ulivi
Olive plantation with many trees.

Xylella fastidio: il batterio killer

Xylella fastidiosa è un batterio fitopatogeno che si annida nei vasi xylematici, che sono strutture della pianta in cui scorre l’acqua che dalle radici giunge alle foglie per innescare la fotosintesi clorofilliana. Tale batterio vive anche negli insetti vettori in quanto essi riescono a prelevare il parassita dallo xylema delle piante ed a trasportarlo da una pianta ad un’altra. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (ESFA) ha iniziato ufficialmente a parlare di questo problema in Puglia a partire dal settembre 2013, ma già c’erano state precedenti osservazioni e segnalazioni del fenomeno del disseccamento degli ulivi nel territorio salentino. Rapidamente la locale Coldiretti ha dato l’allarme segnalando circa 1 milione di alberi coinvolti ed un miliardo stimato in termini di danno economico. Altrettanto rapidamente, nell’ultimo decennio, è diventata opinione diffusa che la causa di tale evento fosse attribuibile all’infezione da Xylella ma, a tutt’oggi, non esiste su questa affermazione un consenso unanime ed alcuni esperti affermano che non esistono prove scientifiche incontrovertibili a sostegno del nesso causale tra Xylella e disseccamento degli ulivi. Infatti, la Xylella è presente solo nel 1,5-1,8% degli alberi disseccati e studiati con analisi batteriologiche.

Le misure di contenimento

Certo è che gli esperti ESFA hanno affermato che non c’è disponibilità di cura per gli ulivi malati e le Autorità Europee, nel timore di un rapido diffondersi del presunto contagio da Xylella, hanno imposto misure draconiane nel tentativo di contenere l’infezione. Tali misure prevedono l’eradicazione delle piante infette, l’impiego d’insetticidi per contenere l’insetto vettore, la pulizia meticolosa delle erbe tra gli alberi ed eradicazione delle piante vicine, anche se apparentemente sane nel raggio di 100 m.

Queste drastiche misure di contenimento hanno sollevato la vibrata protesta delle comunità locali contro l’abbattimento degli ulivi. In Puglia l’ulivo è anche identità, non a caso il simbolo della regione è un albero d’ulivo su sfondo bianco, nella antica Grecia chi abbatteva un ulivo era condannato alla pena capitale ed anche in Puglia, regione della Magna Grecia, esiste un legame storico-culturale profondissimo con la coltivazione dell’ulivo e non è raro trovare alberi pluricentenari ancora vigorosi e produttivi, che sono considerati parte essenziale della storia delle famiglie contadine del posto.

Proposte alternative

Del resto, non tutti gli esperti agronomi concordano sulla necessità dell’eradicazione, ad esempio il Prof. Muti, Microbiologo del Suolo dell’Università di Pisa, afferma che sia in Toscana che in Francia, zone in cui la Xylella è endemica, l’espianto non viene eseguito e che bisogna imparare a convivere con il patogeno. Allo scopo di verificare tale tesi sono stati approntati alcuni  “campi di sperimentazione “ a Cisternino, Monopoli, Trepuzzi e Galatone e ci si è resi conto che non sempre il disseccamento è provocato dalla Xylella ma potrebbe essere collegato ad una fitotossicità correlata all’uso estensivo di alcuni erbicidi, glifosato in testa, ed all’abbandono pluridecennale nel nome della produttività a breve termine e della competitività aziendale  di alcune buone pratiche agricole quali la potatura a regola d’arte, la consociazione tra coltura dell’Ulivo e le Leguminose con sovescio di quest’ultime per fertilizzare il suolo, la ripulitura del legno marcio e delle radici (slupatura).

Il legame con l’emergenza climatica

Quindi sembrerebbe che l’azione patogena della Xylella è stata enormemente facilitata dalle errate condizioni di gestione del territorio. Ma perché il Salento risulta essere l’area più colpita? Il Dott. P. Perrino, Genetista CNR Bari, segnala che in Salento la desertificazione, correlata all’emergenza climatica in atto, è più avanzata che in altre aree della Puglia e quindi le condizioni del suolo sono più scadenti, manca la biodiversità vegetale rispetto alle altre provincie pugliesi, in Salento si riscontra maggior inquinamento con acqua di faglia contaminata da glifosato in provincia di Lecce. Altra criticità, continua il Professore, è rappresentata dal maggior impiego di erbicidi, a partire dai dati noti sin dal 2003, nel leccese e nel brindisino rispetto alle alte province pugliesi. Gli erbicidi distruggono non solo le erbe infestanti ma anche la microflora del suolo e provocano reazioni di ossidazione dei microelementi essenziali alla fertilità del suolo, che invece, per essere fertile necessita di microelementi in forma ridotta e non ossidata.

