Il diritto a vivere in un ambiente sano e sicuro
Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia ha diffuso i risultati del primo Indice di Rischio Climatico per l’Infanzia: i giovani più a rischio, vivono nella Repubblica Centrafricana, nel Ciad, Guinea, Guinea-Bissau e in Nigeria.
Tutti i bambini hanno il diritto ad avere acqua da bere, cibo da mangiare, e aria pulita per respirare. Sembra un’affermazione ovvia che, però, è necessario ribadire e rinforzare con un altro diritto: quello a vivere in un ambiente sano e sicuro. Forse non esiste una minaccia maggiore per i diritti della prossima generazione di bambini e bambine di vivere su un pianeta “in fiamme”: i cambiamenti climatici hanno il potenziale di minare tutti questi diritti di base e, in effetti, la maggior parte dei miglioramenti ottenuti nella sopravvivenza e nello sviluppo dei bambini negli ultimi 30 anni. Il cambiamento climatico e lo stress ambientale che colpiscono sempre più frequentemente il nostro Pianeta, ed i relativi impatti sempre più severi, sottopongono bambini e bambine ad una combinazione letale di esposizione a molteplici shock insieme a un’alta vulnerabilità dovuta a servizi essenziali inadeguati (come acqua e servizi igienici, assistenza sanitaria e istruzione), esponendoli anche a malattie mortali.
Il rapporto Unicef
E’ questo il drammatico scenario che emerge dall’analisi del primo Indice di Rischio Climatico per i bambini, creato e pubblicato dall’UNICEF (UNICEF-Children’s Climate Risk Index) in collaborazione con Fridays for Future per segnare il terzo anniversario del movimento globale di sciopero del clima, con la prefazione di Greta Thunberg. Il nuovo rapporto dell’Unicef (The Climate Crisis Is a Child Rights Crisis: Introducing the Children’s Climate Risk Index – La crisi climatica è una crisi dei diritti dei bambini: Introduzione dell’Indice del rischio climatico per l’infanzia) purtroppo non lascia dubbi e parla di rischio “estremamente elevato” per “circa un miliardo di bambini: quasi la metà dei 2,2 miliardi di bambini e bambine del mondo vive in uno dei 33 Paesi classificati come “a rischio estremamente elevato” per gli impatti del cambiamento climatico. L’aspetto ancora più assurdo e ingiusto della vicenda, è che questi Paesi – nel complesso – emettono collettivamente solo il 9% delle emissioni globali di CO2, quando, invece, i 10 Paesi con le emissioni più alte producono insieme quasi il 70% delle emissioni globali (e solamente l’India, tra questi paesi, è classificata nell’indice come “estremamente a rischio”).
La prima analisi completa dei rischi climatici dal punto di vista dell’infanzia, rivela “uno scostamento tra i luoghi dove le emissioni di gas serra vengono generate e quelli nei quali bambini e bambine stanno subendo gli impatti più significativi, a causa dei cambiamenti climatici dovuti al clima“.
Repubblica Centrafricana, Ciad, Guinea e Guinea-Bissau i Paesi più a rischio
E così, i bambini e le bambine che vivono nella Repubblica Centrafricana, Ciad, Nigeria, Guinea e Guinea-Bissau, sono i più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico, su un totale di 163 paesi analizzati. L’analisi dei dati più recenti mostra in una classifica globale in quali paesi e in che misura i bambini sono esposti a shock climatici e ambientali, come ad esempio, uragani, tsunami, ondate di calore, ecc. La loro vulnerabilità a questi rischi è stata esaminata anche in base al loro accesso ai servizi di base: i bambini presenti in questi 33 paesi, infatti, non risultano “solamente” esposti a molteplici pericoli, shock e stress legati al clima e all’ambiente, ma risultano particolarmente vulnerabili a causa di servizi di base inadeguati nelle aree dell’acqua e dei servizi igienici, della salute e dell’istruzione. I risultati riflettono la situazione attuale dei bambini. La siccità e l’andamento delle precipitazioni stanno portando cattivi raccolti e l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, che si traducono, concretamente, in insicurezza e privazioni nutrizionali per i più poveri. Questi stessi effetti possono, inoltre:
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influire sull’andamento delle migrazioni ed i conflitti (secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, i migranti ambientali in tutto il mondo entro il 2050 potrebbero oscillare tra i 200 milioni e 1 miliardo);
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distruggere i mezzi di sussistenza paralizzando le opportunità per giovani;
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rendere bambini e bambine sempre più vulnerabili alle malattie che maggiormente diffuse a causa dei cambiamenti climatici (soprattutto malaria e la febbre Dengue :che, nel 90% dei casi colpiranno i piccoli sotto i 5 anni.
