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Dopo la notizia di qualche giorno fa sul raddoppio dell’uso di biciclette per il percorso casa-ufficio, una nuova buona notizia vi è sul graduale rimpiazzo del trasporto a carburante fossile. La plenaria dell’Europarlamento ha votato circa il blocco della vendita di motori endotermici (a benzina, diesel e gpl) dal 2035, con 339 voti a favore, 249 voti contro e 24 astenuti. Inoltre, è stato rigettato l’emendamento del Ppe che prevedeva la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, portandolo dal 100% di riduzione al 90%. Unica eccezione per i produttori di nicchia, ossia quelle aziende che vendono fino a 10 mila auto l’anno o 22 mila furgoni. Per questi ultimi la deroga è più flessibile, ma sono essenzialmente le aziende che producono auto di lusso, il cui mercato è quindi molto più limitato.

Le reazioni

La notizia del fermo alla vendita, però, non è stata accolta volentieri da molti degli industriali e dei ministeri in contatto con questi. Gilberto Pichetto, viceministro allo sviluppo economico, dichiara “Bisognava ridurre le emissioni in modo graduale tenendo conto della realtà che stiamo vivendo”. In realtà, la graduale riduzione delle emissioni non è notizia dell’ultim’ora, ma il primo documento europeo in materia risale al 2009, e prevedeva tagli alle emissioni delle automobili e nel 2011 obbligava lo stesso per gli altri veicoli leggeri, come furgoni e camioncini. Il sistema poi anticipava già una futura ulteriore riduzione dal 2020 in poi, confermata proprio dalla commissione europea con il regolamento 631 del 2019. Le riduzioni qui previste già andavano incontro alle richieste delle lobby delle automobili, visto che introducevano riduzioni del 15% ogni cinque anni invece che immediatamente, dando quindi alle industrie tempo per adattarsi alle nuove regole di mercato.

Un’altra voce dissonante è quella di Gianmarco Giorda, Direttore dell’ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), il quale afferma “L’elettrico a oggi non è in grado di compensare la perdita di posti di lavoro, non basta costruire colonnine di ricarica o altri componenti. Servono piuttosto azioni per portare in Italia pezzi di filiera legati alla produzione di batterie per le auto elettriche”. Riprendendo però i regolamenti prima citati, è importante capire che le riduzioni non presumevano solo la vendita di mezzi dotati di motori meno inquinanti. La vendita di macchine non inquinanti, ossia elettrico ed idrogeno, erano un modo per diminuire la media di emissioni, rispettando così il regolamento. Insomma, già dal 2009 le varie imprese erano al corrente di dover diversificare nel tipo di motori da vendere, ed avevano così tutta la possibilità di investimento nella ricerca e nello sviluppo di una filiera di approvvigionamento e produzione.

Uno sguardo al futuro

Come al solito, non solo chi non fa i compiti a casa non lo vuole ammettere, ma vuole addirittura persuadere di avere ragione e che la maestra è troppo severa. A questo proposito commentano i due portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli ed Eleonora Evi, in un comunicato: “Non è più tempo di crogiolarsi sullo status quo come la destra, in Italia, ha sempre fatto e continua a fare. La decisione assunta a livello europeo rispetto allo stop alle auto a motore termico è una vera e propria rivoluzione industriale alla quale tanti Stati membri lavorano già da decenni, ravvivando un settore in crisi e potenziando la ricerca sulle nuove tecnologie. Oggi, con le risorse che l’Unione ci mette a disposizione e con i cambiamenti climatici che mordono alle calcagna il Paese, non possiamo permetterci un atteggiamento conservatore. Ne va del nostro futuro e di quello dei nostri figli e nipoti”.

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