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Quali azioni, comportamenti alimentari e stili di vita possiamo adottare quotidianamente per ridurre lo spreco alimentare? Ecco, di seguito alcuni dati e alcuni strumenti da conoscere per agire in maniera sostenibile.

Il Cross Country Report di Waste Watcher: Il “G8 dello spreco”

Secondo la FAO, oltre un 1/3 del cibo prodotto al mondo va perso, partendo dall’intera catena di approvvigionamento alimentare: nell’azienda agricola, durante la trasformazione e la lavorazione, nei negozi, nei ristoranti e in ambito domestico. Ogni anno, nel mondo infatti, lo spreco di cibo è in media di 121 chilogrammi a persona.

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Spreco di cibo individuale negli ultimi sette giorni

L’indagine internazionale condotta, da Waste Watcher in 8 Paesi del mondoCina, Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Canada, Germania, Spagna e Italia – ha coinvolto un campione statistico di 8mila interviste. Waste Watcher ha affrontato con attenzione – tra le varie cose – le strategie anti-spreco messe in atto dai consumatori del pianeta. A livello mondiale, ogni anno, viene sprecato 1 milione di tonnellate di alimenti pari a circa 121 kg di cibo a persona, confermando il fatto che lo spreco alimentare sia un problema globale che si presenta, però, con caratteristiche diverse nelle varie regioni del mondo: esiste, infatti, una notevole distinzione tra Paesi a basso reddito e Paesi ad alto reddito. E sono proprio i Paesi industrializzati, quelli che generano la percentuale più alta di spreco alimentare.

A sorpresa, l’Italia resta la nazione più virtuosa nel cosiddetto “G8 dello spreco alimentare” (con 593,3 gr. di spreco settimanale), che vede – in ordine crescente – i russi a quota 672 grammi settimanali, gli spagnoli a 836 grammi e, quindi, i cittadini inglesi con 949 gr., i tedeschi con 1081 gr., i canadesi con 1144 gr. di spreco. Seguono i cinesi con 1153 gr. e, in fondo, i cittadini statunitensi che sprecano di 1453 gr. Oltre ai relativi impatti economici, ambientali ed etici, i rifiuti alimentari presentano anche un importante aspetto sociale, rispetto a chi ne ha maggiormente bisogno: basti pensare anche “solo” all’impoverimento della popolazione mondiale che, causa la pandemia da COVID-19, non ha accesso sufficiente agli alimenti.

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Spreco alimentare delle famiglie italiane

Di non secondaria importanza, è il fatto che gli sprechi alimentari sono responsabili del 6% delle emissioni di gas serra, della dispersione di 253 Km3 di acqua potabile (solo in agricoltura). Mentre 1.4 milioni di ettari di terreno coltivabile viene utilizzato per produrre cibo che non verrà mai mangiato (ovvero il 28% della superficie terrestre destinata all’agricoltura), contribuendo in modo significativo alla perdita di biodiversità (FAO).

Come mostra l’infografica seguente, prendendo come riferimento gli ultimi 7 giorni di una famiglia italiana media, gli alimenti che più spesso “pesano” sulla pattumiera sono i seguenti: la frutta fresca (27%), seguita da cipolle aglio e tuberi (17%), pane fresco (16%), verdure (16%) e insalata (15%).

Ma qual è la prima conseguenza dello spreco alimentare, secondo i consumatori italiani? Al top lo spreco di denaro, vissuto come aspetto più grave da oltre 8 italiani su 10 (83%).

