guerra

Questo articolo è uscito sul numero di Giugno 2022 della versione digitale di Ecologica. Ti ricordiamo che puoi riceverla sulla app abbonandoti qui.

Una crisi, un conflitto, ci lascia spiazzati, senza punti di riferimento. Purtroppo nell’epoca dei social, difficilmente ormai ci lascia anche senza parole.

Nel momento in cui ci ritroviamo a dover affrontare continuamente una nuova crisi, come è avvenuto negli ultimi vent’anni, lo spaesamento di un mondo sempre più complesso ed interconnesso ci porta a cercare narrative e soluzioni che ci aiutino a leggerlo e a (illuderci) di capirlo.

Come in un giro di ruota, ci ritroviamo esperti e presunti tali che indossano continuamente una maglia diversa, sentendosi in diritto di esprimere la propria opinione (o molto più spesso quella che ci si è ritrovati pubblicizzata dall’algoritmo nei propri social) per illudersi di avere un briciolo di influenza all’interno di questi macro eventi che ci spiazzano e ci fanno sentire sempre più impotenti.

Questa premessa, per ammettere che le riflessioni che seguiranno sono più dubbi che certezze, derivanti da una chiave di lettura, l’eco-femminismo, che non pretende di spiegare in maniera esaustiva le dinamiche che ci hanno portato all’ennesima guerra. Ma che può essere una preziosa prospettiva per metterle in discussione, per capire come cambiarle e costruire un sistema alternativo. Di pace.

Patriarcato e militarismo

É stata una donna forse a creare gli eserciti? E perché all’interno degli eserciti vi sono sempre stati solo uomini?

Secondo il femminismo, l’idea della guerra, dell’imperialismo, degli uomini come “materiale militare” e delle donne come coloro che si occupano della cura è un prodotto del pensiero patriarcale. È per questa idea patriarcale dei ruoli di genere e divisione sessuale che gli uomini sono visti come materiale per la guerra. E all’interno della cultura militare i loro corpi sono controllati e condizionati per servire alla guerra e ai suoi interessi.

Eppure, sono davvero tutti gli uomini che combattono nelle guerre? La realtà ci dice che sono gli uomini vulnerabili e meno privilegiati quelli che fanno parte delle milizie. In epoca moderna è sempre stato così: presidenti che inneggiano alla guerra rimanendo nel comfort e nella sicurezza dei loro palazzi, lasciando che siano dei giovani obbligati alla leva militare a dover risolvere quelli che definirei – probabilmente con superficialità ma temo anche in parte a ragione – i complessi psicotici dei loro leader.

Il militarismo è l’idea che per sostenere il potere è necessario un fronte di attacco e contenimento, principalmente composto da uomini che possano difendere gli interessi dello stato. Ma come possono essere dei corpi sminuiti a livello tale da essere concepiti solo come “usa e getta”, obbligati ad essere territorio di disputa? Questa è la cultura militarista, che il femminismo critica aspramente.

Perché nella teoria critica al militarismo il femminismo sostiene che nessuno dovrebbe obbligatoriamente prestare il proprio corpo per essere territorio di disputa. E per questo il femminismo non appoggia l’idea che uguaglianza significhi che anche le donne mettano a disposizione il loro corpo nei conflitti.

Uguaglianza?

Ogni volta che si ripropone una situazione di instabilità e conflitto a livello internazionale, riaffiora spesso l’argomentazione “dove sono le femministe?”, come se essere femminista significasse appoggiare una forza armata o una logica di escalation della violenza. Il tema dell’uguaglianza viene usato come scusa per cercare di coinvolgere le donne in conflitti che nella maggior parte ricadono sugli uomini, essendo questi quasi la totalità delle forze armate.

Dunque è questa la parità che ci viene proposta? Permettere anche alle donne di far parte dell’esercito e di entrare in queste dinamiche di morte? Di incorporare quelle caratteristiche di predominio e competizione che sono sempre state associate al maschile? No grazie, questa forma di uguaglianza non ci interessa.

Ricordiamo in realtà che questa divisione fra ciò che è maschile e ciò che è femminile, non è stata una scelta delle donne. È stato il sistema patriarcale stesso a decidere cosa era femminile, e a definire cosa fossero e possono essere le donne. E quindi tutte queste sfere che hanno più a che fare con la pace, la cooperazione, la cura, da sempre affibbiate alle donne, ora è il momento di smarcarle da qualsiasi discussione di genere, e rendersi conto che sono qualcosa che appartiene a tutta l’umanità. E quindi è in questo senso che il femminismo vuole ristabilire l’uguaglianza dei generi: permettere a tutta l’umanità di abbracciare quelle qualità che sono intrinseche nell’essere umano, ma che per ora è stato concesso solo alle donne di coltivare.

Forse ci dovrebbero essere delle “quote azzurre”, delle quote al contrario. Finora si è sempre cercato di coinvolgere sempre più le donne nelle istituzioni esistenti con delle quote rosa, dandogli l’opportunità di inserirsi in ambienti che fino a quel momento sono sempre stato solo ad uso esclusivo degli uomini, senza però mettere in discussione il loro funzionamento o il sistema culturale di fondo. Forse abbiamo bisogno di quote azzurre, di portare gli uomini ad inserirsi in quelle pratiche che sono sempre state relegate solo alle donne: ossia occuparsi della cura, dell’emotività, della risoluzione nonviolenta dei conflitti, della mediazione, dell’umiltà e valorizzazione della vita. Permettere agli uomini di riscoprire quei lati dell’umanità che appartengono a tutto il genere umano, liberarli da questo ruolo di maschio alpha nel quale sono intrappolati, è esattamente ciò che il femminismo chiede.

E quindi forse no, forse la guerra non è uomo. Ma forse la guerra appartiene a come la visione patriarcale ha voluto costruire il concetto di uomo. L’idea di forza, supremazia, predominio, arroganza, imposizione, esclusività, competizione, questo è ciò che il sistema patriarcale ha deciso che dovesse appartenere al concetto di uomo. Ed è forse per questo che al momento la guerra può essere associata agli uomini.

Solo quindi quando si potrà finalmente permettere a tutti i generi di coltivare quelle caratteristiche finora relegate solo al femminile, e che sono riuscite a preservarlo da queste dinamiche perverse che ci hanno portato a questa ennesima guerra, riusciremo davvero a vivere in un nuovo sistema. Di vera uguaglianza. Di pace.

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