Il surriscaldamento globale non è uguale per tutti
Le comunità afro e latinoamericane pagano il prezzo più alto
Il surriscaldamento globale non è uguale per tutti: il neopresidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato solennemente, all’atto della sua investitura, di volersi concretamente impegnare nell’eradicazione di quello che lui stesso ha definito “razzismo di sistema”, cioè un razzismo che è proprio del nostro modello economico e sociale e che ha riservato ad alcune comunità, quelle più deboli, il prezzo più alto da pagare in relazione al massivo inquinamento ambientale ed al surriscaldamento climatico che ne è derivato. Si tratta generalmente negli USA delle comunità afro e latinoamericane, i cui bambini vengono purtroppo colpiti sempre più duramente, talvolta addirittura prima della loro stessa nascita. Una sorta di discriminazione all’origine.
Gli effetti sui bambini ancor prima della nascita
L’estate scorsa la professoressa Susan Pacheco, allergologa ed immunologa pediatrica presso l’Università del Texas, ed il ginecologo Bruce Bekkar hanno pubblicato uno studio che ha evidenziato come le donne incinte esposte massivamente al caldo ed all’inquinamento dell’aria hanno una probabilità molto più alta di avere una gravidanza a rischio. Le alte temperature possono causare infatti sofferenza alle donne incinte ed al loro feto, così come l’effetto dell’ozono troposferico, prodotto dall’accumulo di biossido d’azoto che ne è un precursore, può determinare una vasta serie di disordini in grado di manifestarsi pienamente sia durante l’infanzia che nell’età adulta. Si spazia da problemi cardiovascolari a problemi renali, da ritardi nella crescita a disordini respiratori di vario tipo. I due studiosi hanno analizzato qualcosa come 32,8 milioni di nascite tra il 2007 ed il 2019, traendone dati difficilmente contestabili. Decine di altri studi hanno però evidenziato come siano soprattutto le donne di colore, in particolare afroamericane, a pagare dazio. A loro spetta il triste primato della più alta incidenza di parti prematuri e di neonati sotto peso.
Perché alcune comunità sono più esposte?
La spiegazione ce la fornisce Vivek Shandas, professoressa di pianificazione urbana presso la Portland State University ed autrice di una interessante pubblicazione che mette in relazione l’aspetto demografico, il surriscaldamento nelle città e la situazione nei singoli quartieri. Pare proprio che la maggioranza delle vittime delle straordinarie ondate di calore degli ultimi decenni siano state donne ed uomini di colore e che questo sia semplicemente una conseguenza indiretta della segregazione che alcune comunità hanno subito nel corso dei decenni, finendo per popolare talune aree urbane, talvolta sovrappopolare, in condizioni molto pesanti sia dal punto di vista ambientale che generale. Shandas afferma che “questi errori di sistema hanno creato delle realtà di totale precarietà per le comunità di colore ed a basso reddito”. In definitiva molti giovani di colore nel crescere in certe periferie sono inconsapevoli di una loro maggiore vulnerabilità rispetto al surriscaldamento climatico. Shandas ha addirittura verificato attraverso un esperimento condotto con macchine ad infrarosso che certi quartieri di alcune città come New York, Portland oppure Austin, sono realmente più caldi di altri di diversi gradi. Gli edifici e le superfici pavimentate, come i grandi parcheggi scoperti e le zone industriali, amplificano il calore. I quartieri residenziali con pochi alberi ed abbondanza di asfalto, che assorbe ed irradia energia solare, registrano temperature più alte. Al contrario parchi ed aree verdi abbassano le temperature nelle zone che si trovano in prossimità. Ebbene storicamente, a causa di chiare disparità se non di discriminazioni a tutti gli effetti, le case della maggior parte della popolazione di colore, spesso e volentieri ammassate e fatiscenti, sprovviste sia di impianti di condizionamento che di una vegetazione in grado di fornire sollievo alla calura, si sono concentrate in aree prossime ai grandi snodi autostradali o a zone industriali altamente inquinate. I giovani che crescono in queste aree sono sottoposti all’inalazione di una vasta gamma di sostanze tossiche, si spazia dalla formaldeide, notoriamente cancerogena, al benzene, ritenuto responsabile di danni irreversibili al cervello, alla fuliggine, causa di ipertensione cronica. Gli alti livelli di inquinamento, così come la già citata combinazione di ozono ed elevate temperature, producono poi allergie e severe reazioni asmatiche. Gli studi dimostrano senza appello che i giovani di colore ne sono colpiti per una percentuale molto più alta dei loro coetanei.
La sfida di Biden
Ecco allora che la sfida di Biden, in un paese sempre più diviso e violento, appare ardua e rischia di diventarlo ancora di più se non si riuscirà a porre rimedio alla drammatica questione climatica. Essa infatti allargherà ancora di più il solco tra cittadini abbienti e non abbienti, tra etnie dominanti ed etnie in sofferenza. In realtà la questione va ben oltre e finirà prima o poi per coinvolgere tutti. La professoressa Pacheco a tal riguardo non ha dubbi: ”E’ solo una questione di tempo, vedremo sempre più bambini affetti da problemi di salute. Succederà dappertutto. E’ urgente intervenire”.