Un altro dato sorprendente, è legato alla “vittoria” della tradizionale lista della spesa e degli altri accorgimenti della vecchia economia domestica, sulla tecnologia: dagli Stati Uniti alla Russia, passando per Canada, Italia, Spagna e Germania, il ricorso alle app salvacibo – alert sul proprio cibo in scadenza, o ai dispositivi di scambio o acquisto degli alimenti invenduti – resta abitudine ristretta a non più del 9% della popolazione (dal 3 al 7% in Italia, dal 4 al 9% in Spagna, dal 5 al 7% nel Regno Unito e in Canada, fino al 9% negli Stati Uniti e non più del 5% in Russia). I più tecnologici del Pianeta, in tema di prevenzione dello spreco alimentare, sono i cinesi: fino al 17% utilizzano app dedicate, in particolare per monitorare il cibo conservato a casa, ma anche per catturare l’invenduto di negozi e ristoranti. «È un po’ la rivincita dell’intelligenza “alimentare” dei consumatori – osserva l’agro-economista Andrea Segrè, fondatore del movimento e della campagna Spreco Zero – su quella “artificiale, o meglio tecnologica”. Che resta pur sempre una risorsa preziosa, ma se utilizzata meccanicamente non stimola l’impegno attivo del consumatore in chiave di prevenzione. Le soluzioni più rapide ed efficaci arrivano ancora dall’esperienza dell’economia domestica».

Spreco di cibo al ristorante

Gli italiani e, più in generale, i cittadini europei sembrano piuttosto timidi e impacciati, come dimostra il fatto che la “doggy bag” (o, meglio, la “family” bag) è richiesta, in media, da 4 avventori su 10 che non riescono a consumare il pasto. Un’abitudine che sembra invece consolidata negli Stati Uniti, dove la family bag è prassi per 3 consumatori su 4 (74%). Scendiamo al 68% in Canada, al 61% in Cina, al 37% in Russia e nel Regno Unito. E ancora: a livello planetario, dove gli Stati Uniti sembrano essere i meno virtuosi con circa 1403 grammi di cibo gettato ogni settimana, lo spreco del cibo é certamente il primo nemico della dieta mediterranea: nella hit dei cibi piu’ sprecati svetta la frutta fresca, con oltre 30 gr gettati a settimana un po’ a tutte le latitudini del pianeta. Ma in Russia è il pane l’alimento più sprecato e in Cina la verdura fresca, alimenti base della piramide mediterranea. Dopo la frutta fresca i prodotti più sprecati sono l’insalata (in Italia 22 grammi, nel Regno Unito 36 e negli Stati Uniti 41) e la verdura fresca, dai 25 grammi settimanali in Spagna ai 38 del Canada.

La categorie più sprecone

Puntando lo sguardo sulle categorie “sprecone” in Italia, spicca sicuramente quella dei single, vera maglia nera del fenomeno con il 50% in più’ di cibo sperperato – in particolare frutta e insalata – rispetto alle famiglie numerose, che anche in Cina e Stati Uniti risultano più virtuose. In Italia, pure le famiglie senza figli risultano facili allo spreco della verdura fresca; in Spagna, al contrario, i single sembrano essere i più virtuosi, mentre a sprecare di più sono le famiglie numerose. Un dato in controtendenza rispetto agli altri Paesi. In Canada, Cina e Stati Uniti si spreca per aver acquistato troppo e in generale, in tutti i Paesi a prescindere dalle abitudini alimentari e dalle differenze culturali, uno dei motivi principali di spreco continua a essere la scarsa attenzione a quanto abbiamo già acquistato e stiamo conservando a casa. Semplicemente, ce ne dimentichiamo.

Ma che cos’è lo spreco alimentare?

La Commissione europea definisce lo spreco alimentare come «l’insieme dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare, cheper ragioni economiche, estetiche o per la prossimità della scadenza di consumo, seppure ancora commestibili e quindi potenzialmente destinati al consumo umano – sono destinati a essere eliminati o smaltiti». La Fao (Food and Agriculture Organization) propone una diversa classificazione per definire il tipo di spreco prodotto lungo la filiera alimentare: la perdita alimentare (food loss), riferita allo spreco lungo i primi anelli della catena (produzione, raccolta, stoccaggio e lavorazione) di parti edibili di origine vegetale o animale prodotti per il consumo umano. Mentre viene usato il termine spreco alimentare (food waste) per indicare lo spreco che si verifica al momento della distribuzione, a livello dei consumatori e dei commercianti.

