È uscito il sesto report dell’IPCC sulle conseguenze della crisi climatica e sull’adattamento al riscaldamento globale. Ecco la prima parte della nostra analisi.
Fino a 3,6 miliardi di persone vivono già in ambienti particolarmente vulnerabili al cambiamento climatico. Questo tragico ed allarmante dato è quanto di più preoccupante emerge dalla 2a parte del VI e ultimo rapporto di valutazione dell’IPCC “The Sixth Assessment Report, Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability” (Assessment Report AR6), presentato ufficialmente lo scorso 28 febbraio (la prima parte di questo nuovo rapporto – riguardanete lo stato della scienza fisica del sistema e dei cambiamenti climatici, era già stata diffusa ad agosto del 2021) e che giunge ad otto anni dal precedente, dimostra quante cose siano accadute recentemente. Il rapporto si concentra, in particolare, sulle conseguenze della crisi climatica e sull’adattamento al riscaldamento globale, lanciando un avvertimento assolutamente chiaro: i rischi posti dalla crisi climatica alle persone e agli ecosistemi stanno aumentando rapidamente in tutto il mondo. Esso, concretamente, “riassume” (in 3676 pagine !!) lo stato delle conoscenze sulla misura in cui diverse regioni, gruppi sociali ed ecosistemi sono vulnerabili a queste conseguenze e quali opzioni di adattamento sono effettivamente disponibili. Come già per la 1a parte, anche questa seconda parte del Report è opera di centinaia di studiosi che hanno passato al setaccio centinaia di articoli sottoposti a revisione paritaria e altri materiali, e il cui lavoro è stato poi esaminato da colleghi e autorità statali. Ricercatori e funzionari statali si sono poi riuniti per accordarsi su un testo che sintetizzasse le loro scoperte e raccomandazioni.
Questo rende questo sub-rapporto del Gruppo di lavoro II dell’IPCC, ancora più rilevante per la politica, perché dalla compilazione e dall’analisi di tutti i rapporti di ricerca attualiìmente disponibili a livello mondiale, le conseguenze della crisi risultano essere ancora più gravi di quanto ipotizzato in precedenza. Mentre i “rapporti di valutazione” dell’IPCC erano utilizzati, in passato, per fare il punto della situazione su estrapolazioni scientifiche, risultati dei modelli, e analoghi studi relativi a futuri probabili e spaventosi, per la prima volta in assoluto, l’attuale report è stato concepito e realizzato come un documento scritto nel pieno dell’azione, come un’analisi in tempo reale di un presente sempre più sconvolgente.
Cronologia dei Report dell’IPCC
“Gli impatti che stiamo vedendo oggi si stanno verificando molto più velocemente e sono più distruttivi e di vasta portata di quanto previsto 20 anni fa“, afferma il rapporto. Più persone che non possono più guadagnarsi da vivere presso i propri paesi, saranno costrette a migrare ed i governi di trroppi paesi non stanno ancora facendo abbastanza per evitare i pericoli peggiori.
“Al suo livello più elementare, il rapporto IPCC conferma semplicemente quel che sappiamo già: i danni dei cambiamenti climatici sono già tra noi. Ma quel che si sa della crisi in corso, deve essere comunque ribadito” ha affermato Nathaniel Keohane, presidente del Center for Climate and Energy Solutions (C2ES), Istituto ampiamente riconosciuto negli Stati Uniti e a livello internazionale, come una voce leader e indipendente per una politica e un’azione pratica nell’affrontare le sfide energetiche e climatiche del mondo. L’IPCC richiede profondi e rapidi cambiamenti nella società: l’energia deve essere pulita, la consumistica “mentalità dell’usa e getta” deve essere eliminata, le città e l’agricoltura devono essere rese sostenibili, e la mobilità deve essere cambiata: più bicicletta invece di guidare automobili, più viaggi in treno invece che inquinanti voli.
