Quando ci si trova al cospetto di dati molto negativi, i proverbiali ‘freddi numeri’, spesso si corre il rischio di essere tacciati come catastrofisti, portati di sventura o nel migliore dei casi pessimisti. Guardando i dati che il 2022 ci ha lasciato in eredità probabilmente non c’è miglior strada che quella di essere realisti, diffonderli in maniera capillare e non fare troppi giri di parole: il 2022 è stato un anno da incubo per il clima e l’ambiente.
L’estate italiana più bollente di sempre ci consegna, tra le tante cose, un quadro riguardante le Alpi che definire nero è un eufemismo. Leggiamo insieme un dato che, da solo, spiega tante cose. Fino a pochi anni fa i glaciologi usavano la parola “estremo” per descrivere la perdita annuale di circa il 2% del volume complessivo di un ghiacciaio. Quest’anno i ghiacciai svizzeri hanno perso in media il 6,2% del loro ghiaccio.
Come delle vere e proprie sentinelle di una crisi climatica dilagante, lo stato dei ghiacciai delle Alpi ci svela tutta la fragilità, la vulnerabilità e l’instabilità della catena montuosa più importante d’Europa che sta pagando a prezzo altissimo politiche scellerate di chi, ancora oggi, continua a ignorare la realtà che viviamo.
Legambiente lo riporta chiaramente nel suo ultimo report, Carovana delle Alpi, dove sottolinea la situazione emergenziale in cui si trovano le nostre montagne.
Il Vecchio Continente, con l’Italia in testa, ha dimenticato che l’unica strada da seguire per scongiurare tutto questo è un fronte comune per combattere la crisi climatica anche e soprattutto a livello globale, accelerando verso la giusta transizione e un futuro libero dalle fossili e 100% rinnovabile.
I “freddi numeri” che affliggono i giganti bianchi dovrebbero essere un monito per interrompere questa deriva che, nel giro di poco tempo oramai, potrebbe essere definitiva.