Google riafferma il suo impegno per il clima
Tre decadi di “Azione per il Clima”. Che raggiungeranno il loro apice nel 2030, quando Google diventerà carbon-free.
Così il gigante della tecnologia presenta il suo “2020 Environmental Report”, riaffermando il suo impegno per il clima. Un impegno presente fin dagli albori dell’azienda: nel 2007, dopo meno di dieci anni dalla fondazione, Google è diventata la prima grande impresa a raggiungere la neutralità carbonica (carbon-neutral). Ad essere capace, quindi, di pareggiare in toto le emissioni prodotte, attraverso forme di compensazione –per esempio, con progetti di riforestazione. E di compensare anche tutte le emissioni avvenute dalla sua fondazione nel 1998.
Dal 2010, Google ha cominciato ad investire fortemente nelle energie rinnovabili, fino a raggiungere, nel 2017, l’obiettivo di coprire completamente il proprio consumo elettrico con fonti non fossili: il maggiore acquisto da parte di una azienda di energia rinnovabile mai registrato.
Inoltre, già ad agosto dell’anno scorso l’azienda aveva emesso $ 5.75 miliardi in obbligazioni “verdi” per sostenere vari progetti cruciali per un futuro più sostenibile, come, per esempio, energia pulita, bio-edilizia, trasporti non fossili, design circolare, alloggi a prezzi accessibili, equità razziale, risposta al COVID-19 e supporto per le piccole imprese.
Obiettivo: diventare carbon-free
Il prossimo passo, quindi, è quello di diventare la prima grande azienda carbon-free, ossia non solo capace di compensare le proprie emissioni, ma funzionante interamente grazie ad energia non fossile. Un obiettivo fissato per il 2030, al quale si aggiungono altri ambiziosi progetti:
- Generare 5 GW di energia pulita nelle regioni manifatturiere chiave;
- Rimuovere CO2 dall’atmosfera attraverso progetti di riforestazione, basati su studi scientifici che ne ottimizzino il processo;
- Aiutare oltre 500 città a ridurre 1 Gigaton di emissioni di carbonio all’anno entro il 2030, mettendo a disposizione i dati necessari per misurare, pianificare e monitorare i progressi verso i loro piani d’azione per il clima;
- Offrire a circa un miliardo di persone le informazioni e i mezzi necessari per vivere in maniera più sostenibile, con prodotti e tecnologie che permettono di comprendere meglio il proprio impatto personale e ridurre la propria impronta di carbonio.
Progetti quindi che coinvolgono anche altri attori, e cercano di estendere all’esterno la green policy di Google. Su questa scia, l’azienda ha lanciato la “Climate Impact Challenge”, un fondo da $10 milioni per finanziare idee che mirano ad utilizzare la tecnologia per accelerare il progresso dell’Europa verso un futuro più verde e più resiliente.
Alcuni punti da chiarire
Google sembra sulla buona strada quindi. Quando si tratta di grandi imprese, il sospetto di green-washing sembra sempre dietro l’angolo, ed è difficile carpire fino in fondo la realtà dei fatti. Sarebbe infatti interessante capire quali criteri l’azienda utilizzi per misurare le emissioni: solo quelle prodotte dai suoi uffici e server, o anche quelle prodotte dai suoi clienti utilizzando i suoi prodotti?
Inoltre, resta sempre la questione scoperta dell’evasione fiscale delle Big Tech. Con questi progetti di sustainability bonds o fondi per il clima, queste aziende private stanno portando avanti campagne climatiche che gli Stati difficilmente riescono a finanziare, anche a causa delle mancate entrate che questi colossi della tecnologia eludono. E basare la lotta climatica su forme di filantropia privata, può essere estremamente rischioso.