I numeri dell’Osservatorio Waste Watcher International – Focus sull’Italia

I Report dell’Osservatorio Waste Watcher International e della Campagna Spreco Zero, che analizzano quanti alimenti finiscono dalla cucina alla pattumiera, sono stati illustrati dal Direttore Scientifico Ipsos Enzo Risso con i coordinatori del “Caso Italia” Luca Falasconi e “Cross Country Report” Matteo Vittuari, entrambi docenti all’Università di Bologna – Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari, a Roma nello Spazio Europa – sede di Rappresentanza Permanente della Commissione Europea nel febbraio di quest’anno, in occasione della 9^ Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare.

In particolare, anche se i dati rilevati per l’Italia, indicano uno spreco di “soli” 31 chilogrammi pro-capite di alimenti gettati ogni anno (1/3 in meno rispetto agli Stati Uniti, ma, comunque, con un aumento del 15 % nel 2021, rispetto all’anno precedente), è in ogni caso essenziale non “chiudere gli occhi” davanti alla spazzatura che si potrebbe ancora sempre evitare: nel bidone dell’umido, infatti, si trovano ancora alimenti di alto valore nutrizionale come frutta e verdura fresca, latte, pane e derivati, latticini a partire dallo yogurt. Eppure, durante il lockdown della primavera 2020 e nei lunghi mesi invernali di distanziamento, quella sorta di “patto degli italiani col cibo”, sempre più svolto con scelte consapevoli per la salute propria e dell’ambiente, era stato salutato come una delle conquiste più significative, per il nostro Paese, come confermava il report 2021 di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability (su rilevazione Ipsos riferita al 2020). Nel 2022, in controtendenza con l’ultimo biennio, infatti,  la freccia dello spreco alimentare domestico ha ricominciato a salire.

Il fondatore della Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare, Andrea Segrè, afferma: “È evidente che dobbiamo fare ancora molta strada per ridurre lo spreco e migliorare la nostra dieta alimentare. La via maestra resta quella di una svolta culturale che sostenga l’adozione e la replica delle buone pratiche nel nostro quotidiano, dall’acquisto del cibo alla sua gestione e fruizione. Per questo rilanciamo la proposta di mettere al centro dei programmi di educazione civica, nelle scuole, i temi dell’educazione alimentare e ambientale“.

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Mappa dello spreco in Italia

Sebbene, ancora una volta la fotografia dello spreco nel nostro Paese, inquadra in primo piano le nostre case e le nostre abitudini di gestione del cibo, in realtà, 4 italiani su 5 dichiarano che si spreca soprattutto nel commercio (47%) e nel pubblico (scuole, ospedali, uffici pubblici, caserme, ecc., secondo il 27% degli intervistati. «La percezione degli italiani – spiega Andrea Segrè, fondatore e presidente di Last Minute Market – è ancora poco consapevole della necessità di una grande svolta culturale nella gestione del cibo a livello domestico. Eppure è questo il punto, la prevenzione degli sprechi alimentari deve partire da noi, nel quotidiano delle nostre vite, perché mangiare è un atto di giustizia e di civismo: verso noi stessi, verso gli altri, verso il mondo. I paradossi del cibo sono evidenti: 821 milioni di individui sulla terra soffrono la fame e 1 persona ogni 3 è malnutrita. Ma intanto una persona su 8 soffre di obesità. Tutti possiamo dare il nostro contributo all’obiettivo #famezero #sprecozero – osserva Segrè – acquistando solo ciò che serve realmente, compilando liste precise che non cadono nelle sirene del marketing, scegliendo alimenti locali e di stagione basati sulla Dieta Mediterranea, consultando etichette e scadenze, utilizzando al meglio frigo, freezer e dispensa per gli alimenti senza stiparli alla rinfusa».

