sicilia

Quando a partire dalla fine del Settecento i viaggiatori impegnati nel Grand Tour cominciarono ad approdare in Sicilia, provenienti da Napoli e da Roma, prima ancora da Firenze, la consideravano un luogo ancestrale, una vera e propria terra del mito, e ne avevano ben donde.

Qui infatti, più che altrove, una natura straordinariamente ricca e rigogliosa, varia e cangiante nel suo manifestarsi, determinò prima l’attenzione e poi la conseguente colonizzazione da parte di svariati gruppi etnici. In particolare la colonizzazione greca, cominciata nell’ottavo secolo a.C., vi lasciò una traccia indelebile, con la fondazione di potenti e bellicose città stato quali ad esempio Siracusa e Akragas (Agrigento).

I miti greci

Molti ignorano che la Sicilia rappresentò per i greci un fantastico punto di approdo, quasi magico, tanto da finire per essere il luogo dove molti miti appartenenti a questa cultura trovarono la loro naturale ambientazione. Intorno al 734 a.C. i greci provenienti da Calcide in Eubea si stanziarono a Naxos, che fu la prima colonia siciliana e che sarebbe stata conquistata qualche secolo dopo da Siracusa. I suoi abitanti si trasferirono allora sul monte Tauro fondando Taormina, che avrebbe dato i natali a Timeo, uno degli storici greci più importanti dell’epoca.

Secondo la tradizione questa era la costa dei ciclopi, giganti con un occhio solo dediti alla pastorizia, e tra essi ci sarebbe stato il celebre Polifemo, protagonista con Ulisse di un famoso passaggio dell’Odissea di Omero. Polifemo si era innamorato in gioventù di una bella nereide, una ninfa marina, di nome Galatea, la quale però ne avrebbe respinto le attenzioni in quanto segretamente innamorata di un giovinetto di nome Aci. Un giorno il ciclope avrebbe sorpreso casualmente i due mentre in un bosco facevano l’amore andando su tutte le furie e scagliando un’enorme roccia sul giovinetto, che ne rimase schiacciato mentre Galatea fuggiva nel mare. Ecco perché oggi tanti comuni di quella zona presentano il suffisso Aci nel loro nome: Acireale, Aci Castello, Aci Trezza.

Quest’ultima è nota perché Giovanni Verga vi ambientò i Malavoglia e presenta intorno alla riva una sorta di semicerchio di enormi faraglioni, che secondo la tradizione sarebbero stati lanciati dallo stesso Polifemo contro Ulisse in fuga, dopo l’inganno perpetrato ai danni del ciclope e raccontato da Omero. Lo stesso Ulisse aveva precedentemente incontrato la maga Circe e questa gli aveva preannunciato gravi pericoli nell’attraversamento dello stretto di Messina. Da una parte Scilla, un mostro con sei teste, dall’altra Cariddi ossia un enorme gorgo d’acqua capace periodicamente di inghiottire ogni cosa. Ne seguirà un terribile naufragio e Ulisse afferrando un pezzo di chiglia si metterà in salvo, avvicinandosi però pericolosamente al terribile gorgo. Tuttavia i rami di un enorme fico e una coincidenza fortunata gli eviteranno la morte e le acque lo trascineranno per giorni, prima di essere raccolto da Calipso nella sua isola, oggi identificata con l’isola di Pantelleria.

Naturalmente anche l’Etna, il grande vulcano siciliano, stimolò l’immaginazione degli antichi greci. Zeus vi avrebbe seppellito il mostro Tifone dopo un epico scontro, mentre il dio fabbro Efesto avrebbe scelto il vulcano come sua dimora e qui vi batteva e ribatteva incessantemente il metallo, forgiandolo nel fuoco. Un altro mito famosissimo ambientato in Sicilia, questa volta al suo interno, è quello di Persefone, in epoca romana conosciuta come Proserpina, e del suo rapimento. Questa volta siamo vicino Enna, nei pressi del laghetto di Pergusa, alimentato dalla pioggia e da sorgenti sotterranee e ritenuto una delle vie di accesso agli inferi. Da qui sarebbe sbucato furtivamente Ade, fratello di Zeus e signore degli inferi, per rapire la giovane figlia di Demetra intenta a raccogliere fiori e farla sua sposa. Si tratta dell’episodio immortalato da Gian Lorenzo Bernini nel celebre gruppo scultoreo della Galleria Borghese di Roma. L’episodio precipiterà la madre Demetra, dea delle messi e dei raccolti, in una profonda depressione e la Terra vivrà una paurosa carestia, costringendo Zeus ad intercedere e a trovare un compromesso. Per tre mesi ogni anno, d’inverno, Persefone si sarebbe seduta accanto al suo sposo sul trono infero, per i restanti sarebbe tornata a vivere con la madre e gli altri dei, ed è questo il periodo in cui la natura torna a germogliare e fiorire.

I templi e le tombe

In cima al monte San Giuliano, presso Erice, a 750 metri di altezza, sorgeva invece uno dei templi dedicati ad Afrodite più importanti dell’antichità, che sorvegliava imperioso il tratto di mare che congiunge la Sicilia all’Africa. Oggi le sue fondamenta rappresentano solo un’impronta della fortezza normanna, sopra una terrazza che sarebbe stata ottenuta rinforzando lo sperone di roccia grazie all’opera del celebre Dedalo, ingegnere di Minosse scappato in Sicilia. Secondo il mito Enea, il protagonista della principale opera di Virgilio, nato da una passione tra la stessa Afrodite e il padre Anchise consumata in segreto in una casupola di pastori, avrebbe sepolto il padre, portato in spalla e salvato dall’incendio di Troia insieme al figlio Ascanio, proprio ad Erice.

Anche il celebre Minosse, re di Creta, sarebbe sepolto in Sicilia. Qui vi aveva inseguito Dedalo, colpevole di aver suggerito a sua figlia Arianna lo stratagemma del gomitolo di filo per permettere a Teseo di guadagnare l’uscita dal celebre labirinto, che lui stesso aveva creato e che ospitava il terribile Minotauro. Raggiuntolo in località Sant’Angelo Muxaro sarebbe però stato tradito dal re sicano Cocalo, che aveva offerto protezione a Dedalo e che fece affogare Minosse mentre se ne stava a mollo in una vasca per un bagno bollente fattogli preparare in segno di ospitalità.

In questa zona della Sicilia vi sono numerose e antichissime tombe di stile minoico-miceneo scavate nella roccia e spesso accompagnate da ricchissimi corredi funebri, forse anche quella del celebre re di Creta. Un’altra celebrità del mondo antico trovò la morte e il riposo eterno in Sicilia, vale a dire il grande matematico Archimede, a servizio della potente città stato di Siracusa, per la quale aveva ideato incredibili sistemi di difesa. I Romani però, dopo un lungo assedio, riuscirono alla fine a penetrarvi nel 212 a.C. grazie all’aiuto di un disertore. Ne seguirono saccheggi e devastazioni. Il console Marcello aveva dato ordine di risparmiare Archimede, ma un soldato romano penetrando in una casa vi trovò un vecchio che stava esaminando delle figure, concentrato su un foglio, e lo uccise. Secondo Tito Livio Archimede avrebbe intimato invano prima di morire al soldato: “Per piacere, fammi finire la dimostrazione!”

La Sicilia, una terra mitica dunque, raccontata da Guido Guidorizzi e Silvia Romani nel libro La Sicilia degli dei, l’ennesimo esempio di quel rapimento mistico che la natura può generare negli uomini e perpetuare nel tempo.

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