Per molto tempo un’interpretazione della Scienza di tipo meccanicista e riduzionista ha considerato la Sperimentazione sugli Animali come insostituibile e necessaria alla tutela della salute umana. Tuttavia, quest’approccio oggi incontra il dissenso di molti Scienziati ed anche l’Associazione scientifica O.S.A. (Oltre la Sperimentazione Animale) solleva molte critiche nei confronti dell’utilizzo nella Ricerca biomedica del cosiddetto “Modello animale”.
O.S.A., fondata nel 2014, è stata la prima Associazione italiana a promuovere la modernizzazione della Ricerca preclinica sulla base di criteri scientifici in modalità diversa, seppur complementare, alle istanze etiche di altre note Associazioni (ad esempio LAV, Lega Antivivisezione Italiana). Nell’ultima puntata dal titolo Innovazione cruelty free, la Redazione di Greencast ha incontrato la Presidente di O.S.A. Dott.ssa M.C. Digiacomo e la Dott.ssa S. Penco, Biologa e Ricercatrice dell’Università di Genova che ci hanno illustrato la situazione italiana in quest’ambito.
Le ragioni della critica scientifica alla sperimentazione animale
Digiacomo citando l’ importante articolo:” Where is the evidence that animal research benefits humans?”, pubblicato nel 2014 sulla prestigiosa Rivista scientifica internazionale British Medical Journal, ha argomentato le ragioni per cui è necessario superare in questo settore i metodi storico-convenzionali basati sulla sperimentazione animale perché, anche se molte conoscenze biomediche fondamentali sono state storicamente acquisite attraverso la sperimentazione sugli Animali, negli ultimi decenni, grazie ai progressi delle conoscenze nel campo della genetica, dell’epigenetica”, delle discipline “omiche”, dell’epidemiologia causale, dell’epistemologia e dell’etologia, sono state evidenziate significative criticità relative a questo approccio tradizionale della ricerca preclinica. Una prima criticità deriva dal limitato potere predittivo dei modelli animali che vengono utilizzati in laboratorio con l’obiettivo di approfondire la conoscenza dei meccanismi patogenetici fini che portano allo sviluppo delle malattie umane; meccanismi che sempre più si stanno rivelando come specie-specifici. Infatti, i modelli animali sono in grado di ricapitolare solo alcuni aspetti delle patologie umane complesse. Ne consegue che oltre il 95% delle sostanze biologicamente attive scoperte attraverso la ricerca preclinica tradizionale non riesce a raggiungere lo status di “farmaco” riconosciuto dagli Enti regolatori. L’incapacità del modello animale di essere predittivo in farmacologia e tossicologia è legata soprattutto alla variabilità biologica interspecifica, il che rende particolarmente inadeguato e fuorviante impiegare la sperimentazione sugli Animali in ambito di tossicologia ambientale. Non a caso, continua Digiacomo, negli Stati Uniti è stato realizzato un programma di ricerca denominato “Toxicity testing in 21st century” che sta sviluppando metodi innovati e sostitutivi alla sperimentazione animale per analizzare in modo più veloce ed efficiente migliaia di sostanze chimiche potenzialmente nocive per la salute umana e per l’ambiente.
Un’altra significativa criticità connessa all’utilizzo del modello animale è la scarsa riproducibilità nella nostra specie dei risultati ottenuti attraverso la sperimentazione preclinica. Il parametro scientifico “riproducibilità” è estremamente importante in quanto in sua assenza le nuove scoperte, per quanto promettenti e interessanti, non assurgono allo status di evidenza scientifica ma restano solo semplici suggerimenti.
Da tutto ciò che abbiamo riportato finora discendono anche criticità nel campo della Medicina Traslazionale, quella branca della Ricerca biomedica che si occupa di trasferire alla specie umana i risultati ottenuti sugli animali da laboratorio. Digiacomo cita infatti un’importantissima pubblicazione scientifica dalla quale risulta che le risposte genomiche dei modelli murini non rispecchiano quelle umane in settori clinici fondamentali quali la sepsi, le ustioni e nelle malattie infiammatorie e quindi mette in dubbio, alla radice, l’affidabilità delle cavie da laboratorio come modello su cui poter studiare le malattie umane.
Viene spesso affermato dai fautori della Sperimentazione sugli Animali che essa è una garanzia di sicurezza per i volontari umani impiegati nella sperimentazione clinica per farmaci, vaccini e dispositivi medici quando in realtà non lo è affatto. A tal riguardo Digiacomo cita due recenti esempi di assoluta e gravissima incapacità predittiva del modello animale in ambito di severe e letali reazioni avverse per la nostra specie. Il primo caso è riferito ad un anticorpo monoclonale (denominato TGN 1412 TeGenero) ed un secondo caso è riferito ad un candidato farmaco antidolorifico (denominato BIA 10-2474). Entrambe queste molecole candidate a diventare farmaci avevano superato la sperimentazione preclinica sugli animali ma, nonostante ciò, si sono dimostrate letali per alcuni volontari sani sui quali erano state testate in fase di sperimentazione clinica. Non per nulla, continua Digiacomo, pochi mesi fa negli Stati Uniti è stato emanato l’FDA Modernization Act.
L’approvazione di questa legge è un significativo passo avanti non solo per il benessere degli animali, ma anche per chi, in ambito di ricerca, per decenni è stato costretto, da un punto di vista giuridico, a fare affidamento sulla sperimentazione sugli animali con metodi antiquati e brutali. Il fatto di rendere non più obbligatorio, ma solo facoltativo, l’uso dei test sugli animali per produrre farmaci è una grandissima opportunità per ridurre gli sprechi, salvare la vita degli animali e ottimizzare i potenziali farmaci salvavita per i pazienti.
