Quel nesso tra verde pubblico e

Nasce il Tree Equity Score

L’ondata di calore degli ultimi giorni ha mostrato con crudele chiarezza gli effetti più sconcertanti dei cambiamenti climatici e ha dato una preoccupante anticipazione del catastrofico quadro offerto dalla bozza del prossimo rapporto dell’Ipcc, che verrà probabilmente diffuso nella sua versione completa a febbraio del 2022.

Più volte, anche in articoli precedenti, si sono affrontate due questioni che oggi appaiono più che mai attuali: quella del verde pubblico e del razzismo ambientale.

Qual è il nesso tra questi due temi?

La risposta a questa domanda sembra arrivare da un’indagine appena condotta dall’organizzazione American Forests, che il 22 Giugno ha lanciato quello che è stato chiamato Tree Equity Score.

Meno verde nelle aree abitate da minoranze e comunità a basso reddito

Attraverso l’analisi condotta su 3.810 comuni in territorio statunitense, inclusi 150.000 quartieri e 486 città con una popolazione minima di 50.000 abitanti, l’organizzazione ha messo in luce la possibilità di accesso agli alberi – e dunque ai ben noti vantaggi delle aree verdi urbane – da parte della popolazione e ha così potuto scoprire come minoranze e comunità a basso reddito si trovino in condizioni di svantaggio rispetto al resto della popolazione, con un accesso molto ristretto alle zone verdi e ombreggiate. I dati raccolti parlano di un 33% di alberi in meno nei quartieri maggiormente popolati da persone afro-americane e di un 41% in meno nelle zone in cui vivono in larga parte persone con un basso reddito. Una questione apparentemente poco rilevante, la cui portata risulta forse più comprensibile in giorni come questi in cui le ondate di calore hanno causato 791 morti soltanto in Canada.

Questo Paese sta decidendo della vita o della morte delle persone in base al reddito o all’etnia. Questo è moralmente insopportabile” ha dichiarato il Presidente di American Forests, Jad Daley in un comunicato stampa divulgato dall’organizzazione.

Come combattere le disuguaglianze?

Le aree verdi cittadini costituiscono infatti un’importante fonte di mitigazione non solo dell’inquinamento (per rendere meglio l’idea, una pianta adulta è in grado di catturare da sola dai 100 ai 250 grammi di polveri sottili), ma anche delle temperature all’interno della città: la temperatura misurata fino a circa 30 metri da un albero può essere infatti fino a 3 gradi Fahrenheit inferiore rispetto al resto della città.

Stando ai benefici legati alla presenza del verde riconosciuti anche dalla comunità scientifica, è evidente che, sulla base dei dati raccolti dall’American Forests, alcune fasce di popolazione si trovano in condizioni di svantaggio rispetto ad altre. Per combattere questa forma di razzismo ambientale, la stessa organizzazione statunitense ha suggerito di ricorrere alla piantumazione di 522 milioni di alberi, azione che consentirebbe non solo di appianare il dislivello in materia di accesso al verde, ma che avrebbe importanti benefici anche sul piano occupazionale, con la creazione di 3,8 milioni di nuovi posti di lavoro.

Senza contare gli effetti positivi sul piano ambientale, con la possibilità di rimuovere 9,3 milioni di tonnellate di carbonio all’anno. Tra le città individuate come più bisognose di questa tipologia di interventi figurano, tra le altre, San Diego, Los Angeles e Chicago, ma il Vicepresidente per le foreste urbane di American Forests ci ha tenuto a sottolineare come la questione non possa ridursi soltanto alla piantumazione di nuovi alberi, ma debba passare innanzitutto attraverso una nuova consapevolezza del ruolo che le piante svolgono nelle nostre vite e nelle nostre città.

Questione fondamentale non solo oltreoceano, ma anche nel nostro Paese, dove – ce lo conferma una recente indagine di Coldiretti/Ixe – il verde urbano purtroppo continua a scarseggiare.

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