“Se capiamo in cosa è sbagliato il modo in cui viene prodotto e mangiato il nostro cibo, avremo anche la chiave per una maggiore libertà e per riappropriarci del gusto dell’alimentazione. È un compito tanto urgente quanto grossa è la ricompensa” (I padroni del cibo – Raj Patel – Economista)
Finalmente anche l’Unione Europea ha deciso di affrontare il tema della deforestazione causata dalla produzione di cibo. Nel novembre del 2021 è stata proposta una legge che regoli le importazioni di materie prime e prodotti derivati per la produzione di cibo che impattino negativamente sugli ecosistemi del nostro pianeta e sui diritti umani.
Ciò che il cittadino europeo porta sulla propria tavola, proviene spesso, con molta probabilità anche a sua insaputa, da produzioni che hanno favorito il disboscamento e lo sfruttamento della manodopera.
L’impatto del cibo sulle foreste
Il 90% della deforestazione mondiale è causata dalle coltivazioni e dagli allevamenti. Ogni anno, dal 2005 al 2017, sono stati cancellati circa 5 milioni di ettari di ecosistemi per far spazio a terreni da coltivare e a pascoli, dal 2004 al 2017 si sono persi circa 43 milioni di ettari di foreste. 420 milioni dal 1990.
L’Unione Europea contribuisce, con i suoi consumi di cibo, a circa il 16% della deforestazione mondiale. In particolare il consumo di soia da parte dell’UE, contribuisce alla deforestazione di circa 90.000 ettari all’anno di foreste, l’olio di palma per circa 70.000 ettari all’anno, 28.000 ettari per il consumo di carne, 22.000 per i prodotti in legno, 17.500 per il cacao, 14.500 per il caffè e così via per tutte quelle produzioni di materie prime e derivati che importiamo e finiscono sulle tavole dei cittadini europei. Circa l’80% della deforestazione dei tropici è concentrata su queste sei merci.
Una deforestazione “esportata”
Le zone del mondo che subiscono maggiormente la deforestazione per favorire le coltivazioni e il pascolo sono ampi territori della foresta amazzonica che si estendo dal Brasile, alla Colombia, al Perù, alla Bolivia e al Venezuela; la foresta del Gran Chaco tra il Paraguay e l’Argentina; la savana del Cerrado e poi ampie zone dell’Africa centro orientale e la foresta pluviale dell’Indonesia. Insomma, gli ecosistemi mondiali più importanti sono tutti annualmente privati di milioni di ettari di foreste, savane, zone umide nella spasmodica ricerca di spazi da destinare alle produzioni agroalimentari con la complicità dei consumatori Europei.
Sugli scaffali dei supermercati dell’UE, la maggior parte dei cibi contribuisce direttamente o indirettamente alla deforestazione, se pensiamo alle merendine e alle creme al cioccolato con olio di palma, alla carne, ai salumi, ai prodotti con la soia, alla frutta tropicale. Le aziende europee dovrebbero contribuire a rendere più sostenibile la loro produzione evitando materie prime e derivati provenienti da zone deforestate e dove sono stati lesi i diritti umani. I consumatori dovrebbero avere più consapevolezza sui cibi che portano sulla loro tavola e preferire quelli più sostenibili, il loro contributo sarebbe notevole.
La proposta
Per far questo la proposta di legge della UE dovrebbe imporre la tracciabilità dettagliata e un’etichetta che indichi chiaramente che i prodotti siano 100% sostenibili. Inoltre sia Greenpeace che WWF non sono soddisfatte da quanto proposto, perché nella legge sarebbero incluse solo le foreste e non le savane, le praterie e le zone umide, sarebbero stati esclusi alcuni prodotti molto impattanti sulla deforestazione come mais e gomma, pelle, carne di suini e polli.
Per questo motivo hanno lanciato delle petizioni online per richiedere all’UE di includere tutti gli ecosistemi, includere tutti i prodotti che contribuiscono alla deforestazione, rispetto dei diritti umani nelle produzioni, monitorare anche le attività finanziarie coinvolte nel finanziamento di aziende che favoriscono la deforestazione, stesse regole per tutte le imprese e misure sanzionatorie.
È importante che intanto l’UE abbia iniziato a confrontarsi su un argomento così importante e così impattante sui cambiamenti climatici, fatte le dovute migliorie, potrebbe essere un grande passo avanti verso un consumo consapevole e sostenibile di cibo e salvare centinaia migliaia di ettari di foreste.