rigassificatore

Ieri mi sono trovata, mio malgrado durante un aperitivo, a guardare al telegiornale la vicenda del rigassificatore da impiantare sulla costa livornese. Vi assicuro che c’è da perdersi: mentre Giani (PD) tratta con Snam, il sindaco di Piombino (FDI) non lo vuole al largo della propria città né di Follonica ma Giorgia Meloni, la sua diretta superiore ha già detto che, se non ci sono alternative veloci, si fa a Piombino per non dipendere energeticamente da Putin con compensazioni per la popolazione locale. Cioè, bollette più basse. Si è fatta l’ipotesi di Livorno ma il sindaco del capoluogo (indipendente di centro sinistra) giustamente ricorda che c’è già l’Olt.

Passo indietro, che cos’è un rigassificatore?

Un rigassificatore serve a riportare allo stato gassoso un gas precedentemente trasformato in liquido per venire trasportato in maggiore quantità ed essere poi usato come fonte energetica. L’intricata questione appena descritta – aldilà dei rischi contingenti – porta quindi all’installazione di un dispositivo in funzione dell’utilizzo di gas metano: onestamente mi sembra tutto tranne che un’azione che va a favore di transizione ecologica (ricordiamo che il metano contribuisce del 30-50% all’aumento delle temperature globali). Sì, certo, mentre continuiamo a contribuire al riscaldamento globale, potremo utilizzare ed esportare metano – wow che bello! Contribuire al riscaldamento globale non è una frase astratta: l’Italia paga in termini di salute 2,17 miliardi di Euro a causa del metano – sono morti premature e aumento di malattie respiratorie. Dovremmo, per farla bene, eliminare un terzo delle attuali emissioni di metano entro il 2030 e il 45% entro il 2040, dice il report di GHGMI commissionato da WWF. Invece, il rigassificatore è la priorità contro il caro gas. Non le rinnovabili.

Al solito, stiamo affrontando frettolosamente il presente senza una progettualità che contempli il futuro. Eppure, non meno di qualche mese fa, Cingolani comunicava che il rigassificatore di Piombino sarà esentato: “dall’applicazione delle disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale” perché “eventuali ritardi o ostacoli suscettibili di impedirne una tempestiva attuazione risultano contrari all’interesse dei cittadini italiani”.

L’interesse dei cittadini italiani – quale?

Penso alla Germania che per anni ha avuto le bollette più alte d’Europa con un ampio margine della popolazione che le ha accettate, consapevole che era per favorire la vera transizione ecologica e permettere un futuro ai loro figli. Secondo YouGov il supporto all’Energiewende è ancora del 57% della popolazione. Non ci possiamo paragonare con un paese ricco come la Germania? Bene, prendiamo il Portogallo. Il 60% dell’energia del paese viene da fonti rinnovabili, si punta all’80% nel 2026. Le ultime due centrali a carbone saranno chiuse. Loro sì che si renderanno puliti e indipendenti.

Quindi siamo sicuri che se il progetto del rigassificatore non si fa sarà contrario all’interesse degli italiani? Qual è l’interesse degli italiani, che la popolazione (purtroppo informata parzialmente dai media mainstream) ne sia consapevole o meno? Solo riscaldarsi e rendersi indipendenti o riscaldarsi e rendersi indipendenti cercando di garantire un pianeta respirabile alle generazioni future?

Perché il messaggio che passa al momento agli italiani è: questo benedetto rigassificatore va fatto ora per non dipendere energeticamente da Putin e AVS, che non lo vuole e crede alla favola delle rinnovabili, li vuole lasciare al freddo in pieno dicembre. Quindi veloce, veloce, facciamolo! Quando per gli impianti eolici – che ci renderebbero davvero indipendenti perché non mi risulta che il vento finisca a un certo punto – c’è da aspettare cinque anni in media di scartoffie.

La crisi c’è

Potremo prendere la strada giusta che, portando alle rinnovabili, concilia la crisi energetica con quella ambientale ma no. In questo momento ho sotto gli occhi una cartina dell’Europa che mostra i risultati di un survey dell’Unione Europea riguardante la percezione del problema del cambiamento climatico. L’Italia è l’unica nazione dell’ovest europeo a situarsi nella fascia di livello di preoccupazione più bassa: siamo sempre esterofili fino al fastidio ma, quanto a questo punto, evidentemente non riesce a entrare. Di certo, dato che non possiamo essere tutti esperti, questa percezione non è colpa della gente ma di come viene informata. Ci sono ragioni più profonde? Paura irrazionale della mentalità post mutazione antropologica pasoliniana di impoverirsi? Ci sarebbe da indagare.

La questione padana

Ma il rigassificatore non è la sola questione che mi è balzata all’occhio in questi giorni.

Danny Labriola, co-portavoce di Europa Verde su Bologna, dalla sua pagina Facebook riporta il fatto che il 30 settembre scorso (quindi post-elezioni) è circolata la notizia che le Regioni del bacino padano hanno chiesto al Governo di alleggerire, dove possibile, le misure della qualità dell’aria a fronte della crisi energetica.

Ora, io in Pianura Padana ci vivo e ho paura dell’incoscienza di chi pone certe richieste. Ho paura perché le nostre città (Cremona, Vicenza, Brescia, Pavia, Piacenza, Bergamo – pensa te, sono le stesse dove il covid, malattia respiratoria, ha colpito duro) sono in cima alla classifica di città più inquinate d’Europa. Il nostro è un territorio chiuso, una scatola contenuta fra Alpi e Appennini con l’Adriatico come unico sbocco. “Secondo i dati del World’s Air Pollution Index”, riporto le parole di Danny, “quasi tutta la Pianura Padana registra un indice di inquinamento sopra la norma, con punteggi tra i 50-140 che indicano un’aria «insana».

Studiosi dell’Università di Bologna, dell’Università di Bari e del CNR hanno analizzato i legami tra mortalità per cancro, fattori socioeconomici e fonti di inquinamento ambientale in Italia. La qualità dell’aria risulta al primo posto per importanza per quanto riguarda l’associazione col tasso medio di mortalità per cancro. Dall’analisi emerge che, contrariamente a quanto creduto finora, la mortalità per cancro tra i cittadini italiani non ha una distribuzione né casuale né spazialmente ben definita. La mortalità per tumore supera la media nazionale soprattutto nelle regioni della pianura padana dove l’inquinamento ambientale è più elevato, anche se si tratta di zone in cui le abitudini di vita sono in genere più sane e l’assistenza sanitaria più accessibile”.

Bello, vero? Ecco, ma sei io ho paura di morire anzitempo, perché questa paura non è diffusa? Anzi, si spinge sull’altra paura– le bollette, l’energia – e in nome di questa si ignora ancora una volta il futuro che stiamo consegnando ai giovani?

Ogni crisi rappresenta un punto di svolta e quando si svolta – si sa – si può entrare in una strada migliore come in una peggiore. Nel dibattito in Tv che ho citato in apertura non c’era neanche un membro di AVS a dire la sua. Ignorare l’elefante nella stanza non porterà a nessuna svolta positiva: occorre che la comunicazione cambi. Occorre alzare la voce.

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