Infine, l’intervistata cita anche l’evenienza paradossale occorsa alla Professoressa Raza, Direttrice dell’MDS Center della Columbia University di New York, riferita al fatto che nonostante fosse riuscita a raccogliere numerosissime e rilevanti evidenze scientifiche riguardanti raccolte di dati oncologici riferiti ai suoi pazienti l’è stato chiesto di riprodurre gli stessi risultati sul ratto per ottenere finanziamenti per le sue ricerche.
Normativa riguardante l’obiezione di coscienza ad eseguire sperimentazione sugli animali
La puntata di Greencast prosegue con l’intervista alla Dottoressa Penco che ci ha illustrato il fatto che da quasi trent’anni esiste in Italia una normativa rivolta agli studenti universitari delle materie biomediche che disciplina l’obiezione di coscienza ad eseguire sperimentazione sugli animali. Racconta che all’inizio della sua carriera di docente universitaria questa scelta veniva molto criticata in ambito professionale ma, ad oggi, un numero sempre più consistente di Ricercatori si sta rivolgendo a studi basati sulla biologia umana.
Utilità delle biobanche
Per molte gravi patologie a tutt’oggi non è stata ancora scoperta la causa determinante, la Dottoressa Penco ci segnala la grandissima utilità in tal senso di un progetto di donazione d’organi umani post mortem, sia a scopo diagnostico sia a scopo di ricerca, nelle neuroscienze e quanto sarebbe utile promuovere la creazione di biobanche umane, in sostituzione della Sperimentazione animale, per far avanzare le conoscenze biomediche nel campo delle malattie neurodegenerative, in quanto molte tra queste malattie colpiscono gli esseri umani e non gli animali. Inoltre, ci ha segnalato che da gennaio 2020 è diventato possibile in Italia donare il proprio cadavere o materiale bioptico umano alla ricerca scientifica, grazie al via libera definitivo della normativa ad opera della Commissione Affari Sociali della Camera. Anche se siamo ancora in attesa dei decreti attuativi e di fondi dedicati, a giudizio di Penco questo progetto farebbe compiere decisivi passi in avanti nel contrasto a gravissime malattie come la Sclerosi multipla, il Morbo di Alzheimer e il Parkinson, nonché potrebbe essere molto utile a scopi trapiantologici, qualora venisse anche realizzata una biobanca personalizzata di cellule staminali.
Prospettive innovative
Basare la ricerca biomedica su altre specie per ottenere informazioni rilevanti per l’uomo è una scelta metodologica gravata dalle significative problematiche precedentemente descritte perché gli animali sono fondamentalmente molto diversi da noi in termini genetici, epigenetici e metabolici. In considerazione di questo fatto, da circa un decennio, i ricercatori hanno compiuto progressi significativi studiando nuovi metodi incruenti e specie-specifici, basati sulla biologia umana. Tali metodologie innovative sono denominate collettivamente come “nuovi approcci metodologici” o New Approach Methodologies (NAMs) e comprendono numerosi metodi innovativi in vitro e computerizzati. Tra i NAMS più utilizzati segnaliamo gli Organoidi e gli Organs on chip. Afferma Penco che a partire dal 2009, grazie agli studi dei Ricercatori H. Clevers e T. Sato e del premio Nobel giapponese S.Yamanaka, partendo da cellule staminali adulte pluripotenti indotte (iPS) ed impiegando sistemi di stampa 3D è diventato possibile riprodurre in laboratorio quasi tutti i tessuti umani coltivando gli Organoidi. Essi sono una versione semplificata e miniaturizzata di un organo prodotto in vitro in tre dimensioni che mostra caratteristiche microanatomiche realistiche. Vengono creati a partire da poche cellule di tessuto, come cellule staminali embrionali o cellule staminali adulte pluripotenti che si possono auto-organizzare in una coltura tridimensionale. Altra importantissima metodologia innovativa è rappresentata dagli Organs-on-chip (OOC), cioè un chip che ospita al suo interno colture cellulari tridimensionali in grado di simulare le attività, la meccanica e la risposta fisiologica di interi organi o apparati biologici, qualora più OOC siano connessi tra loro all’interno di bioreattori a perfusione miniaturizzata in grado di simulare la circolazione sanguigna. Tali innovative biotecnologie sembrano essere estremamente promettenti ed, essendo basate sulla specifica biologia umana, potrebbero mettere in luce nuove e più efficaci strategie terapeutiche e preventive utili per i malati.
Letture consigliate
- Shanks N, Greek R, Greek J: Are animal models predictive for humans? Philos Ethics Humanit Med 2009, 4(1):2.
- Tsukamoto, T. (2016) Animal disease models for drug screening: the elephant in the room? Drug Discov. Today 21, 529–530
- Pound, P. and Bracken, MB. Is animal research sufficiently evidence based to be a cornerstone of biomedical research? BMJ 348, g3387(2014)
- Baker, M. 1500 scientists lift the lid on reproducibility. Nature 2016 26; 533 (7604): 452-4, doi 10.1038 / 533452°
- A. Waldman, A. Terzic. Clinical and Translational Science: from bench-bedside to global village. Clin Transl. Sci. 2010 Oct; 3 (5): 254-257. Doi: 10.1111/j1752-80622010.00227.x
- Seok et al .Genomic responses in muose models poorly mimic human inflammatory diseases. PNAS 2013Feb 26; 110(9):3507-12
- Errico. Pesticidi: una pandemia silenziosa. Dalla medicina nuove metodologie incruente. Ecologica online 7 aprile 2022.
- G. Errico. FDA Modernization Act: negli Stati Uniti un passo avanti contro la sperimentazione animale. Ecologica online 22 giugno 2022.