Bruxelles, Barcellona, Berlino, Londra, Parigi, Bilbao, Grenoble, Lille, Nantes, Valencia, Zurigo, Graz e tante altre. Sono le città che in Europa hanno iniziato da tempo una revisione di tutta la mobilità urbana, considerando tutti i cittadini che ogni giorno si spostano in città, non solo gli automobilisti. La città, quindi, vista nel suo insieme, come una rete nella quale quotidianamente si muovono, automobilisti, pedoni, ciclisti, mezzi pubblici, cercando di riequilibrare l’uso di questo network di infrastrutture, oggi sbilanciato oltremodo verso gli autoveicoli privati.
In questo contesto le zone 30 sono il primo passo per una revisione della mobilità verso una gestione più sostenibile.
In Italia
Anche in Italia si avvertono i segnali di questa necessità: le prime città ad introdurre le zone 30 sono state Olbia e Cesena, poi sarà Bologna da giugno 2023, Parma e Milano dal 2024, ma si potrebbero aggiungere anche Torino, Lecce e Roma.
L’Italia è il Paese con più alto tasso di motorizzazione in Europa dopo il Lussemburgo, con una delle più alte incidenze di morti su strada per milione di abitanti, ogni giorno perdono la vita 8 persone e l’eccesso di velocità è una delle maggiori cause.
Le controargomentazioni
Non è vero che riducendo la velocità si inquina di più, non è vero che i tempi di percorrenza aumentano, non è vero che la riduzione della velocità delle auto impedisce ai cittadini di lavorare, chi afferma questo ha una visione della vita e del mondo datata e miope. Addirittura qualcuno si è avventurato nel dire che il limite di 30 km/h fosse contro il codice della strada, dove invece è chiaro che i limiti stabiliti per tutte le strade urbane ed extraurbane si riferiscono a limiti massimi, che per necessità specifiche, come la sicurezza, possono essere variati.
Come ampiamente dimostrato il fenomeno del traffico indotto è la manifestazione nel campo dei trasporti di quella legge economica nota come induzione della domanda:
“Quando costruisci nuove strade o allarghi le strade esistenti la gente userà di più la macchina, generando più traffico. Vale anche per altre azioni: quando raddoppi una linea ferroviaria, raddoppi una linea aerea, raddoppi una pista ciclabile, l’effetto finale sarà che, grazie alla maggior convenienza di transito, ci saranno più passeggeri su treni e aerei, più persone useranno la bicicletta”.
Quindi più faciliti l’uso dell’automobile, più ne incoraggi diffusione e uso. Tra l’altro il tasso di motorizzazione nelle città è arrivata a numeri eccessivi. In Italia si contano circa 670 auto ogni 1.000 abitanti. Si aggiunga che ogni giorno l’auto è usata per percorrere pochi chilometri, mentre il 95% circa del tempo è parcheggiata e la velocità media nel centro urbano si attesta intorno ai 25 km/h e si abbassa sotto i 10 km/h nelle ore di punta.
La proposta: le zone 30
Quindi la soluzione, come già indicato da molti studi, non è riaprire strade o tratti stradali, o costruirne di nuove per snellire il traffico, perché con queste azioni il risultato è proprio opposto a quello sperato.
Inoltre occorrono “nuove politiche più rapide ed efficaci, in grado di cambiare le città, le strade, il sistema della mobilità, gli stili di vita e di guida, per fermare crisi climatica e strage stradale” Tutto questo in conformità con quanto richiesto dal Piano Nazionale Sicurezza Stradale 2030 (PNSS).
È chiaro, a questo punto c’è la necessità di adottare nuove strategie e nuove le soluzioni.
Una di queste sono proprio le Zone 30: parte, o la totalità, delle strade urbane con un limite di velocità di 30 km orari.
“L’istituzione delle Città 30 è il provvedimento più innovativo ed efficace per contrastare l’incidentalità sulle strade urbane, in quanto coniuga una drastica riduzione delle stragi stradali, l’integrazione tra le diverse composizioni modali di trasporto, il rispetto degli impegni climatici, il miglioramento della vivibilità, oltre che una significativa fluidificazione del traffico” lo scrivono in una lettera al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, le associazioni Legambiente, Fiab, Asvis, Kyoto Club, Vivinstrada, ANCMA, Salvaiciclisti, Fondazione Michele Scarponi, AMODO, per aprire un tavolo di discussione sul tema Città 30.
I vantaggi di questa soluzione sono evidenti nelle città che l’hanno già adottata:
- Incidenti diminuiti e meno gravi
- Meno traffico
- Meno rumore
- Le strade possono essere ripensate dando più spazio a pedoni, biciclette e attività commerciali
- Sensibilizzazione dei cittadini sul tema della mobilità dolce
- Aumento dei ciclisti
- Diminuzione conseguente dell’uso dell’auto
- Diminuzione dei livelli di inquinamento
- Tempi di percorrenza quasi inalterati
Le Città 30
“Insomma è un’iniziativa che punta a riequilibrare lo spazio pubblico, riducendo le aree della strada dedicate alle auto con l’inserimento di piste ciclabili e l’allargamento dei marciapiedi, in modo da creare spazi più vivibili per le persone.
Avere marciapiedi più larghi significa avere più spazio per panchine e alberi, solo per fare due esempi, con tutti i benefici che comporterebbe anche per l’ambiente. Significa permettere agli anziani di fare più passeggiate perché possono sedersi, ai bambini di andare a piedi o in bici a scuola da soli”.
Ciò è quanto affermano esperti urbanisti che in Italia e in Europa stanno portando avanti campagne per sensibilizzare le amministrazioni locali a trasformare la propria città in Città 30.
Le Città 30 possono rappresentare il primo tassello di una serie di azioni coraggiose, ma improcrastinabili, da proporre attraverso i PUMS (Piano Urbano di Mobilità Sostenibile): nuovi piani per il trasporto pubblico urbano, nuove ZTL, estensione dell’aree pedonali, corsie ciclabili estese per l’intera città, nuovi piani del traffico, revisione dei parcheggi a pagamento, con tariffazioni diverse in base alle zone della città.
Tutto questo a beneficio del cittadino per rendere le città italiane moderne, sostenibili e a misura di bambine e bambini.