Poche risposte per la lotta al cambiamento climatico
Sono riposte tutte nella Cop26 le speranze degli ambientalisti e di chiunque abbia a cuore le sorti del Pianeta e dell’Umanità intera rimaste deluse dal vertice romano del G20. La Conferenza delle Parti sotto l’egida dell’ONU ha preso il via il 31 Ottobre scorso a Glasgow e si concluderà il 12 Novembre prossimo e si spera possa dare un risultato diverso rispetto al summit di Roma che il Primo Ministro italiano, Mario Draghi, ha definito “un successo”. Riprendendo le parole dell’attivista Greta Thunberg, Draghi ha sottolineato come i “bla bla bla” fossero stati riempiti di sostanza. In realtà, il documento finale redatto al termine del vertice non mostra notevoli passi avanti nel contrasto all’instabilità climatica e, per alcuni versi, si potrebbe pensare che la situazione sia cambiata sì, ma in peggio.
Il documento finale
Dunque i Paesi del G20 continuano a impegnarsi poco e nonostante la lunga lista di documenti sul sito dedicato al meeting internazionale, la Dichiarazione finale dei Leaders del G20 di Roma ci mostra quali passi avanti sono stati fatti in materia di global economy, salute, sviluppo sostenibile e supporto agli Stati più vulnerabili, sicurezza alimentare, nutrizione, agricoltura, ambiente, energia, clima e molte altre tematiche discusse dai 20 Grandi.
Ad una lettura approfondita, però, possiamo renderci conto che molto di quello che è stato detto era stato già promesso in passato.
A partire dal controllo del riscaldamento climatico. Già l’Accordo di Parigi aveva stabilito il contenimento dell’aumento della temperatura globale entro i 2 gradi e comunque al di sotto dell’1,5 rispetto ai livelli preindustriali e il summit ha ribadito il medesimo obiettivo, senza nulla aggiungere. A tal proposito sarebbe forse stato utile indicare e adottare azioni maggiormente efficaci per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica e invece il riferimento al 2050 come termine ultimo entro il quale completare l’azzeramento delle emissioni di gas climalteranti è stato sostituito, nel documento finale, da un più timido “attorno alla metà del secolo”. E c’è già chi, come India e Cina, prevede di slittare oltre, addirittura puntando al 2070, per non frenare la propria economia in crescita. Vaghi e pochi sono inoltre i riferimenti alle “azioni concrete ed efficaci” da mettere in atto per arginare l’instabilità climatica. Nel testo finale non compaiono impegni vincolanti per gli Stati, anzi, un principio ripetuto durante tutte le sessioni del vertice riguarda le “responsabilità comuni ma differenziate” dei singoli Paesi, sottolineando la necessità di fornire aiuti ai Paesi a basso reddito e a quelli emergenti, per permettere loro di affrontare i costi della transizione. E ancora, nell’ambito degli accordi sulla riduzione delle emissioni per il contenimento della temperatura, è stata più volte ribadita l’importanza delle “circostanze nazionali” con l’impegno ad “aumentare gli sforzi per eliminare e razionalizzare i sussidi ai combustili fossili”.
E in materia di combustibili fossili un piccolissimo passo avanti è stato fatto: entro la fine 2021 è previsto lo stop alla costruzione di nuove centrali a carbone all’estero. L’intenzione dei Leaders del G20 è quella di porre fine “ai finanziamenti pubblici internazionali per la nuova e ininterrotta produzione di energia dal carbone all’estero”, senza però accennare ad una ipotetica data in cui possa essere fermato l’uso del carbone sul territorio nazionale.
Un altro nodo è quello relativo alla salute e alla sicurezza pubblicato, soprattutto alla luce della pandemia di Covid-19. Dal vertice emerge che si punta ad una copertura vaccinale del 40% della popolazione mondiale da raggiungere entro la fine del 2021 e del 70% entro la fine dell’anno prossimo. L’impegno in tal senso riguarda l’attuazione di iniziative che possano “aumentare la fornitura di vaccini e prodotti e strumenti medici essenziali nei Paesi in via di sviluppo e rimuovere i relativi vincoli di approvvigionamento e finanziamento”. In questa direzione va anche l’intesa tra i Leaders per il sostegno alla Scienza, nell’ottica di permettere tempi più brevi in caso di altre pandemie, con l’obiettivo di ridurre a 100 giorni il tempo necessario per sviluppare nuovi vaccini, farmaci e test.
Oltre alla pandemia, un altro tema scottante che i Leaders hanno discusso riguarda l’immigrazione. Lo scopo principale è riuscire a “prevenire i flussi migratori irregolari e il traffico di migranti, come parte di un approccio globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare, rispondendo al contempo ai bisogni umanitari e alle cause profonde dello sfollamento”.
Altro focus di primaria fondamentale importanza riguarda gli aiuti economici da fornire ai Paesi in via di sviluppo. Il sostegno alla transizione energetica dei Paesi emergenti prevede di mobilitare 100 miliardi all’anno per il periodo che va dal 2020 al 2025.
La delusione e le contestazioni
Si è discusso di tanto, dalla ripresa in sicurezza dei viaggi internazionali alla protezione dei dati, dalla privacy all’uguaglianza di genere, all’emancipazione femminile, ma, all’esterno della Nuvola e del Media Centre nel quartiere dell’Eur dove il summit era organizzato, le contestazioni non si sono fatte attendere. Erano più di cinquemila gli attivisti che manifestavano per le strade della Capitale, insieme a Extiction Rebellion e Fridays for Future. Questi ultimi al grido di “voi la malattia, noi la cura” hanno dimostrato tutta la loro delusione per un vertice che sul clima ha fatto pochissimo.
A nulla è valso l’appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che ha sottolineato la necessità di “accelerare la nostra marcia” perché corriamo il rischio di andare incontro ad “una catastrofe”. Sembrano essere cadute nel vuoto anche le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che guardando al futuro ha affermato che “non dobbiamo lasciare a chi verrà dopo di noi un Pianeta in preda ai conflitti, le cui ricorse sono state sprecate, i cui ecosistemi sono stati compromessi per l’egoismo di coloro che non hanno saputo coniugare la legittima aspirazione alla crescita economica e sociale con la necessità di proteggere ciò che non ci appartiene”.
Le speranze sono nella Cop26 di Glasgow, con l’auspicio che non si riveli realtà l’amara dichiarazione di Boris Johnson che, in un’intervista per un’emittente inglese, aveva affermato “Non fermeremo il riscaldamento climatico né Roma, né alla Cop 26.”
Noi ci auguriamo il contrario.