siccità

Il 17 giugno ricorre la giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità. Una situazione critica sia a livello mondiale che nazionale: oltre metà dell’umanità soffre di carenza d’acqua per almeno 1 mese all’anno, e le foto in secca del Po di questi giorni annunciano come il nostro paese si stia sempre più inserendo in questo trend a causa della crisi climatica.

La situazione a livello globale

Circa 4 miliardi di persone (su 7,8 miliardi di esseri umani sulla Terra) sperimentano già una grave carenza d’acqua per almeno un mese all’anno. Sempre più persone (circa 700 milioni) soffrono periodi di siccità più lunghi rispetto al 1950, e le stime predicono che la popolazione globale esposta a siccità estrema ed eccezionale aumenterà dal 3% all’8% nel ventunesimo secolo. Infatti, come ricorda il Wwf Italia, negli ultimi due decenni il tasso globale di perdita di massa dei ghiacciai ha superato 0,5 metri di acqua equivalente per anno.

Una situazione che ovviamente si ripercuote anche sull’agricoltura: a livello globale, tra il 1983 e il 2009, circa tre quarti delle aree coltivate (454 milioni di ettari) hanno subito perdite di rendimento indotte dalla siccità meteorologica, con perdite di produzione cumulative corrispondenti a 166 miliardi di dollari. Ma non solo: anche la produzione energetica ne risente. La produzione globale idroelettrica infatti ha subito una riduzione dal 4 al 5% dei tassi di utilizzo delle installazioni durante gli anni di siccità rispetto ai valori medi dagli anni ’80.

Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), la siccità ha colpito in particolare alcune zone negli ultimi sette anni, tra cui il Corno d’Africa, il Canada, gli Stati Uniti occidentali, l’Iran, l’Afghanistan, il Pakistan e la Turchia, dove vi sono state le temperature medie più calde mai registrate. Il Sud America è un’altra area particolarmente colpita, dove la siccità ha causato ingenti perdite agricole e ha interrotto la produzione di energia e il trasporto fluviale.

I danni per l’Italia e l’agricoltura

La grande sete assedia città e campagne anche in Italia, con autobotti e razionamenti in case, orti e giardini, il Po in secca come mai negli ultimi 70 anni, i laghi svuotati e i campi arsi dove la siccità ha già provocato danni per due miliardi di euro. È il drammatico bilancio stilato dalla Coldiretti che ha disegnato la prima mappa della sete da nord a sud dell’Italia, con il taglio dei raccolti in un momento in cui il Paese avrebbe bisogno di tutto il suo potenziale alimentare per fare fronte agli effetti sui prezzi della guerra in Ucraina. Uno scenario rovente che peggiora con l’ondata di calore che porta le temperature sui 40 gradi con le falde sempre più basse mentre orti e giardini restano senz’acqua e in certi comuni viene razionata quella dei rubinetti.

Dalla Lombardia alla Sicilia, dal Piemonte al Molise, dal Veneto al Lazio, dalla Toscana alla Puglia la siccità stringe in una morsa i campi e i raccolti di quest’anno in Italia. La situazione è difficile lungo tutta la Penisola in un 2022 segnato fino ad ora da precipitazioni praticamente dimezzate che ha portato a cambiare anche le scelte di coltivazione con – evidenzia la Coldiretti – un calo stimato di diecimila ettari delle semine di riso. A preoccupare è la riduzione delle rese di produzione delle coltivazioni in campo come il grano che fa segnare quest’anno un calo del 15% delle rese alla raccolta, ma in difficoltà ci sono girasole, mais, e gli altri cereali, i  foraggi per l’alimentazione degli animali e di ortaggi e frutta che hanno bisogno di acqua per crescere. Con il picco del caldo da bollino arancione in molte città e la carenza idrica, rischia di aumentare la dipendenza dall’estero da dove arriva il 64% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 47% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 44% del grano duro per la pasta e il 27% dell’orzo.

