cop15

Il vertice di Montréal si è concluso con un accordo definito storico, primo passo per un impegno globale per la protezione della biodiversità terrestre e marina. La notizia è giunta all’alba del diciannove dicembre, dopo una trattativa finale durata più di sette ore, durante la quale non sono mancati momenti di tensione fino a pochi momenti prima dell’approvazione del testo.

Approvato il principio 30×30 per proteggere la biodiversità

La Conferenza è stata presieduta dalla Cina ma si è svolta in Canada a causa delle rigide regole anti-Covid del Paese asiatico. Le aspettative su COP15 erano elevate, gli appelli di scienziati e ambientalisti per un’azione globale di tutela della biodiversità, così come già accaduto per il clima, non potevano più essere ignorati di fronte la minaccia di una sesta estinzione di massa causata dall’invasività delle attività umane.  L’accordo è stato negoziato nell’arco di due settimane e punta a proteggere il 30% delle terre e delle acque del pianeta entro il 2030. Nel documento finale, i Paesi più ricchi hanno accettato di fornire 30 miliardi di dollari a quelli in via di sviluppo, dove si concentra la gran parte della biodiversità. Il nuovo fondo sarà incluso nel principale meccanismo ONU di finanziamento della biodiversità già esistente, il Global Environment Facility, nonostante le forti pressioni dei Paesi del Sud del mondo, guidati da Brasile, Indonesia e Repubblica Democratica del Congo, per la creazione di un nuovo sistema di finanziamento specifico. Un passaggio importante è l’impegno a ridurre i SAD, i sussidi ambientalmente dannosi, di almeno 500 miliardi entro il 2030. La COP15 ha, inoltre, riconosciuto ufficialmente il ruolo strategico delle conoscenze delle comunità indigene per la conservazione della natura, insieme alla necessità di tutelare i loro diritti umani e di proprietà. I 190 Paesi aderenti hanno raggiunto un accordo anche contro la biopirateria, per garantire una distribuzione equa dei medicinali e degli altri benefici derivati dall’uso del patrimonio naturale, oltre che per proteggere la proprietà delle informazioni biologiche usate per produrre farmaci, vaccini o alimenti.

Scompare nel testo finale il concetto di nature positive

Uno dei punti più deboli dell’accordo è il passaggio sull’utilizzo e uso dei pesticidi, ma soprattutto dal testo finale è scomparsa l’espressione “nature positive”, che secondo molti osservatori avrebbe introdotto un concetto analogo a quello di “net zero” già presente nella battaglia per il clima e che avrebbe permesso di valutare le attività umane non solo in termini di neutralità climatica, ma anche nel loro impatto sulla biodiversità. “È davvero un momento che segnerà la storia come ha fatto Parigi per il clima“, ha riferito ai giornalisti il ​​ministro canadese per l’Ambiente e il Cambiamento climatico Steven Guilbeault. Il vertice di Montréal, preceduto da quattro anni di lavori preliminari, era stato considerato da molti osservatori come l’ultima possibilità per invertire la rotta. È importante ricordare che l’accordo di Montréal-Kunming, quest’ultima è la città cinese che avrebbe dovuto ospitare la conferenza prima del trasferimento in Canada, non è legalmente vincolante per gli Stati, tuttavia i governi dovranno mostrare i loro progressi nel raggiungimento degli obiettivi attraverso piani nazionali sulla biodiversità, con un meccanismo che richiama quello già in uso per monitorare il raggiungimento di quanto previsto dall’Accordo di Parigi sul clima.

Dopo le belle parole, servono i fatti

Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha salutato l’accordo dichiarando che: “Stiamo finalmente iniziando a fare pace con la natura”. La cautela è d’obbligo se si pensa che il mondo non è riuscito a raggiungere uno solo dei 20 obiettivi di biodiversità di Aichi fissati più di un decennio fa in Giappone durante la COP10.  Da segnalare un piccolo giallo sul finale, la Repubblica Democratica del Congo, supportata da Uganda e Camerun, ha tentato di opporsi all’accordo finale per un disaccordo sul meccanismo di finanziamento, ma il ministro dell’Ambiente cinese e presidente della COP15, Huang Runqiu, ha ignorato l’obiezione sancendo il raggiungimento dell’accordo fra gli applausi dei delegati presenti. La sensazione generale nel mondo ambientalista è che l’accordo di Montréal-Kunming sia una prima importante presa di consapevolezza sull’importanza della tutela della biodiversità, ora spetterà ai governi tradurre i buoni propositi in fatti concreti.

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