Nel momento in cui il nostro condizionatore smette di funzionare o il nostro cellulare cade in disgrazia, per lasciare il campo a favore dell’ennesimo ultimo modello superaccessoriato, questi oggetti, ossia i rifiuti elettronici, possono seguire quattro possibili percorsi, almeno secondo il rapporto UNI-IAS (Istituto Studi Avanzati della United Nations University).
Il recupero
Il primo è quello che prevede la raccolta da parte di rivenditori oppure operatori specializzati. Si tratta verosimilmente della via più virtuosa, attivabile sia dal settore pubblico che da quello privato, con l’intento di inoltrare i RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) presso moderni centri di riciclo, capaci di recuperare i materiali preziosi e di trattare in modo sicuro quelli tossici e inquinanti. Un normale dispositivo elettronico può infatti contenere fino a sessanta elementi diversi, alcuni preziosi come oro, argento, palladio e rame, altri assai inquinanti come piombo, mercurio, cadmio e cromo.
La percentuale di raccolta dei rifiuti elettronici rispetto alla quantità di materiale immesso sul mercato nel triennio precedente oscilla dal 10 all’80 per cento, con il nostro Paese attestato mediamente intorno al 45 per cento. Si tratta in ogni caso di processi che vanno effettuati con grande accuratezza, se si vuole evitare di inquinare ancora di più.
Processi inquinanti
Infatti quando questi rifiuti vengono portati in paesi dove il loro trattamento è scarsamente regolamentato o non lo è completamente, capita che ne finiscano per pagare le conseguenze la qualità del suolo, dell’aria o delle acque. In condizioni non adeguatamente normate si procede sovente allo smontaggio ed alla triturazione con il rilascio di polveri e particolato, così come per oggetti di scarso valore si preferisce la combustione a basse temperature, con la conseguente produzione di diossine e fumi tossici.
Anche l’estrazione di oro e argento, in un circolo vizioso, viene effettuata con acidi e sostanze chimiche che causano l’inquinamento delle acque utilizzate in questi processi, che possono a loro volta fluire per chilometri e chilometri danneggiando comunità anche molto distanti. Per non parlare dell’impatto di piombo, arsenico e cadmio utilizzati come ritardanti di fiamma e capaci di inquinare anche le falde acquifere più profonde entrando pericolosamente nella catena alimentare.
Altre strade poco raccomandabili
Una seconda via percorribile dai rifiuti elettrici ed elettronici è quella del loro conferimento tra i rifiuti normali. In questo caso essi finiscono direttamente negli inceneritori oppure nelle discariche, soluzione tanto illegale quanto pericolosa. Una terza via è quella che prevede, attraverso viaggi di migliaia di chilometri, il loro arrivo in mercati di prodotti di seconda mano localizzati nei paesi meno sviluppati, dove vengono recuperati e riciclati. La quarta via è quella più drammatica e prevede come accennato prima l’invio di questi rifiuti in paesi in via di sviluppo, dove il loro smaltimento segue vie imprevedibili e pericolose.
Nonostante le convenzioni di Basilea, Rotterdam e Stoccolma prevedano un regolamento stringente per l’esportazione di rifiuti pericolosi, l’illegalità è estremamente diffusa e capita che certi rifiuti semplicemente “scompaiano”. Si stima d’altra parte che il fatturato annuo del commercio e del trattamento illegale dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche sia compreso tra 12,5 e 18,8 miliardi di dollari, una cifra iperbolica.
Ma come fanno i rifiuti elettronici a “scomparire” e dove “scompaiono”? Generalmente vengono trasportati attraverso singoli camion o intere navi container e sono accompagnati da false dichiarazioni di materiale di seconda mano. Le batterie diventano rifiuti plastici o metallici, i tubi catodici e gli schermi diventano ferrovecchio. Le destinazioni più gettonate sono Nigeria e Ghana per l’Africa, India, Pakistan, Bangladesh e Vietnam per l’Asia.
Mi pare superfluo sottolineare che nelle pieghe di tutto ciò si celino crimini di varia natura, da quello finanziario a quello ambientale e scontro da salute delle persone, e che potenti organizzazioni criminali con ramificazioni globali e infiltrazioni a vari livelli gestiscano spesso e volentieri questo traffico sciagurato.