Un settore in sofferenza

In Italia poi vi è il grave problema della situazione del nostro servizio idrico, che fa letteralmente acqua da tutte le parti. Lo stato delle infrastrutture in Italia è particolarmente critico: le perdite degli impianti di distribuzione ammontano al 42% (in Francia al 20%, in Germania all’8%). Il 36% della rete idrica ha un’età compresa tra 31 e 50 anni, il 22% ha più di 50 anni. Persistono, poi, i ritardi nell’adeguamento dei sistemi di fognatura e depurazione che hanno portato il nostro Paese a essere soggetto a onerose procedure di infrazione europee. Questa condizione è il risultato dei bassi livelli di investimento storici del settore che, nonostante una crescita degli ultimi anni, restano sottodimensionati rispetto ai fabbisogni: la spesa per investimenti nel settore idrico italiano è ben più bassa di quella registrata nella media dei Paesi europei (49 euro vs 90 euro per abitante nel biennio 2020-2021) e tocca livelli particolarmente bassi per le gestioni direttamente in capo agli enti locali.

Che fare?

Secondo il Wwf Italia, la prima cosa da fare è adoperarsi per limitare il riscaldamento globale a 1,5 C, come previsto dall’Accordo di Parigi, abbattendo le emissioni di gas serra, abbandonando i combustibili fossili e puntando su fonti rinnovabili, risparmio, efficienza energetica e decarbonizzazione in tutti settori. Quindi adottare soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions), rivedere tutte le concessioni idriche (agricole, industriali, civili), riducendole in funzione delle effettive disponibilità, ridurre gli sprechi.

Riguardo il caso italiano, come afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che ha incontrato il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli e quello della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, in questo scenario di profonda crisi idrica è necessario agire nel breve periodo per definire le priorità di uso delle risorse idriche ad oggi disponibili, dando precedenza al settore agricolo per garantire la disponibilità di cibo, prevedere uno stanziamento di risorse finanziarie adeguate per indennizzare le imprese agricole per i danni subiti a causa della siccità e favorire interventi infrastrutturali di medio-lungo periodo volti ad aumentare la capacità di accumulo dell’acqua e della successiva ottimizzazione nella gestione.

Per le problematiche del servizio idrico, siamo in un momento storico particolarmente favorevole per realizzare gli investimenti necessari e superare definitivamente gli ostacoli che ancora ne limitano le potenzialità. Due le principali opportunità: usare efficacemente i 3,5 miliardi messi a disposizione dal PNRR e intercettare l’espansione della finanza green, puntando sulla riqualificazione ed efficienza del settore per renderlo veramente sostenibile e a prova di sprechi.

Il commento di Europa Verde

“Siamo di fronte a una catastrofe idrica che è conseguenza inequivocabile del cambiamento climatico di cui tutti straparlano ma facendo ben poco per arginarlo,” ha dichiarato il co-portavoce nazionale di Europa Verde Angelo Bonelli. “Il Po è in secca, – spiega l’ecologista, – e l’acqua è già razionata per 128 Comuni padani, nel Lazio la situazione è molto grave e, tra 10 giorni, se la situazione non cambierà, l’acqua dovrà essere razionata anche qui. Nel frattempo, con il DDL Concorrenza, il Governo ha pensato di sabotare i referendum sull’acqua pubblica, ostacolando la gestione in house da parte dei Comuni. In Italia, la destra, sostenuta dal ministro Cingolani, ostacola le politiche sul clima addirittura parlando di ‘bagno di sangue’ non curandosi del dramma che abbiamo oggi di fronte ai nostri occhi: la siccità e la desertificazione in Italia”.

“Il ministro Cingolani blocca le auto elettriche, sostiene il nucleare che, senza acqua, si ferma proprio come si stanno fermando le centrali termoelettriche. Per lui, chi si occupa di rinnovabili è un lobbista mentre ENI e le altre multiutility dell’energia sono dei benefattori che in soli sei mesi hanno realizzato extra profitti per 40 miliardi di euro, mandando sul lastrico famiglie e imprese. Questo accade mentre il PNRR col quale il Paese avrebbe dovuto superare la crisi pandemica e diventare resiliente rispetto a eventuali crisi future, prevede un investimento per soli 900 milioni di euro sulle reti idriche colabrodo. Chi parla, come fa il ministro, di rallentare le decisioni sul clima, – conclude Bonelli, – sta rubando il futuro ai giovani e li condanna a vivere in condizioni inaccettabili.

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