fiscale

È interessante capire come è strutturato attualmente il sistema fiscale italiano e come lo Stato redistribuisce i gettiti fiscali dei contribuenti. Stando ai dati delle dichiarazioni del 2020 (dati del 2019), circa il 44% dei contribuenti paga il 2,4% dell’IRPEF: il 24% paga 22 € annui. Segue un 13,8% di contribuenti che paga il 6,6% delle imposte, 1.348 € pro capite, insufficienti per pagare il Welfare. Il 29% paga imposte autosufficienti per il welfare, mentre il grosso delle tasse proviene dal 13% dei cittadini con redditi superiori ai 35.000 euro, che paga il 59% dell’IRPEF. I 41.000 contribuenti con redditi annui oltre i 300.000 euro (0,1% dei contribuenti) pagano il 6% dell’IRPEF. Se sommiamo anche quelli da 100.000 euro in su (poco più di 730.000), pagano il 19,8% delle imposte.

Anche se le diseguaglianze stanno aumentando, è chiaro che l’Italia è uno Stato dove avviene una robusta redistribuzione della ricchezza tramite un sistema di tassazione progressivo. Di fatto, le aliquote fiscali italiane aumentano all’aumentare del valore imponibile, come d’altro canto, è previsto e richiesto dalla nostra Costituzione. Al netto dell’economia non osservata e non registrata, la pressione fiscale (calcolata come totale dell’IRPEF pagata sui redditi dichiarati) ha raggiunto nel 2019 un valore molto alto pari al 48,2%.

L’economia sommersa e l’evasione

Il valore economico dell’economia non osservata e sommersa non è affatto trascurabile e, nel 2019, ha registrato un valore aggiunto generato dall’economia pari a 203 miliardi di euro (211 nel 2018). L’incidenza dell’economia non osservata sul PIL italiano nel 2018 è stata pari all’11,3% (12,1% nel 2017, 13% nel 2014). Le componenti dell’economia non osservata sono divise dall’ISTAT in due macrocategorie: l’economia sommersa (90%) e attività illegali (10%). I dati ISTAT segnalano che l’economia sommersa a sua volta è suddivisa in tre categorie: sotto-dichiarazioni (90,2 miliardi), lavoro irregolare (76,8 miliardi) e “altro” tra cui fitti, mance e integrazioni salariali in nero (16,4 miliardi). Circa l’80% del sommerso economico si genera nel terziario. In particolare, si concentra in tre settori di attività economica: “Altri servizi alle persone” (35,5%), “Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione” (21,9%) e “Costruzioni” (20,6%). Da un punto di vista territoriale nel 2018 l’economia sommersa era molto alta nel Mezzogiorno, dove rappresentava il 18,8% del complesso del valore aggiunto, seguita dal Centro (13,8%), Nord-est (10,9%) e Nord-ovest (10,3%).

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze stima che il tax gap relativo a tutte le imposte, al 2019, è stato pari a circa 99 miliardi di euro.

Di seguito un’analisi sulle tasse più evase nel 2019 in termini assoluti (in miliardi di €):

tax gap

I dati appena esposti indicano che la platea di evasori in Italia è molto ampia. I lavoratori dipendenti hanno molta più difficoltà ad evadere l’IRPEF, in quanto quest’ultima è versata automaticamente dal datore di lavoro; al contempo, quest’ultimi contribuiscono fortemente all’evasione dell’IVA e quando lo fanno, consentono ai lavoratori autonomi e alle imprese di evadere l’IRPEF.

La distribuzione dei contribuenti

È anche molto interessante cercare di analizzare quante persone versano l’IRPEF sulla popolazione totale e in che misura gravano i carichi fiscali sulle diverse classi di reddito. Questo tema è stato molto evidenziato in tutto il testo del rapporto relativo ai dati del 2017 esemplificato nella seguente tabella:

tab1

Il primo dato che colpisce l’attenzione è che su una popolazione residente di circa 60 milioni di persone, pagano l’IRPEF circa in 33,5 milioni (vedi qui sopra): per la precisione il 43% degli abitanti non ha un reddito (perché a carico dei genitori o perché in età di lavoro o in età anziana, ma è comunque sprovvisto di fonti di guadagno). Questo dato induce di per sé a concludere che sarebbe più saggio riferirsi ai reali paganti quanto si parla di carico fiscale medio.

Ma le “sorprese” non finiscono qui! Il rapporto consente, grazie alla sua analiticità, di effettuare varie e diverse elaborazioni di importi omogenei. Inoltre i versanti possono essere divisi in due grandi categorie: gli appartenenti a classi di reddito inferiori a 55.000 euro e gli appartenenti a classi di reddito medio/alto e alto, dai 55.000 in su (segnalati nella tabella qui sopra in carattere azzurro). Da questi dati emerge che Il 94 % della metà degli italiani che paga l’IRPEF contribuisce per una quota del 65% (circa 113 miliardi di euro) agli introiti dello Stato; invece, il 5,87% degli italiani con reddito dai 55.000 euro lordi in su contribuisce per una quota del 35% circa, pari a più’ di un terzo dell’intero introito statale a titolo IRPEF.

Conclusioni

Deduciamo pertanto le seguenti considerazioni:

  • il principio della progressività delle imposte risulta oggi pienamente attuato, in quanto la minoranza costituita dai cittadini con i redditi più alti contribuisce in modo determinante alle entrate finanziarie dello Stato, delle Regioni e delle Autonomie locali;
  • l’imposta media individuale per classe di reddito (si veda la colonna 7 della tabella qui sopra) dimostra con chiarezza che, per le classi di reddito più basse, l’entità finanziaria del versamento fiscale individuale è inferiore rispetto al valore dei sacrosanti servizi di welfare che l’Ordinamento eroga a ciascuno; nel rapporto è specificamente illustrato questo aspetto, con particolare riferimento ai servizi della sanità pubblica, il cui importo medio per abitante speso dallo Stato in un anno è calcolato in euro 1.878,19; sufficiente confrontare tale ultimo importo con l’imposta media per contribuente per concludere che più di 27 milioni di abitanti a basso reddito ricevono in sanità di più di quanto pagano in IRPEF.

Letture consigliate:

Ministero dell’Economia – Dichiarazioni del 2020 – Maggio 2021
Ministero dell’Economia – Relazioni sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva – Dicembre 2021

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