I numeri del disastro
“Per la prima volta, abbiamo un quadro completo di dove e come i bambini sono vulnerabili al cambiamento climatico – spiega Henrietta Fore, direttrice generale dell’Unicef – Questo quadro è terribile, in modo quasi inimmaginabile. Gli shock climatici e ambientali stanno minando l’intero spettro dei diritti dei bambini, dall’accesso all’aria pulita, al cibo e all’acqua sicura, all’istruzione, all’alloggio, alla libertà dallo sfruttamento e persino al loro diritto di sopravvivere. Praticamente la vita di nessun bambino ne sarà immune. Per tre anni, i bambini si sono fatti sentire in tutto il mondo per chiedere di agire. L’Unicef sostiene le loro richieste di cambiamento con un messaggio inoppugnabile: la crisi climatica è una crisi dei diritti dei bambini“.
Il Children’s Climate Risk Index (“CCRI”) evidenzia, in sintesi, i seguenti drammatici “numeri”, a livello planetario:
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240 milioni di bambini/bambine sono gravemente colpiti dalle inondazioni costiere;
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330 milioni di bambini/bambine sono gravemente colpiti dalle inondazioni fluviali,
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400 milioni di bambini/bambine sono gravemente colpiti dai cicloni,
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600 milioni di bambini/bambine sono gravemente colpiti da malattie trasmesse da vettori, che stanno aumentando a causa del riscaldamento globale, come la malaria.
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815 milioni di bambini/bambine sono gravemente colpiti dall’avvelenamento da piombo,
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820 milioni di bambini/bambine sono gravemente colpiti dalle ondate di calore,
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920 milioni di bambini/bambine sono gravemente colpiti dalla scarsità d’acqua, e
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1 miliardo di bambini/bambine risulta gravemente colpito da livelli estremamente elevati di inquinamento atmosferico (> 35µg/m3).
Se, da un lato, quasi tutti i bambini e le bambine del mondo sono a rischio per almeno uno di questi pericoli climatici e ambientali, i dati dello studio dell’UNICEF, rivelano che i Paesi maggiormente colpiti devono affrontare shock multipli e, spesso, tra loro sovrapposti, che minacciano di erodere i progressi nello sviluppo e di aggravare le loro privazioni. Viene stimato che 850 milioni di bambini e bambine (ovvero 1 su 3 in tutto il mondo) vivono in aree in cui si sovrappongono almeno quattro di questi shock climatici e ambientali e altri 330 milioni (1 su 7, in tutto il mondo) vivono in aree colpite da almeno cinque grandi shock ambientali e climatici.