Sistemi bio-ecosistemici al limite della capacità
Nel Summary for Policy Maker, viene detto in modo chiaro che le cose stanno peggiorando, con aumenti osservati di temperature estreme sia sulla terra, che nei mari, di piogge torrenziali, di siccità e di condizioni climatiche favorevoli agli incendi. I cambiamenti climatici stanno colpendo persone, animali e piante, con diffusi spostamenti nelle tempistiche delle stagioni. Metà delle specie che gli scienziati hanno esaminato si stanno spostando verso latitudini più alte e/o altitudini più elevate alla ricerca di temperature meno calde (anche se è possibile che ci sia qualche distorsione: è infatti più facile raccogliere dati per le specie che già si ritengono essere in movimento che non per le altre). Con un aumento delle temperature medio globali comprese tra 1,1°-1,3° C al di sopra dei livelli preindustriali, alcuni sistemi naturali si stanno avvicinando al limite della loro capacità di adattamento (alcune barriere coralline, foreste pluviali, zone umide costiere, ed ecosistemi polari e montani, ecc.) o la stanno addirittura già superando, e molte altre sono seriamente minacciate di estinzione (con un riscaldamento globale di 4° C sopra i livelli preindustriali, il 50 % delle specie animali e vegetali terrestri, potrebbe estinguersi!!). “Per secoli, l’umanità ha trattato la natura come il suo peggior nemico. Eppure, proprio la natura può essere la nostra salvatrice, ma noi dobbiamo prima salvarla“, ha detto Inger Andersen, Direttore Esecutivo del programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP).
Il rapporto IPCC, rileva anche, con una certa sicurezza, che gli aumenti della produttività agricola registrati negli ultimi cinquant’anni sono inferiori a quelli che sarebbero stati ottenuti senza cambiamenti climatici. Ma i cambiamenti non sono tutti lenti e graduali, nel senso che nelle aree del pianeta in cui popolazioni altamente vulnerabili affrontano pericoli come condizioni meteo estreme, il cambiamento climatico alimenta le crisi umanitarie, praticamente in tutte le regioni del mondo, con aumento delle persone sfollate, soprattutto a seguito del costante e crescente peggioramento dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione, causate da siccità e inondazioni in Africa e America Latina, senza aver avuto, per fortuna, un grande impatto sui conflitti violenti.
La finestra di opportunità si sta restringendo
Nel suo nuovo rapporto di valutazione, l’IPCC, parla apertamente e ripetutamente di una “pericolosa e diffusa distruzione della natura e ripetutamente di una breve finestra di opportunità che si sta rapidamente chiudendo. “Solo se agiamo rapidamente ora sarà ancora possibile “assicurare un futuro vivibile e sostenibile per tutti“. Mentre, già oggi, da 3,3 a 3,6 miliardi di persone nel mondo vivono in regioni altamente colpite dalla crisi ambientale e climatica, che ha portato una distruzione pericolosa e di vasta portata di natura e ambienti di vita, un altro quarto dell’umanità dovrebbe fare i conti con cambiamenti drastici dovuti al riscaldamento globale, almeno temporaneamente. E non “consola” certo scoprire che l’Europa sarà colpita più duramente, rispetto alla media mondiale, dalle conseguenze del cambiamento climatico.
Già allo stato attuale, l’aumento della Temperatura media globale del Pianeta ha già subito un aumento di poco meno di 1,2° C (e le conseguenze sono più che visibili, già ora), ma se si dovesse superare il massimo riscaldamento globale di 1,5° C dall’inizio dell’industrializzazione, come previsto dall’accordo sul clima di Parigi, e ribadita anche dal Rapporto come una soglia decisiva per il cambiamento climatico che difficilmente può essere controllato in molti luoghi, si moltiplicherebbero rapidamente i danni alle città, all’agricoltura e alla natura in tutto il mondo. “Abbiamo una finestra di opportunità che si restringe“, ha avvertito il co-presidente del gruppo di lavoro dell’IPCC, il biologo marino tedesco Hans-Otto Pörtner cui ha fatto eco una dura e furiosa presa di posizione anche da parte del Segretario Generale dell’ONU, António Guterres, “Alcuni paesi stanno calpestando i diritti del resto del mondo ed alcune corporazioni stanno rastrellando ricchi profitti, mentre ignorano i diritti dei più poveri e dei più vulnerabili” concludendo poi affermando che “Il fatto che i governi non facciano il loro lavoro è criminale”. In effetti, lo stesso 6° Rapporto, evidenzia e sottolinea chiaramente come i paesi stiano facendo ancora troppo poco nel campo dell’adattamento al clima e che, soprattutto, esiste ancora un notevole divario tra ciò che è già necessario oggi e ciò che, realmente e concretamente, viene fatto.
