Cop26: la bozza dell'accordo finale

Gli scenari se l’aumento della temperatura globale supera +1,5 gradi

Secondo l’Ipcc il solo scenario sostenibile per il futuro del Pianeta è quello che prevede un aumento della temperatura globale non superiore a 1,5 gradi; scenario che comunque implicherebbe conseguenze che vanno da un aumento del 17% delle aree a rischio piogge estreme ad ondate di caldo sempre più prolungate. La situazione peggiorerebbe di molto se si raggiungessero i +2 gradi, con le zone del Pianeta esposte a rischio eventi estremi che balzerebbero ad un +36% e i giorni di caldo estremo che diverrebbero circa 29 in più ogni anno, con conseguenze sulle specie in via di estinzione ma anche sulla salute pubblica e, di conseguenza, sul fronte delle migrazioni climatiche.

La bozza dell’accordo finale non convince

Scongiurare tutto questo rientra tra i compiti della Cop26 in corso a Glasgow, eppure la bozza dell’accordo finale -pubblicata appena qualche ora fa – sembra per l’ennesima volta improntata alla vaghezza, un po’ sulla falsariga del documento prodotto dal G20 di Roma.

C’è l’impegno da parte dei Paesi a tagliare le emissioni del 45% entro il 2030, c’è anche l’attivazione entro il 2023 del fondo da 100 miliardi di dollari destinato ai Paesi in via di sviluppo – obiettivo, ricordiamolo, già mancato, visto che in base all’Accordo di Parigi questi 100 miliardi di dollari dovevano essere raccolti entro il 2020 – ma per il resto il documento si nutre di definizione vaghe che rischiano di trasformarsi in pretesti che i Paesi meno disposti a muoversi verso la transizione ecologica potrebbero utilizzare per mantenere lo status quo. Torna, ad esempio, il vago riferimento a ridurre a zero le emissioni inquinanti “intorno alla metà del secolo” piuttosto che in un netto e definito 2050, così come la stessa scienza ha più volte indicato. Questo fa sì, ad esempio, che Paesi come l’India decidano di spostare in avanti l’obiettivo, fissandolo addirittura al 2070.

Altrettanto preoccupantemente vaga è l’indicazione di tenere l’innalzamento della temperatura globale “bel al di sotto dei 2 gradi dai livelli pre-industriali”; perché non indicare in modo netto la necessità di non superare in alcun modo l’innalzamento di 1,5 gradi? Ancora una volta la sensazione è che si vogliano rimandare quegli interventi immediati che anche l’ultimo rapporto dell’Ipcc ci ha confermato essere la sola via percorribile per rispettare l’Accordo di Parigi, volontà peraltro espressa a gran voce da gran parte dei leader mondiali.

La Cop26 non segua le orme del G20 di Roma

Appena pochi giorni fa, sulla base dei dati forniti dall’Ipcc, il Climate Action Tracker ha stimato che con gli attuali impegni presi dai leader riuniti nella Cop26 arriveremo ad un aumento delle temperature di +2,4 gradi entro il 2100 e che il solo modo per evitare che questo accada gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 devono essere necessariamente più ambiziosi e puntare ad un taglio delle emissioni del 65%. È evidente che la direzione imboccata da questa prima bozza sia tutt’altra e il rischio concreto è ormai che anche la Cop26 si trasformi in una passerella per i leader di tutto il mondo, impegnati a quanto pare più a trovare escamotage per rimandare le decisioni piuttosto che a combattere la crisi climatica.

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