“La vita dei bambini e delle bambine di oggi, è già pesantemente colpita dalla crisi climatica in un numero impressionante di paesi. È chiaro che solo la riduzione coerente delle emissioni di gas a effetto serra può fermare il cambiamento climatico. Ma lo spazio di frenata è lungo, anche con decisioni rapide. Bisogna quindi investire immediatamente e con urgenza di più per adattare le condizioni di vita dei bambini ai cambiamenti del loro ambiente. Dobbiamo rafforzare la loro resilienza migliorando i servizi di base e mettendoli in grado di capire cosa sta succedendo alla terra – anche per essere in grado di agire da soli“, afferma Christian Schneider, direttore esecutivo dell’UNICEF Germania”. A queste parole fanno eco quelle della Direttrice Esecutivo dell’UNICEF Henrietta Fore: “Il cambiamento climatico è profondamente ingiusto. Anche se i bambini non sono responsabili dell’aumento delle temperature globali, saranno loro a pagare il prezzo più alto”, ah ma c’è ancora tempo per agire. Se miglioriamo l’accesso dei bambini ai servizi di base, come l’acqua e i servizi igienici, l’assistenza sanitaria e l’istruzione, anche la loro capacità di sopravvivere ai rischi climatici può migliorare significativamente. L’UNICEF esorta i governi e le imprese ad ascoltare i bambini e a dare priorità alle azioni che proteggono i bambini dagli impatti del cambiamento climatico, accelerando al contempo gli sforzi per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra“.
Per i bambini che sono già svantaggiati, la posta in gioco è ancora più alta. Le famiglie più povere hanno difficoltà ad affrontare i cambiamenti. I più vulnerabili stanno già perdendo le loro case, la salute, l’accesso all’educazione. E con i cambiamenti climatici che rendono le crisi più frequenti riprendersi dallo shock è molto difficile. Già oggi, 920 milioni di bambini versano in condizioni di alta o estrema penuria idrica.
Che cosa serve?
L’UNICEF chiede ai governi ed a tutti gli stakeholders di:
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ridurre le emissioni di gas serra. Un’azione completa e urgente è necessaria per prevenire le conseguenze più drastiche della crisi climatica. I paesi devono ridurre le loro emissioni di almeno il 45% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2010) per limitare il riscaldamento a non più di 1,5 gradi Celsius. Senza una urgente e rapida riduzione delle emissioni di gas serra, i bambini continueranno a soffrire maggiormente gli impatti del cambiamento climatico e dello stress ambientale. Rispetto agli adulti, i bambini richiedono più cibo e acqua per chilogrammo di peso corporeo, sono meno in grado di sopravvivere ad eventi meteorologici estremi e sono più vulnerabili alle sostanze chimiche tossiche, agli sbalzi di temperatura e alle malattie, tra le altre cose.
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aumentare gli investimenti nell’adattamento al clima e nella resilienza dei “servizi chiave” (compresi l’acqua, i servizi igienici e sanitari, la salute e l’istruzione per proteggere i bambini e le bambine, le persone vulnerabili e le comunità dai peggiori impatti della crisi climatica) ;
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fornire ai bambini e alle bambine la necessaria formazione e le necessarie conoscenze sul clima e sulla tutela dell’ambiente, per adattarsi e prepararsi agli impatti del cambiamento climatico;
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includere i giovani in tutti i negoziati e le decisioni nazionali, regionali e internazionali sul clima, compresa la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico COP26 a Glasgow il prossimo autunno;
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garantire che la ripresa dagli impatti economici e sociali della pandemia di COVID-19 sia sana dal punto di vista ambientale, a basse emissioni di carbonio e inclusiva, in modo che la capacità delle generazioni future di gestire e rispondere alla crisi climatica non sia compromessa.
“I movimenti dei giovani attivisti per il clima continueranno a crescere e a lottare per ciò che è giusto, perché non abbiamo altra scelta” – dichiarano Farzana Faruk Jhumu (Bangladesh), Eric Njuguna (Kenya), Adriana Calderón (Messico) e Greta Thunberg (Svezia) di Fridays for Future, che hanno scritto la prefazione del rapporto e si uniscono per sostenerne il lancio – “Dobbiamo sapere a che punto siamo, affrontare il cambiamento climatico come una crisi, quale è, e agire con l’urgenza necessaria per assicurare che i bambini di oggi ereditino un pianeta vivibile“.
Che i governi, i potenti della Terra, i cittadini e le cittadine di questo nostro Pianeta sappiano raccogliere, con la dovuta saggezza e la necessaria urgenza, questo fondamentale appello.