Tra i diversi esperti è condivisa l’opinione che, cercare di ridurre questo crescente divario – a breve termine, oltretutto, forse già nei prossimi decenni – appare come il compito certamente prioritario e più importante. Il vero punto critico è che la capacità di adattamento di un ambiente, in termini di rischio a breve termine, ha un impatto più rapido rispetto alla diminuzione di emissioni, e le misure di breve termine per adattarsi alla crisi climatica, possono creare un falso senso di sicurezza. Nel contempo, però un’azione rapida può però minare i piani a lungo termine. Le azioni progettate per abbassare i rischi immediati, sostiene il rapporto, possono ridurre l’opportunità di un adattamento “trasformativo” che migliora le cose a lungo termine. Il rapporto mette in guardia dai rischi del “disadattamento”, in cui gli sforzi per affrontare i danni climatici fanno più male che bene. Un esempio emblematico, in tal senso, potrebbe quello di una costruzione di una diga attorno a una città, che permetterebbe di proteggere gli/le abitanti, dall’aumento del livello del mare e dalle mareggiate nel breve termine; ma la diga potrebbe anche cambiare l’andamento delle correnti lungo la costa, creando un’erosione peggiore altrove. Molto sagge, in questo senso le parole di Maarten van Aalst, uno degli autori del 6° rapporto IPPC (WGII ch16 sui “rischi chiave”, titolare della Cattedra Princess Margriet in clima e resilienza ai disastri all’ITC, Università di Twente (Olanda), nonché Direttore del Centro per il Clima della Croce rossa/Mezzaluna rossa: “Quando andiamo alla ricerca di soluzioni giuste, non dobbiamo pensare solo al rischio climatico, ma anche ai vari effetti collaterali degli interventi che intraprendiamo”.
Rischi immediati e a lungo termine
Sebbene siano stati compiuti alcuni sforzi per lo sviluppo e l’adattamento climatico, che sembrerebbero aver un po’ ridotto la vulnerabilità al cambiamento climatico, grazie anche ad una diffusa e maggiore pianificazione delle attività d’adattamento (e nell’attuazione di quei piani) con una certa qual riduzione delle conseguenze più estreme, gli effetti del cambiamento climatico stanno aumentando a un ritmo che supera i progressi fatti nell’adattamento. Il rapporto IPCC distingue, specificatamente, gli impatti del cambiamento climatico a breve termine (cioè fino al 2040) da quelli, invece, a medio e a lungo termine, evidenziando come siano soprattutto le conseguenze a breve termine ad essere state sottovalutate finora, data la forte accelerazione attuale del riscaldamento, che avrà effetti molto più drastici di quanto si sia pensato, per molto tempo. Un esempio perfettamente sintomatico è quello legato all’agricoltura: “Ogni decimo di grado di riscaldamento oltre 1,5° C, provocherà un’escalation di danni economici e a più frequenti fallimenti regionali dei raccolti“, afferma Hermann Lotze-Campen, economista agricolo e capo del dipartimento di ricerca “Resilienza climatica” del Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung (PIK), nonché titolare della S-Professorship Sustainable Land Use and Climate Change all’Università Humboldt di Berlino.
Un ultima, ma non per questo meno significativa raccomandazione, emersa dal Rapporto IPCC, è che è sempre più tempo di considerare la protezione delle specie, animali e vegetali e quella del clima come una sfida comune ed inseparabile, perché entrambi sono necessari, se gli esseri umani vogliono avere ancora un futuro su questo pianeta. In termini concreti, ciò significa che almeno il 30-50% della superficie terrestre deve essere mantenuto disponibile per le aree naturali, il loro sviluppo e la loro evoluzione, con un’eventuale coesistenza sostenibile tra uomini e natura. Ma è ancora più urgente ed indispensabile che questo pensiero, riesca finalmente e rapidamente a trasformarsi in dibattito e, soprattutto azione politica a tutti i livelli. Cosa che, fino ad ora, non è ancora avvenuta.
