frutta

L’agricoltura italiana sta affrontando un fenomeno allarmante: la scomparsa di oltre 100 milioni di piante di frutta fresca negli ultimi quindici anni, con conseguenze gravi per il territorio, l’ambiente, il clima e la salute degli italiani. La situazione è stata presentata dalla Coldiretti in occasione della giornata nazionale della frutta italiana e riguarda tutte le principali produzioni di frutta, ad eccezione del cedro e del bergamotto. La superficie coltivata a frutta in Italia si è ridotta a 560mila ettari, con la perdita di oltre centomila ettari rispetto a 15 anni fa. Le perdite maggiori si sono verificate sulle arance, sulle pesche, sull’uva, sulle nettarine e sulle pere.

Le cause e conseguenze

La scomparsa delle piante di frutta ha conseguenze negative anche dal punto di vista ambientale, poiché favorisce il degrado e l’abbandono del territorio, con effetti sulla qualità dell’aria e sulla capacità di assorbimento degli inquinanti. Inoltre, le coltivazioni di frutta possono generare benefici ecosistemici, come il miglioramento della biodiversità e della qualità dell’aria, che si perdono con la scomparsa delle piante.

La situazione è aggravata dai rincari energetici, che spingono i costi di produzione della frutta al rialzo, con un impatto traumatico sulle aziende agricole. Gli incrementi dei costi riguardano tutte le fasi dell’attività aziendale, dalla movimentazione dei macchinari alle materie prime, dai fertilizzanti agli imballaggi, dalle vaschette alle retine, dalla carta per bollini ed etichette al cartone ondulato e al legno per le cassette.

La concorrenza sleale delle produzioni straniere rappresenta un’altra minaccia per la frutta Made in Italy, che è stretta nella morsa del protezionismo da un lato e del dumping economico e sociale dall’altro. In particolare, le pere cinesi Nashi arrivano regolarmente in Italia, mentre quelle italiane non possono essere esportate in Cina perché non è stata ancora concessa l’autorizzazione fitosanitaria. Lo stesso accade per le mele e i kiwi, che incontrano difficoltà ad essere esportati in Giappone a causa dei dossier fitosanitari incompleti.

Le soluzioni

La situazione richiede interventi urgenti per preservare la biodiversità e la qualità del territorio e per sostenere le aziende agricole italiane. La Coldiretti ha chiesto una maggiore attenzione alla politica agricola comune dell’Unione Europea per favorire la competitività del settore agricolo italiano e la valorizzazione dei prodotti Made in Italy.

Ricordiamo che consumare prodotti a chilometro zero e autoctoni è una delle sfide più importanti della transizione ecologica

La filosofia dei prodotti a chilometro zero promuove l’acquisto di alimenti che sono prodotti, raccolti e venduti a livello locale, riducendo la distanza tra produttore e consumatore e quindi anche l’impatto ambientale dovuto al trasporto e alla logistica.

Il concetto di “autoctono italiano” si riferisce invece a prodotti che sono tipici della cucina italiana e che vengono prodotti in Italia con materie prime locali. L’obiettivo è quello di promuovere la diversità culturale e l’identità territoriale del nostro paese, nonché di sostenere l’economia locale.

Consumare prodotti a chilometro zero e autoctoni italiani può avere molti vantaggi, tra cui:

Ridurre l’impatto ambientale: i prodotti a chilometro zero hanno un’impronta di carbonio molto ridotta perché non viaggiano a lunga distanza. Inoltre, le colture locali possono essere più adattate al clima e al terreno della zona, riducendo l’uso di fertilizzanti e pesticidi.

  • Promuovere l’economia locale: acquistando prodotti locali, si sostiene l’economia delle piccole aziende agricole e dei commercianti locali. Questo può contribuire a creare posti di lavoro e a mantenere attiva la vita rurale.
  • Migliorare la qualità del cibo: i prodotti a chilometro zero spesso sono freschi, raccolti a mano e senza conservanti o additivi chimici. Ciò significa che il cibo ha un sapore migliore e può essere più salutare.
  • Preservare la biodiversità: promuovendo le colture locali, si contribuisce a preservare la diversità biologica e la varietà di specie vegetali e animali.

Esempi di prodotti a chilometro zero e autoctoni italiani possono includere:

  • Frutta e verdura di stagione coltivate localmente
  • Formaggi tipici della zona, come la mozzarella di bufala campana o il pecorino romano
  • Salumi e insaccati fatti a mano da produttori locali
  • Vino, olio d’oliva e altri prodotti tipici delle regioni italiane
  • Miele e altri prodotti apistici locali
  • Pane, pasta e dolci preparati con farina di grano duro o altri ingredienti locali

In sintesi, consumare prodotti a chilometro zero e autoctoni italiani è un modo per sostenere l’ambiente, l’economia locale e la salute, preservando al contempo la cultura e l’identità territoriale del nostro paese.

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