cittadinanza alimentare

Affrontare l’emergenza climatica significa anche essere consapevoli dell’impatto che ha l’alimentazione sul consumo di risorse e sui cambiamenti climatici. E’ questo che si intende con Food Citizenship, Cittadinanza Alimentare in italiano. Il cittadino interagisce maggiormente con il sistema produttivo agroalimentare “per accrescere la consapevolezza dell’impatto che i diversi sistemi di produzione agricola possono avere sull’ambiente, prendendo in considerazione non solo le pratiche agronomiche, ma soprattutto il ruolo svolto dall’utilizzo di risorse naturali da parte dell’intera filiera agroalimentare”. Così ci spiega il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria (CREA), che proprio nei giorni scorsi ha pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Sustainability, lo studio Food Citizenship as an Agroecological Tool for Food System Re-Design (La cittadinanza alimentare come strumento agroecologico per la riprogettazione del sistema alimentare).

Una consapevolezza crescente

Negli ultimi anni si hanno molti segnali di una maggior consapevolezza e attenzione sull’impatto delle abitudini alimentari sul consumo di risorse e sull’ambiente. È così che crescono le comunità di gruppi di acquisto solidale (GAS), reti di cittadini/consumatori che si organizzano per esercitare una forma di consumo critico, basato sulla conoscenza e la qualità del prodotto, il modo di produrlo e considerando la giusta retribuzione al produttore. In questo modo aumenta l’attenzione sulla filiera, preferire il piccolo produttore locale alla grande distribuzione, il prodotto locale e quindi stagionale all’importazione di prodotti da paesi lontani.

Inoltre sta crescendo l’attenzione agli sprechi alimentari, seppur ancora molto diffusi, ma stanno nascendo iniziative di privati cittadini, di catene di distribuzione e di ristoranti che hanno intenzione di combattere, anche attraverso il supporto tecnologico di App, il fenomeno dello spreco alimentare, e non mancano gli appelli di chef stellati e del Papa: “Sprecare cibo significa scartare persone”. Nel 2021 gli italiani hanno sprecato meno cibo, 3,6 kg a testa, rispetto al 2020, ma risultano ancora tanti gli oltre 27 kg di cibo sprecati da ogni cittadino in un anno.

La situazione in Italia

Ma quanto l’italiano è consapevole dell’impatto della sua alimentazione sull’ambiente? Lo studio del CREA ci porta dati interessanti. Sono stati intervistati 500 cittadini di varie città italiane con un questionario di 35 domande che riguardavano 2 macro aree di interesse:

  • il livello di consapevolezza delle conseguenze delle nostre scelte alimentari sull’ambiente, la conoscenza soggettiva percepita del cibo biologico, del costo del cibo biologico e dei fattori più rilevanti negli acquisti alimentari;
  • la profilazione dettagliata del consumo di frutta e verdura biologica fresca e di quarta gamma (la frutta, la verdura e, in generale, gli ortaggi freschi, a elevato contenuto di servizio, confezionati e pronti per il consumo)

Le domande erano poste in modo da consentire al cittadino di essere più o meno d’accordo con le definizioni proposte sui fattori che influenzano l’acquisto di un prodotto: la provenienza, la salubrità, il packaging, la tracciabilità, le promozioni.

I risultati hanno messo in evidenza due tipologie di consumatori: quelli con maggior attitudine a riconoscere l’impatto ambientale delle proprie scelte alimentari (55,4%) e quelli appunto con una minore attitudine (44,6%). Il gruppo con più attenzione alle questioni ambientali comprendono che le proprie scelte alimentari possono ridurre l’impatto negativo sulla biodiversità e sul riscaldamento globale, rappresentati in maniera significativa da persone di età compresa tra i 18 e i 49 anni (46,2%), inoltre questo gruppo di persone sono meno attente alle offerte promozionali, quindi disposte a spendere un po’ di più per i prodotti di qualità e consumano più frutta e verdura biologici. D’altro canto il secondo gruppo da risultati contrari e le percentuali si oppongono in maniera sensibile a quelle del primo gruppo.

Un cambio di paradigma necessario

L’analisi della consapevolezza alimentare del consumatore può essere considerato un primo passo verso un cambio di paradigma che, come afferma il ricercatore del CREA e coordinatore dello studio Fabio Tittarelli: “porta le persone a percepire se stessi non più come semplici consumatori volti a soddisfare dei bisogni personali, ma come dei cittadini che consumano cibo, associando all’acquisto di cibo una dimensione etica e sociale a garanzia di tutti gli attori della filiera”.

Mentre il cittadino approccia il concetto di Food Citizenship come uno strumento dell’agroecologia, diventa più consapevole dell’importanza di ridisegnare il sistema agroalimentare rendendolo sempre più sostenibile, la politica sembra guardare altrove o fa finta di nulla, l’ennesima prova di questo è la nuova Politica Agricola Comune (PAC), approvata lo scorso anno, che regolamenterà la filiera agroalimentare fino al 2027 che va in direzione opposta agli obiettivi di sostenibilità ambientale e alla consapevolezza dei cittadini.

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