I risultati del report dell’IPCC
In conclusione, si riporta una sintesi dei risultati del 6° Rapporto di Valutazione dell’IPCC (AR6), da uno dei redattori del Rapporto, il Prof. Walter Leal, titolare delle Cattedre di gestione del cambiamento climatico presso l’Università di Scienze Applicate di Amburgo (Germania), e di ambiente e tecnologia presso la Manchester Metropolitan University (Regno Unito).
Uno dei messaggi chiave del nuovo rapporto di valutazione, è che le prove scientifiche cumulative sono chiare: il cambiamento climatico è una minaccia al benessere umano e alla salute del pianeta. Ogni ulteriore ritardo nell’azione concertata a livello globale, farà perdere una breve e rapida finestra di opportunità per assicurare un futuro vivibile. Altri “fatti” importanti sono anche, i seguenti:
- il riscaldamento globale di 1,1°C ha già causato un pericoloso e diffuso disturbo alla natura. Circa 3,3 miliardi di persone sono considerate particolarmente vulnerabili al cambiamento climatico, nonostante gli sforzi di adattamento.
- il nuovo Rapporto di Valutazione introduce il concetto di sviluppo resiliente al clima, il che significa che le questioni climatiche devono essere meglio prese in considerazione nei piani di sviluppo e negli aiuti internazionali.
- lo sviluppo resistente al clima è già una sfida con un riscaldamento globale inferiore a 1,5°C.
- Il nuovo rapporto di valutazione sottolinea la necessità di prestare attenzione ai bisogni di adattamento delle città al cambiamento climatico:
- il nuovo Rapporto di Valutazione mostra il peggioramento della povertà.
- il nuovo Rapporto di Valutazione mostra che le disuguaglianze esistono nel contesto del cambiamento delle condizioni climatiche: il cambiamento climatico esacerba le disuguaglianze non solo nei paesi poveri ma anche nei ricchi paesi industrializzati.
- circa la metà della popolazione mondiale soffre di una grave carenza d’acqua in qualche momento dell’anno, in parte a causa del cambiamento climatico.
- Il cambiamento climatico sta influenzando la salute delle persone in tutte le regioni del mondo.
- Gli impatti e i rischi climatici stanno diventando più complessi e difficili da gestire.
- per evitare perdite crescenti, anche di biodiversità, e quindi un peggioramento della situazione, è necessaria un’azione urgente per accelerare l’adattamento al cambiamento climatico, riducendo rapidamente e significativamente le emissioni di gas serra.
Fonte: elaborazione del Prof. Dr. Walter Leal, Peter Wulf[1]– Prof. Dr. E Dr. h.c. Walter Leal, responsabile del centro di ricerca e sviluppo “Sostenibilità e gestione dell’impatto climatico” presso la Hochschulen für Angewandte Wissenschaften (HAW) ossia l’Università di Scienze Applicate di Amburgo.
“Solo” una delle tante sfide
Il riscaldamento globale coincide anche con altre sfide, ha detto il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici. Elenca la crescente popolazione mondiale, la migrazione delle persone verso le città, il consumo eccessivo, la crescente povertà e disuguaglianza, l’inquinamento, la pesca eccessiva e, più recentemente, la pandemia di Corona. Ma di tutto questo, se ne parlerà nella 2a e conclusiva parte del presente articolo e che verrà pubblicato a breve.
[1] Prof. Dr. (mult.) Dr. h.c. (mult.) Walter Leal, è attivo nel campo della gestione ambientale già dal 1987, tanto da essere considerato l’iniziatore dell’International Climate Change Information Programme “ICCIP”, nonché ‘editore di numerose pubblicazioni e libri internazionali e agisce come revisore per l’Intergovernmental Panel on Climate Change. Si occupa di sviluppo sostenibile, cambiamento climatico ed energia, e scienze della vita e innovazione. Non a caso, l’agenzia di stampa tedesca Reuters, lo annovera tra i mille scienziati più influenti al mondo nella ricerca sul cambiamento climatico e le sue conseguenze. Come uno dei 200 autori principali, ha curato il capitolo otto, che tratta di povertà, mezzi di sussistenza e sviluppo sostenibile.