È da poco uscito il 13° Report “Greenitaly” elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere. In questo articolo approfondiremo la questione legata al sistema paese e lo confronteremo con la situazione europea.
La situazione dell’Italia
Basandosi sulla classifica dell’Eco-Innovation Index (che illustra i risultati dell’eco-innovazione negli Stati membri dell’UE mediante 16 indicatori, raggruppati in 5 dimensioni, al fine di promuovere una visione olistica delle prestazioni economiche, ambientali e sociali inerenti al mondo dell’innovazione) l’Italia si trova al 10° posto con 124 punti, sotto paesi come Finlandia, Francia, Spagna e Germania ma sopra la media europea. La classifica conferma che i paesi con sistemi industriali meno avanzati prediligono ancora la ricerca della crescita economica anche a costo di sacrificare l’ambiente.
Il nostro paese, nelle rilevazioni del 2012 invece era sotto la media europea di 8 punti.
Nello specifico del 2021, delle cinque dimensioni esaminate, l’Italia è al di sotto della mediana in “output di eco-innovazione” (17° posto) e “risultati socio-economici” (21° posto), in linea con la mediana per “input di eco-innovazione” (13° posto) e su valori superiori alla mediana per “attività di eco-innovazione” (7° posto) e “efficienza delle risorse”, dove fa segnare il miglior risultato in assoluto. Se sulle prime 2 dimensioni le distanze sono tali da palesare un deficit strutturale e non solo relativo su cui dovremo per forza invertire la rotta va decisamente meglio sulla dimensione “efficienza delle risorse” dove stacchiamo nettamente tutti, (268 dell’Italia contro 147 della media UE) con ancor maggior distanza rispetto al 2012 (155 a 100).
Questo risultato può essere probabilmente spiegato dal fatto che siamo un paese trasformatore, povero di materie prime e quindi la dipendenza dall’estero ha fatto sì che si sviluppassero una forte ricerca di produttività ed efficienza delle risorse. Altro dato significativo è il netto miglioramento della media UE sul fronte del contenimento delle emissioni rispetto al 2012.
Sempre per lo stesso motivo nel periodo 2012-2020, è sensibilmente cresciuto il tasso d’uso di materia seconda, che vede l’Italia attestarsi al 21,6% nel 2020 (+55% nel periodo). Il forte tasso di crescita conseguito ci consente di avvicinare la posizione di leadership della Francia (22,2% nel 2020).
Nella produzione di rifiuti per milione di euro prodotto, pur restando tra i migliori (superati solo dalla Spagna) siamo l’unico grande paese UE ad aver alzato del 20% la produzione da (39,4 a 47,7 tonnellate), gli altri invece l’ hanno tutti ridotta.
Rinnovabili In Italia
In Italia, al netto delle previsioni del Governo Draghi (70 GW entro il 2030) confermate anche da Energia Futura che parlava della possibilità di installare 80GW, il Paese va troppo piano (1 GW all’anno invece dei 7/ 8 GW necessari). Nel 2021 sono stati installati 1,351 MW.
Il mix energetico non cambia e le rinnovabili restano inchiodate sotto il 40% del fabbisogno (38% nel 2020) e la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è pari al 40,9% (in leggero calo rispetto al 2020, 41,9%).
Come ci ricorda il report, nel suo complesso in Italia sono installati impianti da energia rinnovabile per una potenza di 60 GW sostanzialmente stabile dal 2014.
Manca inoltre un piano strutturale di efficienza energetica nell’industria e nell’edilizia.
Andremo ora a approfondire le varie fonti rinnovabili.
Fotovoltaico
I dati del 2021(solo 935 MW installati) confermano la crescita degli impianti di piccola e media dimensione e il rallentamento di quelli con potenza superiore a 1 MW. A conferma di ciò nel 2021 non è stata registrata nuova potenza da impianti di dimensione superiore a 10 MW.
Siamo soddisfatti della diffusione degli impianti sui tetti di tante famiglie italiane, una diffusione che auspicabilmente aumenterà ancora con le comunità energetiche, dall’altro risulta evidente che servirebbero anche grandi impianti che ormai da 10 anni sono invece sempre meno frequenti. Vanno valutati positivamente anche gli impianti a terra innanzitutto su zone compromesse (cave, discariche) poi sui bacini idroelettrici e nelle aree industriali. Inoltre vanno superati i pregiudizi sull’agrivoltaico. I dati dimostrano che non è il fotovoltaico il protagonista del consumo di suolo: ad ora sono occupati, per una potenza di 9 GW, 17500 ettari di terreno mentre nel solo 2021 il consumo di suolo generale in italia ha coperto 7 mila ettari all’incirca, di cui solo 70 per il fotovoltaico. Non dimentichiamo inoltre che esistono 1,2 milioni di ettari di superficie agricola inutilizzata.
Eolico
Nel 2021 solo 404 MW installati e enormi difficoltà anche nel Repowering (ovvero la sostituzione di vecchie pale con nuove più performanti). Nuove ed interessanti tecnologie porteranno allo sviluppo dell’Eolico Offshore. Anche su questa tecnologia pesa, come per il fotovoltaico e gli impianti rinnovabili tutti, l’effetto NIMBY, le resistenze delle soprintendenze e la burocrazia.
Geotermia
Le potenzialità dell’elettrificazione del riscaldamento/raffrescamento attraverso la sostituzione delle caldaie a gas con pompe di calore (pur tenendo conto di tutti i vincoli possibili) comporterebbe benefici economici pari a 24,7 miliardi di euro, oltre 19 miliardi di gettito fiscale aggiuntivo, almeno 30mila occupati e circa 3 miliardi di euro di risparmi per le famiglie; inoltre sarebbero oltre 12 milioni le tonnellate di CO2 evitate con riduzioni rilevanti anche delle altre emissioni inquinanti (-19% di ossidi azoto. E oltre l’8% di riduzione per monossido di carbonio e polveri sottili – sia PM10 che PM2,5). Si ridurrebbero infatti i consumi energetici di ben 5 Mtep risparmiando oltre 5 miliardi di metri cubi di gas (più di quanto riesce a trattare una nave rigassificatrice).
Le altre tecnologie
Va fortemente sostenuta la ricerca per rendere possibile nuove tecnologie di accumulo che usino sempre meno terre rare e che possano essere sempre più durature e riciclabili. Dobbiamo investire in idrogeno verde soprattutto per l’industria “hard to abate”, tipo quella siderurgica. Per la sostituzione del metano possiamo investire anche in tecnologie come il biometano, prodotti da rifiuti organici e scarti agricoli, a cui l’Europa si è data un target di 35mld mtc e qui in Italia il CIB e il CIC indicano in 8 miliardi di metri cubi il potenziale (a fronte di una produzione attuale di 2 miliardi) per l’Italia.
In conclusione, come ci ricorda il report, “da una parte l’emergenza dovuta alla crisi climatica in atto che non ci consentirebbe più alcun tentennamento, dall’altra i costi competitivi e le opportunità occupazionali, ci dicono che la strada è tracciata. Inevitabile oltre che auspicabile: abbandoneremo il fossile a favore delle rinnovabili. L’eccessiva prudenza di tanta parte della classe dirigente italiana rischia di far perdere al sistema del nostro Paese un’occasione per posizionarsi nella fascia alta di chi saprà competere in questo nuovo mondo più pulito e più civile”.
Nel prossimo articolo parleremo degli impatti economici sulle industrie e aziende italiane e dei green jobs.