“I rifiuti sono fuori moda!”, è questo lo slogan scelto in occasione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (SEER), la più grande call-to-action d’Europa sulla prevenzione dei rifiuti. L’edizione 2022 è in programma dal 19 al 27 novembre e ha l’obiettivo di incentivare la progettazione e la realizzazione di azioni per la riduzione dei rifiuti tessili e spingere l’intero settore dell’abbigliamento verso un sistema di produzione circolare e sostenibile.
L’industria della moda ha un impatto negativo sull’ambiente fra i più alti al mondo
Il tessile ha un ruolo importante nell’economia di tutta l’Unione Europea. Nel 2019, questo settore, che include anche l’abbigliamento, ha registrato un fatturato di 162 miliardi di euro, impiegando oltre un milione e mezzo di persone in oltre 160.000 aziende. Ogni famiglia europea, secondo le più recenti statistiche, spende in media 600 euro in abbigliamento ogni anno, 150 euro in calzature e 70 euro in tessili per la casa.
L’industria dei tessuti è anche uno dei settori più inquinanti al mondo insieme all’edilizia, ai trasporti e all’industria alimentare. Gli impatti ambientali nella fase di produzione, ad esempio, derivano dalla coltivazione di fibre naturali come cotone, canapa e lino e dalla produzione di fibre sintetiche come poliestere ed elastan. La produzione di tessuti richiede, inoltre, grandi quantità di energia e acqua e utilizza una varietà di sostanze chimiche rilasciate successivamente nei terreni, nelle acque reflue e nell’aria. In termini di consumi, basti sapere che per produrre tutti gli indumenti, le calzature e i tessili per la casa acquistati dalle famiglie dell’UE nel 2020, sono stati necessari circa 4.000 milioni di m³ di acqua blu, pari a 9 m³ per persona. La produzione di tessuti, in particolare di quelli naturali, richiede grandi quantità di terra. La superficie utilizzata nella filiera dei tessili acquistati dalle famiglie europee nel 2020 è stimata in 180.000 km², ovvero 400 m² pro capite. C’è da specificare però che solo l’8% del terreno utilizzato è in Europa. Questo fa del tessile il terzo settore con il maggiore impatto sul consumo di suolo, preceduto solo da quello alimentare e abitativo.
Nel 2020, la produzione di prodotti tessili consumati nell’UE ha generato emissioni di gas serra pari a 121 milioni di tonnellate di anidride carbonica, ossia 270 kg di CO2 a persona. I tessuti realizzati con fibre naturali, come il cotone, hanno generalmente il minor impatto climatico. Quelli realizzati con fibre sintetiche (soprattutto nylon e acrilico) hanno invece un’impronta climatica maggiore a causa della loro origine da combustibili fossili e dell’energia consumata durante la produzione. La distribuzione e la vendita al dettaglio, inoltre, sono responsabili delle emissioni derivanti dai trasporti e dei rifiuti di imballaggio.
Oltre ai forti impatti ambientali, il settore tessile ha impatti sociali diffusi a livello mondiale, in termini di tariffe salariali, condizioni e ambienti di lavoro nelle fabbriche. È ancora difficile per molte industrie evitare fornitori al di fuori dell’Europa che utilizzano spesso lavoro minorile o manodopera a basso costo.
Allarme riciclo: solo il 10% dei rifiuti tessili conosce una seconda vita
L’impatto dei tessili sul pianeta Terra non si ferma qui. Ogni anno, in media, ogni europeo consuma 26 kg di tessuti, di cui 11 kg vengono scartati dopo essere stati indossati solo 7-8 volte. I panni o tessuti che vengono gettati finiscono principalmente in discarica o bruciati negli inceneritori, mentre solo il 10% rimane sul mercato come usato di seconda mano (Labfresh, 2020).
Il Parlamento europeo, nell’affrontare questa situazione, ha approvato la Direttiva quadro sui rifiuti, spingendo Stati membri ad attivare nelle loro città una raccolta differenziata dei rifiuti tessili entro il 2025. Sulla base di tutti i dati raccolti, le Istituzioni europee hanno individuato il tessile come un settore prioritario in cui l’UE può aprire la strada verso un’economia circolare a zero emissioni di carbonio e, in tal senso, è già stata elaborata una strategia europea. L’obiettivo è sostenere materiali e processi di produzione circolari.
Basta con la fast fashion. Anche la moda può essere sostenibile e circolare
La nuova edizione della SERR punta ad azioni di sensibilizzazione per favorire il passaggio a modelli di business circolari, condizione fondamentale per risparmiare su materie prime, energia, acqua, uso del suolo, emissioni e rifiuti. Solo il riciclaggio però non basta, è necessario spingere sulle strategie utili a rendere i tessili più longevi, facilmente riutilizzabili, riparabili e rigenerabili. La progettazione del prodotto deve coinvolgere anche la riduzione delle sostanze chimiche utilizzate e prevenire il potenziale rilascio di microplastiche, evento che molto spesso accade nei lavaggi di tutti i giorni.
Le idee, i progetti e le iniziative proveniente da tutta Europa sono già visionabili sul sito ufficiale dell’evento, che ogni anno accompagna centinaia di cittadini, aziende, amministrazioni e associazioni nel diffondere la cultura della riduzione dei rifiuti, del loro riuso e riciclo.