguardano e dove è sovente indicato con il nomignolo di Prevarisco, contrazione delle parole prete e Guarisco. La condizione privilegiata di ecclesiastico gli permise di viaggiare e di dedicarsi alla sua passione con una buona disponibilità di tempo, ma influenzò evidentemente anche i soggetti delle sue opere. Nelle nature morte con strumenti musicali il tema è infatti la vanitas, lo scorrere implacabile del tempo, in linea con il filone aperto da Caravaggio con la celebre canestra di frutta, tanto amata dal cardinale Federico Borromeo. Anche la musica prodotta dagli uomini è infatti allo stesso modo qualcosa di straordinario, che allieta le nostre vite, ma destinata tuttavia a svanire, lasciando dietro di sé una traccia volatile nei nostri sensi e nelle nostre menti, oltre che degli strumenti ormai silenziosi e coperti da polvere.
Le nature morte
Il pittore bergamasco dipinse anche delle nature morti cosiddette di cucina, che avevano invece come soggetto animali morti. In particolare risale al 1670 una natura morta con pesci oggi custodita presso l’Accademia Carrara di Bergamo, nella quale su di un piano compaiono i protagonisti del dipinto, pesci di varie specie disposti sopra un vassoio, mentre in primo piano tra alcuni pesci di piccola taglia compare in maniera singolare un coltello insanguinato.

Il dipinto è caratterizzato da una notevole resa realistica, non solo il coltello insanguinato ma anche le interiora fuoriuscite da un pesce di colore giallo, oltre che tantissimi dettagli che si spiegano solo con uno studio approfondito del tema. Il dipinto è molto scuro e i contrasti di luminosità sono intensi, ma limitati al primo piano. In questo modo i corpi degli animali assumono un notevole volume tridimensionale, ma la scena nel suo complesso non pare trasmettere un messaggio rassicurante.
Quale dunque il significato? La natura morta con pesci con il suo coltello insanguinato ed il pesce sventrato in primo piano nasconde sicuramente un monito per l’osservatore. A prima vista il messaggio non sembrerebbe essere la fugacità dei piaceri della tavola, sebbene la sensibilità di un tempo fosse ben lontana da quella odierna, quanto invece ancora una volta il tema della vanitas, del tempo che scorre inesorabilmente per gli uomini e più in generale per tutti gli esseri viventi. Eppure mi piace pensare che ci possa essere altro, che quei pesci inespressivi, sventrati e ormai privi di vita, possano essere il simbolo della triste eredità di vite vanitose condotte senza limiti e senza rispetto per gli altri esseri viventi. Una sorta di monito che arriva dal passato e che potrebbe assurgere oggi a manifesto di una nuova sensibilità, di una nuova consapevolezza.