Le conseguenze per la Puglia

Qui giunti occorre fare una profonda riflessione e renderci conto che la risposta a questo disastro che sta distruggendo gli Ulivi salentini con il rischio di modificare radicalmente in peggio il paesaggio, il lavoro, il senso d’identità e l’economia olearia del Salento non può essere solo una risposta freddamente tecnologica, vale a dire i fertilizzanti di sintesi e nuove cultivar olearie, teoricamente più resistenti all’infezione da Xylella ma meno adatte ai nostri climi e terreni, come la Favolosa, che, tra l’altro necessita, in un territorio già siccitoso di per sé, di una quantità di acqua circa 4 volte superiore a quella richiesta dalle cultivar autoctone. Tra l’altro, è da sottolineare che il valore economico correlato alla crisi degli ulivi salentini si stima essere circa 3,4 miliari di euro, cifra di tutto rispetto che rischia di creare ed alimentare fenomeni speculativi che tendono a favorire un’olivicoltura intensiva di queste nuove cultivar che provocano un eccessivo consumo di acqua, richiedono grossi investimenti iniziali e quindi rischiano di danneggiare ulteriormente il territorio ed i piccoli proprietari.

Tutti noi non dobbiamo dimenticare la dura lezione che ci ha già impartito l’abbandono delle buone pratiche agricole per cercare nei fertilizzanti chimici una comoda ed illusoria scorciatoia nel miraggio di lavorare meno e guadagnare di più. Ogni volta che utilizziamo sostanze chimiche nel nostro ecosistema allo scopo di dirigerne a nostro piacimento gli equilibri non dobbiamo mai dimenticare che non ne conosciamo in modo esaustivo la loro azione biologica, e quindi non conosciamo mai fino in fondo le conseguenze del loro uso….ed i nostri ulivi secolari sicuramente ci consiglierebbero di lasciarle perdere!

3 Commenti

  1. La serietà di un articolo si valuta in base alla bibliografia, che qui è assente, cosa che impedisce una valutazione sull’origine di gran parte delle affermazioni qui riportate.

    Il termine “eradicare”, nella letteratura scientifica, si riferisce unicamente al batterio, mai agli olivi, dato che il suo uso implica non lo stradicare o l’estirpazione di un singolo albero, bensì la completa eliminazione di una specie, sia essa animale, vegetale o batterio, da un dato territorio (cosa che, nel caso della Xylella, è comunque del tutto impossibile, considerato l’alto numero di specie ospiti, oltre all’olivo).

    La Xylella presenta sottospecie diverse, di cui solo la “pauca” produce effetti letali sugli olivi, mentre le altre sottospecie (“multiplex”), che nel frattempo sono giunte in Francia e Toscana attaccano prevalentemente, ma senza esiti altrettanto violenti, la vite e gli agrumi, oltre ad una infinità di altre specie ospiti (così come fa anche la “pauca”, del resto).

    Nel Salento, gli effetti della Xylella sono stati del tutto analoghi tanto nei terreni maltrattati a suon di erbicidi e fertilizzanti, quanto nelle grandi aziende certificate biologiche, quindi …

    Certamente si può invece concordare sul rischio di una oloivicoltura intensiva, ad alto consumo di acqua, in una regione che ne è priva ed in cui le falde presentano una elevata e progressiva salinizzazione: la risposta alla moria degli olivi non potrà certo venire dalla “Favolosa”.

  2. La ringrazio per il suo commento, la fonte è il docufilm: Legno vivo, Xylella oltre il batterio, wisionabile su YouTube.
    Eradicazione è utilizzato in senso generale, visto che, vivendo a Lecce conosco personalmente molti agricoltori che hanno dovuto espiantare i loro ulivi.
    Per quanto riguarda la differenza tra biologico e chimico in olivicoltura è un tema che sto approfondendo ma credo che dissentiro’ da quanto lei afferma. Cordiali saluti Dott ssa Errico

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