Un recente studio condotto da 11 ricercatori di Enea – l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – e pubblicato su ScienceDirect dell’editore olandese Elsevier, ha calcolato l’aumento del rischio di mortalità, collegato alle temperature e all’inquinamento: Roma e Milano fanno segnare, rispettivamente, il +8% e +6%.
Morire per le alte temperature. Morire per l’inquinamento.
Il rischio mortalità, per il 2050, è previsto in aumento a Roma e Milano, rispettivamente dell’8% e del 6%, proprio per effetto di una combinazione di temperature crescenti, dovute al cambiamento climatico, e della concentrazione di inquinanti nell’aria, come l’ozono e il PM10. E’ questo il quadro, tragico degli anni che verranno, che emerge dallo studio “Climate change and air pollution: translating their interplay into present and future mortality risk for Rome and Milan municipalities” realizzato da 11 ricercatori ENEA provenienti da quattro diversi laboratori[1]. La crisi climatica – ormai è sempre più evidente ed inconfutabile (recentissimi i drammatici esempi di India e Pakistan e di tutta l’Asia Minore (con temperature che hanno raggiunto i 50° C colpite, a partire dal mese di marzo, da condizioni di caldo estremo per intensità e durata) – rende la vita umana sempre più proibitiva: non solo l’ambiente e gli ecosistemi, ma anche i loro abitanti, fanno e faranno sempre più le spese di questa crisi. Fattori come smog e le temperature sempre più alte rischiano di far aumentare il numero di decessi e non soltanto in Paesi lontani India e Pakistan.
Se non saremo capaci di combattere con efficacia e serietà la crisi climatica, anche in Italia “siamo destinati a morire letteralmente a causa del caldo e dello smog”, con centinaia di decessi a Roma e Milano nei prossimi decenni.
La ricerca in Italia
“Per il nostro studio abbiamo selezionato Roma e Milano per la popolosità e per le differenti condizioni climatiche, socio-economiche e di inquinamento. Roma ha temperature più miti, un basso livello di umidita e alti livelli di ozono, mentre Milano, che si trova in una delle aree più inquinate d’Europa come la Pianura Padana, e esposta a temperature più fredde, ha un tasso di umidita più alto e venti più moderati, insieme ad alti livelli di Pm10. Queste sono tutte condizioni che possono avere un impatto significativo sulla salute e sul rischio di mortalità. Infatti, il particolato atmosferico e riconosciuto come agente cancerogeno e rappresenta la prima causa ambientale di mortalità: secondo l’Oms il numero di decessi da inquinamento dell’aria e raddoppiato dal 1990 al 2019 raggiungendo i 4,5 milioni di morti, di cui il 92% a causa del particolato atmosferico e l’8% per l’ozono“, ha sottolineato Maurizio Gualtieri, ricercatore del laboratorio inquinamento atmosferico dell’Enea.
Per la realizzazione di questo studio, il team di ricercatore di ENEA, ha utilizzato e messo a punto un modello di calcolo che integra simulazioni climatiche e di qualità dell’aria (FARM), a livello regionale con una risoluzione spaziale di 20 km2, ossia un dettaglio spaziale molto elevato, che ha consentito di valutare realisticamente la mortalità a livello di area metropolitana in Italia, attraverso modelli statistici di epidemiologia ambientale. ENEA, infatti, possiede storicamente competenze di eccellenza sui modelli di cambiamento climatico, di dispersione degli inquinanti in atmosfera e di epidemiologia ambientale e, da alcuni anni, questi tre strumenti modellistici sono utilizzati in integrazione crescente per l’analisi e la valutazione degli impatti sulla salute umana e sugli ecosistemi, come confermato, appunto, anche il presente.
“Abbiamo così ottenuto una migliore comprensione degli effetti combinati del clima e dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana al 2050, utilizzando come riferimenti due scenari IPCC che presuppongono, entro il 2100, un aumento della temperatura media globale che oscilla tra 0,4 e 0,8 °C nello scenario più ‘sostenibile’ (RCP2.6) e 3,3 – 4,9 °C nello scenario meno sostenibile di business as usual (RCP8.5)”, spiega Melania Michetti, ricercatrice ENEA, divisione Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali.
“Oltre al miglioramento della definizione spaziale, abbiamo compiuto un ulteriore avanzamento con l’analisi degli effetti ritardati sulla salute umana per ciascuna città e per variabile di esposizione, ossia temperatura, ozono e particolato. Un punto di forza del modello, con cui è stato possibile calcolare fino a quanti giorni dopo il verificarsi di un evento meteoclimatico o di inquinamento la popolazione esposta ne subisce le conseguenze. Per entrambe le città il risultato è fino a 20 giorni per la temperatura e fino a 3 giorni per ozono e PM10[2]. Questa metodologia, che è piuttosto versatile e potrebbe essere applicata a tutte le città italiane per specifici orizzonti temporali e scenari emissivi futuri, può essere estesa alla valutazione di altri inquinanti o indicatori di temperatura”, conclude Michetti.
Gli effetti negativi
Sebbene il riscaldamento globale possa portare a condizioni che – a prima vista – potrebbero apparire vantaggiose a livello locale, come inverni meno rigidi e produzioni alimentari in aumento, complessivamente, gli effetti su scala planetaria sono, in realtà, molto negativi perché determinano profonde e continue alterazioni degli ecosistemi naturali, eventi meteorologici estremi e impatti sulla salute umana, proprio come quelli studiati dai ricercatori ENEA.
L’esposizione alle alte e alle basse temperature, infatti, costituisce uno dei fattori di stress più preoccupanti perché causa un aumento della mortalità, in particolare tra i soggetti più vulnerabili della popolazione (es. gli over 85), generando un’ampia gamma di effetti sulla salute: dallo stress da caldo/freddo, colpi di calore e disidratazione, all’insorgenza o il peggioramento di patologie respiratorie e cardiovascolari.
