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JustStopOil, Extinction Rebellion, Letzer Generation: l’ecologismo 3.0 e il principio NVCD

Lo scorso 14 ottobre l’attivismo ambientalista è nuovamente diventato virale in tutto il mondo, quando due giovani seguaci del movimento JustStopOil hanno lanciato zuppa di pomodoro contro I Girasoli di Van Gogh, opera tra le più famose della London National Gallery.

Seguita da episodi analoghi a Madrid e Berlino da parte di attivisti di Extinction Rebellion e Letzer Generation, la protesta ha attirato grande attenzione mediatica, suscitando reazioni contrastanti: pur condividendone le motivazioni, buona parte dell’opinione pubblica e numerose figure istituzionali hanno condannato l’iniziativa, rea di aver danneggiato un patrimonio artistico inestimabile.

Manifestazioni non meno criticate, avvenute tra ottobre e novembre, hanno bloccato il traffico aereo allo Schipol di Amsterdam (Extinction Rebellion) e il traffico stradale nelle aree metropolitane di Londra (JustStopOil) e Roma (Ultima Generazione), per denunciare l’immobilismo della politica di fronte alla crisi ecologica e climatica, proprio nel mese della Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP27) a Sharm el-Sheikh (EG).

Come per gli Art Attacks, il cui numero continua ad aumentare con nuovi episodi anche a Roma e Milano, la tattica dei blocchi stradali, per quanto non sia una novità, ha scatenato la disapprovazione di politici, giornalisti e, ovviamente, dei (moltissimi) cittadini coinvolti.

Il trait d’union di queste proteste è il principio di Non Violent Civil Disobedience (NVCD): rifacendosi a modelli come Mahatma Gandhi e Martin Luther King, gli attivisti climatici conducono azioni fortemente simboliche ma spesso illegali, volte a sensibilizzare l’opinione pubblica senza mai ricorrere all’utilizzo della violenza verso persone o proprietà.

Citando Roger Hallam, tra i fondatori di Extinction Rebellion, la disobbedienza civile, specie se di massa e concentrata su un singolo evento, può generare un “dramma morale su scala nazionale”, in grado di smuovere le coscienze e mobilitare i cittadini.

Non a caso, realtà come JustStopOil ed Extinction Rebellion arrivano quasi a glorificare l’arresto dei propri attivisti, per dimostrare il carattere pubblico e civile delle proteste, oltre che la propria coerenza morale di fronte alla legge.

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Parte della call to action sul sito di Extinction Rebellion (UK)

È proprio il principio NVCD la differenza fondamentale rispetto ai movimenti ecologisti radicali, come Earth Liberation Front (ELF), Earth First! e Sea Shepherd, che dagli anni ‘80 fino all’inizio dei 2000 hanno portato a termine numerosi sabotaggi e attività di Monkey Wrenching: le cosiddette tattiche Block & Disrupt (BD).

Queste organizzazioni sono rimaste aperte a “pochi e coraggiosi” attivisti climatici (nel caso di ELF arrivando ad essere identificati come eco-terroristi clandestini), incapaci di guadagnare il consenso popolare così importante per i movimenti di nuova generazione.

L’inquinamento del dibattito pubblico

Nonostante le proteste degli ultimi mesi siano rimaste non-violente, molti ne hanno evidenziato il carattere controverso, mettendone in dubbio l’utilità pratica e la capacità di essere comprese dall’opinione pubblica.

Nel caso degli Art Attacks, i (presunti) danni alle opere d’arte prese di mira hanno monopolizzato il dibattito mediatico: articoli e reportage hanno spesso dipinto gli attivisti come giovani incoscienti, anche se mossi da nobili propositi, e l’assenza di gravi danni come fortuita.

Il carattere quasi vandalico affibbiato alle proteste ha anche motivato la pubblicazione di una lettera di condanna da parte di più di 90 tra i maggiori musei al mondo, in cui si menziona un possibile incremento delle misure di sicurezza e l’aumento dei prezzi d’ingresso. Una levata di scudi diventata la retorica perfetta per parlare dei protestanti e non della protesta, dei mezzi più che delle motivazioni.

Anche i blocchi stradali delle ultime settimane sono stati attaccati duramente. La parlamentare britannica Suella Braverman ha caldeggiato con un tweet l’utilizzo dei pieni poteri da parte della polizia per fermare gli attivisti, che metterebbero “in pericolo vite umane” bloccando il lavoro di ambulanze e vigili del fuoco.

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Il tweet di Suella Braverman

Un’accusa tutta da verificare, considerato come sia stata la stessa London Ambulance Service (parte del NHS) a confermare l’assenza di incidenti sotto la categoria ritardo dei trasporti, durante le proteste del 4 ottobre scorso.

Se dalla politica non arrivano pacche sulle spalle, l’attenzione mediatica si concentra invece sul disagio causato ai cittadini, evidenziando soprattutto le reazioni più eclatanti degli automobilisti o i racconti personali degli individui coinvolti.

Emblematica, in questo senso, è l’intervista di Indigo Rumbelow (attivista di JustStopOil) a Sky News UK, dove a prendersi il centro della scena è stata la storia di un cittadino britannico, impossibilitato a raggiungere il funerale del padre per via del blocco stradale: una vicenda tragica, che però non merita di essere spettacolarizzata per delegittimare l’attivismo climatico.

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Estratto dell’intervista ad Indigo Rumbelow

Indicare la luna guardando il dito

Il disagio che queste manifestazioni causano è un fattore da considerare, tenendo comunque presente che una protesta incapace di indignare, o priva di un’influenza concreta nel quotidiano, più che pacifica diventa irrilevante.

La speranza è che, al centro del dibattito, torni il messaggio promosso dagli attivisti e il perché la disobbedienza civile sia vista come l’unica via ancora percorribile per salvare il pianeta. Con le parole dell’ambientalista Vandana Shiva, il primo passo per affrontare l’emergenza climatica è dunque evolvere il nostro pensiero, sfidando le “monoculture della mente” che hanno portato al punto attuale di (quasi) non ritorno.

Bibliografia

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F. Dupuis-Derì (2021); Youth Strike for Climate: Resistance of School Administrations, Conflicts Among Students, and Legitimacy of Autonomous Civil Disobedience—The Case of Québec; Front. Polit. Sci. 3:634538 doi: 10.3389/fpos.2021.634538.

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