giappone

La notizia è recente ed arriva durante gli incessanti tentativi del governo e dei suoi sostenitori di forzare la transizione energetica italiana indirizzandola verso il nucleare. Dopo decenni di inerzia nei confronti delle rinnovabili, la situazione in Ucraina, la dipendenza dal gas e petrolio russi e l’Italia che torna ad aprire gli impianti a carbone, il Giappone invece preferisce tentare di dominare la forza del mare a proprio favore. Il risultato è un nuovo impianto di produzione di energia rinnovabile cosiddetta mareomotrice.

Consci dei pericoli associati alla produzione di energia nucleare (dopo l’incidente alla centrale di Fukushima), non solo per quanto riguarda gli errori umani ma anche quelli derivanti da disastri naturali come terremoti, maremoti et cetera, i Giapponesi hanno già iniziato un graduale spegnimento delle proprie centrali nucleari. Dei 60 reattori nucleari esistenti, 3 sono spenti per manutenzione (Centrale Tomari), 18 sono già stati dismessi e 7 lo saranno nei prossimi 15 anni. Il prossimo passo della transizione energetica giapponese comprende anche la produzione di energia elettrica utilizzando il moto delle maree.

Il Kairyu

Il Kairyu è un sistema di produzione dell’energia dal moto nelle maree ed è situato a Kagoshima, la prefettura più meridionale all’interno del corpo principale dell’arcipelago giapponese. Il progetto ha avuto il via libera nel 2017, dopo che il corpo scientifico ha dimostrato la capacità della prima turbina da 100 kW di produrre energia con una corrente di 1,5 metri al secondo, ossia 3 nodi o 5 km/h. Il Kairyu è composto da un’ancora fissata sul fondale e da una turbina collegata all’ancora attraverso una corda metallica. La turbina sfrutta la corrente del Kuroshio (黒潮 , letteralmente corrente nera) per produrre energia elettrica, che viene portata alla costa mediante un cavo sottomarino. All’occorrenza può essere spento e quando necessita di manutenzione, viene portato a galla estendendo ulteriormente la corda.

In seguito alla dimostrazione, la IHI Corporation ha valutato la viabilità economica del progetto ed ha investito 650 milioni di Yen, ovvero 5 milioni di euro, per la costruzione di una turbina da un Megawatt/ora. Questo primo progetto è però solo il primo di una serie, visto che l’intenzione sarebbe quella di sfruttare totalmente il potenziale di tale corrente del Kuroshio, stimata all’incirca in 200 Gigawatt/ora di energia pulita e rinnovabile fino a quando esisterà la corrente marina. Utile pensare che 200 Gigawatt sono l’equivalente del consumo medio annuo di 80 mila famiglie, ossia fino a 320 mila persone. Tale quantità di energia pare essere equivalente anche al 50% dell’intero fabbisogno energetico giornaliero del Giappone.

E in Italia?

Insomma, inutile dire che non vi sia un grande potenziale per il Giappone. Ciononostante, è rilevante ricordare che la produzione di energia non necessita di una eccessiva forza, visto che le stesse dimostrazioni erano calibrate su un flusso di 5 km/h. Aspettiamo quindi speranzosi simili progetti per il nostro paese, visto che abbiamo più di 7500 km di costa e visto che buona parte della nostra popolazione abita nei pressi di essa. Sebbene i nostri critici, tra cui il Ministro per la Transizione Ecologica Cingolani, continuino a sostenere falsamente che siamo antitecnologici e che l’unica via per il futuro sia il nucleare, la produzione di energia rinnovabile non riguarda solamente il fotovoltaico e l’eolico (ossia la solita coppia dei pannelli e delle pale), ma qualunque fonte di energia abbondante su questo pianeta. L’abbondanza e la continua creazione di una fonte di energia è appunto ciò che rende una risorsa rinnovabile e potenzialmente sostenibile, e nelle mani dell’arte tecnica riponiamo l’ambizioso fine di catturare tale energia, che sia sfruttandone il moto delle onde o qualsiasi altro metodo ingegnoso.

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