Un dato ancora più sorprendente, da un punto di vista del profilo di rilevazione sociale, è quello legato allahit” degli sprechi degli italiani: proprio il cibo è saldamente in testa e, negli ultimi 5 anni, lo spreco alimentare supera di gran lunga la percezione degli sprechi idrici, energetici o monetari. Il settore alimentare è quello in cui si spreca di più per il 74% degli italiani, era il 60% nel 2014. Mentre lo spreco idrico segue per il 48%, quindi gli sprechi legati a mobilità (25%) ed energie elettrica (22%). Meno evidenti gli sprechi di denaro e tempo, forse a causa di un potere d’acquisto sempre più’ debole?

Il valore economico dello spreco alimentare

Lo spreco alimentare nazionale, stimato in oltre 15 miliardi € (per l’esattezza, 15.034.347.348 €) e pari allo 0,88% del PIL, risulta dalla somma dello spreco alimentare di filiera (produzione-distribuzione-commercio), complessivamente stimato in oltre 3 miliardi € (3.176.032.413 €), ovvero il 21,1%  del totale e dello spreco alimentare domestico reale (ossia quello misurato nelle case degli italiani attraverso il test dei Diari di Famiglia), che rappresenta quindi i 4/5 dello spreco complessivo di cibo in Italia e vale 11.858.314.935 € (dati del Dipartimento Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna su rilevazioni Istat / Waste Watcher per campagna Spreco Zero).

Le cause (principali) dello spreco

Le cause associate ai consumatori, che portano a una inefficiente filiera agroalimentare, cominciano dai criteri di scelta che si utilizzano al momento della spesa. Un ingente volume di cibo viene spesso scartato per l’elevato standard di qualità preteso dai prodotti dei supermercati: grandi quantità di frutta o verdura non vengono selezionati per la vendita solo perché non rispettano certi canoni estetici o, se giunti nei luoghi di consumo, non vengono comprati in quanto considerati di scarsa qualità. Resta il fatto finale che, la maggior parte dello spreco, avviene quando il cibo arriva nelle mani dell’ultimo attore della filiera: il consumatore. Ma, allora, perché sprechiamo cosi tato cibo nelle nostre case? Quali sono le motivazioni e le cause reali di questa cattivissima abitudine?

Come si evince dall’infografica seguente, un italiano su 2 (47%) ammette di scordare spesso il cibo acquistato, il 46% sostiene che il cibo era reduce dal frigorifero dei negozi e a casa è deperito in fretta. Un italiano su 3 (30%) confessa di calcolare male le quantità di cibo che servono in casa, ma anche (33%) di essere preoccupato di non avere abbastanza cibo a casa, quindi di esagerare negli acquisti.

In conclusione, i dati dell’Osservatorio Waste Watcher International dimostrano, pertanto, che ci sono ampi margini di miglioramento nelle fasi di acquisto e gestione del cibo, nell’ottica di prevenire lo sperpero domestico degli alimenti. Per contrastare il fenomeno, ad es., le famiglie italiane chiedono, innanzitutto, di potenziare l‘educazione alimentare, a partire dai banchi di scuola. Una richiesta che da anni è al top dei provvedimenti invocati dagli italiani, anche nel 2022 ben 9 su 10 (89%) ritengono che questa misura sia la più utile per arginare lo spreco del cibo. Ulteriori misure di sensibilizzazione 4 italiani su 5 (83%) chiedono di migliorare le indicazioni sulle etichette, il 72% prospetta confezioni più piccole, e cresce la percentuale di chi immagina di applicare tassazioni sulla base di una sorta di ‘sprecometro’: un’ipotesi che raccoglie il 54% del consenso.

Ma di queste e di molte altre azioni aantispreco alimentare, ne parleremo nel prossimo articolo, dedicato esplicitamente al “che cosa fare per ridurre lo spreco di cibo?” A presto, allora.

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