L’importanza delle correnti oceaniche
Le correnti oceaniche sono delle grandi masse d’acqua che si muovono in modo differente rispetto all’acqua che le circonda, poiché presentano caratteristiche differenti riguardo a temperatura, salinità e densità.
Uno degli effetti più interessanti delle correnti oceaniche è quello di mantenere l’equilibrio della biosfera. Questi enormi flussi d’acqua concorrono, insieme ad altri elementi, a determinare il clima, rendendolo mite grazie alle correnti calde, o desertificando intere zone a causa delle correnti fredde, trasportando semi di piante e uova, contribuendo così a diffondere specie vegetali e animali, veicolando il plancton, quell’insieme di microrganismi di cui si nutrono tantissimi pesci, determinando di fatto la pescosità dei mari. E ancora, permettono la navigazione, e il loro movimento può essere impiegato nella produzione dell’energia elettrica marina.
Questi enormi flussi d’acqua si spostano negli Oceani secondo la circolazione termoalina, denominata anche Grande Nastro Trasportatore, un percorso obbligato che risponde alle leggi della densità delle masse d’acqua.
Il termine termoalina deriva dall’unione di due caratteristiche che determinano la densità dell’acqua: la temperatura (-termo) e la salinità (-alina). In superficie le correnti si muovono a seconda dei venti, mentre nelle profondità seguono altri schemi. In Groenlandia, per esempio, dove la temperatura è fredda e la salinità elevata, le masse d’acqua più dense sprofondano seguendo il moto convettivo, mentre nei pressi dell’Equatore, dove la densità diminuisce poiché l’acqua è più calda e la concentrazione salina più bassa, secondo il fenomeno dell’upwelling l’acqua di fondo tende a risalire. Questo ciclo delle correnti è di estrema importanza per l’equilibrio del Pianeta poiché favorisce la produttività biologica, influenza il clima, la flora e la fauna marina e la vita delle popolazioni di tutta la Terra.
La Corrente del Golfo e gli effetti sul clima
Ci sono diversi tipi di correnti oceaniche, classificate a seconda di differenti caratteristiche quali per esempio il modo in cui si originano, la distanza dal fondale, il flusso parallelo o perpendicolare alla superficie e la temperatura. Quest’ultima in particolare serve a mitigare il clima muovendo masse d’acqua fredda dai Poli all’Equatore e d’acqua calda dall’Equatore ai Poli. A quest’ultima classificazione appartiene la Corrente del Golfo, una corrente oceanica che si origina nel Golfo del Messico e sposta masse d’acqua calda dai Tropici verso il Circolo Polare Artico. Giunta nel nord dell’Atlantico la corrente raffreddandosi si inabissa, e ritorna verso sud, ricominciando il ciclo.
Questo particolare movimento mitiga il clima in nord d’Europa, poiché la corrente, cedendo calore all’atmosfera, origina venti caldi che spirano da ovest verso il continente europeo, permettendo la produzione agricola e garantendo la pescosità di alcuni mari. Quando la Corrente è attiva, in Europa abbiamo inverni miti e un’agricoltura rigogliosa, le zone dell’Africa e dell’Estremo Oriente, grazie ai monsoni che portano le piogge, non soffrono la siccità, i Poli sono entrambi freddi, mentre gran parte dell’Asia centrale resta una zona principalmente umida.
La Corrente del Golfo, insieme alle altre correnti che alimentano il Grande Nastro Trasportatore, ossia la circolazione termoalina, possono rallentare o addirittura fermarsi, con gravi e disastrose conseguenze per la stabilità climatica e l’equilibrio di tutte le specie, compreso l’essere umano.
Il collasso della Corrente del Golfo: cronaca di un disastro annunciato
Capire cosa influenza il flusso delle correnti e quali sono le conseguenze che derivano da un eventuale rallentamento o addirittura una loro brusca interruzione, ci permette di comprendere quanto sia urgente e necessario preservare la stabilità di queste grandi masse d’acqua, già ridotta al loro minimo storico.
La Scienza ha avuto da sempre gli occhi puntati sull’evoluzione delle correnti, avvertendo come da ormai 1600 anni fosse già in atto un rallentamento dell’Atlantic meridional overturning circulation (AMOC), vale a dire il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica, di cui la Corrente del Golfo fa parte. Studi recenti avevano dimostrato come l’AMOC stesse subendo dei profondi mutamenti, dalle conseguenze importanti non solo per la stabilità dei flussi delle correnti, ma anche per l’intero ecosistema della zona. L’ultimo rapporto del Potsdam Institute of Climate Impact Research in Germania, di Niklas Boers, pubblicato ad agosto sulla rivista Nature, ha permesso di delineare i segnali di allarme che indicano il prossimo collasso della Corrente del Golfo, con conseguenze catastrofiche sul clima del Pianeta.
La causa che sta determinando un drastico e veloce rallentamento della Corrente, secondo la comunità scientifica, sarebbe da imputare agli effetti non lineari del cambiamento climatico in atto. In particolare, come precedentemente affermato, le correnti si muovo seguendo le leggi della circolazione termoalina, cioè le acque si spostano a seconda delle differenti densità, determinate da temperatura e salinità. Il riscaldamento globale che sta determinando lo scioglimento dei ghiacciai permette l’immissione negli Oceani di enormi masse d’acqua gelida, ma soprattutto dolce; ciò determina la diminuzione della salinità e un ulteriore abbassamento della temperatura. L’acqua meno salina si caratterizza da una minore densità, particolare che non permette alle correnti di inabissarsi e dunque, restando in superficie, determinano uno stravolgimento dell’equilibrio delle correnti.
Le conseguenze di questo fenomeno sono gravi e molto pericolose, non a caso il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica è inserito negli undici Global Tipping Points individuati dall’IPCC, quale punto di non ritorno che non possiamo assolutamente permetterci di superare, per non causare uno sconvolgimento irreversibile della stabilità climatica dell’intero Pianeta.
Infatti, da un improvviso stop della Corrente del Golfo, verso il quale stiamo procedendo speditamente se non agiamo immediatamente per tutelare la stabilità climatica globale, dipenderebbe lo stravolgimento del clima a livello planetario. Gli effetti che ne deriverebbe sono molteplici: in Europa e nelle nazioni maggiormente esposte all’Oceano Atlantico, si registrerebbe un drastico crollo delle temperature, con inverni rigidi e coltivazioni a rischio, un’alterazione del sistema globale delle piogge a causa della scarsa evaporazione delle acque oceaniche diventante sempre più fredde; un aumento di fenomeni metereologici estremi; periodi di siccità e innalzamento del livello del mare, un cambiamento nella distribuzione di flora e fauna marina, un pericolo per la foresta pluviale amazzonica e per le calotte glaciali antartiche. Non solo effetti sul clima, ma nuove ondate migratorie causate dallo sconvolgimento della produzione agricola e della pesca, dalla desertificazione di vaste aree, nuovi conflitti e instabilità anche a livello politico e sociale sono le dirette conseguenze dell’instabilità climatica.
La complessità del sistema atlantico delle correnti e l’incertezza sui cambiamenti climatici rendono impossibile prevedere con precisione quando tutto questo possa accadere, anche se come avverte la comunità scientifica, i segni della destabilizzazione delle correnti sono già troppo evidenti. Inoltre non è noto quale sia il livello di anidride carbonica che può innescare il collasso dell’AMOC, ma ciò che ormai da tempo sappiamo è che dobbiamo ridurre l’immissione nell’atmosfera di sostanze climalteranti e procedere uniti verso un’unica direzione: salvare il Pianeta per salvare noi stessi.