Secondo lo studio ENEA, realizzato grazie all’uso del super computer CRESCO, la fotochimica dell’atmosfera potrebbe, giocare un ruolo importante nell’aumentare il carico di mortalità estiva, in quanto l’ozono troposferico secondario (O3) raggiunge il picco nei mesi più caldi. E così, nei prossimi decenni la città di Roma potrebbe raggiungere i 591 decessi l’anno durante i mesi estivi (l’8% in più rispetto ai decenni precedenti) a causa delle alte temperature e di una concentrazione di ozono troposferico (O3) al di sopra del valore limite per il danno alla salute umana (70 μg/m3); in particolare, il numero di decessi dovuti alle temperature più alte (principalmente in estate) tra gli over 85, al 2050, è stimato in 312 casi su 1.398 annuali (22%). Sempre sulla base dei calcoli elaborati dai ricercatori ENEA, si stima che, a Milano la mortalità tenderà ad essere più alta durante il periodo invernale – 1.787 decessi su 1.977 complessivi, pari al 90 % – a causa del clima più rigido, delle maggiori concentrazioni di Pm10 (oltre la soglia giornaliera di 50 μg/m3 fissata dalla direttiva Ue sulla qualità dell’aria), per effetto delle maggiori emissioni da combustione e di condizioni atmosferiche stagnanti, conseguenza della specifica geomorfologia e localizzazione di Milano. In una specifica nota dell’agenzia è detto che “Sebbene il riscaldamento globale possa portare a condizioni che sembrerebbero vantaggiose a livello locale, come inverni meno rigidi e produzioni alimentari in aumento, nel complesso gli effetti su scala planetaria sono molto negativi in quanto comportano alterazioni degli ecosistemi naturali, eventi meteorologici estremi e impatti sulla salute umana come quelli studiati dai ricercatori Enea“.
Ma è (ancora) possibile fare qualcosa per “riscrivere il futuro?”
I risultati dello studio evidenziano, quindi, l’urgente necessità di adottare politiche più rigorose e integrate in materia di qualità dell’aria e contrasto al cambiamento climatico, con il contenimento dell’aumento della temperatura media globale al di sotto di 1,5 °C entro il 2100, che permetterebbero di ridurre il numero di decessi di 8 volte a Roma e di 1,4 volte a Milano rispetto al periodo 2004-2015[3], senza dimenticare che il costante calo della natalità e l’aumento della longevità tipico dei paesi occidentali potrebbero favorire una maggiore vulnerabilità della popolazione italiana ai fattori di stress ambientale e climatico futuri.
In conclusione, sebbene permanga un’incertezza relativamente agli inquinanti atmosferici nei futuri scenari climatici RCPs (a livello globale, il tasso di mortalità dovuto all’ozono e al PM è in diminuzione dal 2010, WMO 2021b), i ricercatori ENEA ritengono che i risultati ottenuti con lo studio permettano, in ogni caso, di valutare l’impatto potenziale di un ambiente che muta. Questi risultati suggeriscono che una politica climatica più rigorosa e coordinata a livello internazionale può portare a significativi co-benefici nell’inquinamento atmosferico, oltre a raggiungere gli obiettivi climatici e a contenere il riscaldamento globale. In effetti, per dare priorità alla salute e al benessere di tutte le popolazioni e ridurre le pressioni sui bilanci sanitari nazionali, gli obiettivi climatici dovrebbero essere raggiunti migliorando la qualità dell’aria, e viceversa.
Tenendo in considerazione il fatto che, purtroppo, i cambiamenti climatici e la cattiva qualità dell’aria potrebbero rimanere una causa primaria di morte anche nel prossimo futuro, l’approccio e l’analisi utilizzati nello studio, dicono i ricercatori “dovrebbero essere applicate ad altre città italiane ed europee per comprendere meglio i potenziali impatti – combinati sulla salute – dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento atmosferico. Questo è fondamentale per identificare misure di adattamento concrete e per consentire la capacità di adattamento, soprattutto per le popolazioni più vulnerabili”.
[1] I laboratori di ENEA coinvolti nello studio sono stati: Modelli e Tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali, Modellistica Climatica e Impatti, Inquinamento Atmosferico e Salute e Ambiente.
[2] Nel dettaglio, a Roma gli effetti sulla salute si registrano fino a 15 giorni per la temperatura, fino a 3 giorni per l’ozono e fino a 2 giorni per il PM10. A Milano, fino a 20 giorni per la temperatura e fino a 2 giorni per l’ozono e il PM10.
[3] Dal 2004 al 2015 il numero complessivo di decessi per cause naturali è stato 299.493 a Roma e 155.734 a Milano con medie annuali rispettivamente di 24.958 e 12.978. Se si considerano le popolazioni residenti (Roma 2.724.893; Milano 1.304.003), i livelli storici di mortalità appaiono simili: in media, sia a Milano sia a Roma muoiono circa 1.000 persone ogni 100.000 abitanti ogni anno per cause naturali. In entrambe le città, l’attuale carico di mortalità (storico) è più elevato per le temperature fredde (>80%) che per quelle calde e gli over 85 si caratterizzano come la classe di popolazione più vulnerabile agli effetti combinati di inquinamento atmosferico e cambiamento climatico. Le due città mostrano valori medi annuali comparabili per la temperatura (Roma 16,02 °C; Milano 13,48 °C) e O3 (Roma 71.18 μg/m3; Milano 72.16 μg/m3), ad eccezione del PM10 (Roma 26.68 μg/m3; Milano 39.1 μg/m3).