Italia fanalino di coda del trasporto
Closeup of electric bus of public transport at the charging station

I dati in Italia

Che l’Italia non fosse un Paese leader della mobilità elettrica applicata al trasporto pubblico era un fatto già piuttosto chiaro a chi, ogni giorno, utilizza i mezzi pubblici per recarsi a scuola o a lavoro. Ciò che però lascia interdetti è che, salvo qualche raro caso, i Comuni continuino imperterriti ad acquistare (pochi) autobus destinati al trasporto pubblico e quei pochi che vengono messi su strada sono ancora per la gran parte alimentati da motori diesel o, al più, a metano.

Questa amara verità la certifica nero su bianco l’ultimo report di Transport and Environment, Ong impegnata da oltre 30 anni nella promozione del trasporto pubblico rispettoso della salute delle persone e dell’ambiente.

Nel suo ultimo rapporto, T&E analizza gli investimenti compiuti dalle principali città europee nel trasporto pubblico e i risultati per l’Italia sono veramente sconfortanti: solamente il 5,4% degli autobus messi su strada nel 2019 sono elettrici o a idrogeno, tutto il resto è ancora spinto da diesel e metano, tecnologia quest’ultima che, per quanto pulita sotto il profilo del particolato, è in ogni caso a bassissima efficienza, legata alle fonti fossili e certamente inquinante.

E negli altri Paesi?

Molto meglio di noi praticamente tutti gli altri, con Paesi tradizionalmente attenti all’ambiente, come la Germania, ma anche Stati tutt’altro che brillanti in termini di emissioni di CO2, come per esempio la Polonia, la cui produzione elettrica è ancora basata in gran parte sul carbone, che ha deciso di virare decisamente al trasporto elettrico imponendo alle città con oltre 100.000 abitanti di convertire l’intero parco autobus all’elettrico entro il 2030.

In Italia solo alcune eccezioni virtuose, come la città di Milano dove l’ATM ha annunciato a novembre scorso l’accordo con la polacca (sic!) Solaris per l’acquisto di altri 100 bus elettrici, che andranno ad aggiungersi a quelli già acquistati negli ultimi due anni. Particolarmente grave l’assenza della città di Roma, dove aldilà delle chiacchiere e la meritoria re immissione su strada della storica piccola flotta di bus elettrici del centro storico, rimasta per anni ferma a causa della mancata manutenzione, praticamente nulla è stato fatto se non l’aggiudicazione a Mercedes dell’appalto per la fornitura futura di 100 bus ibridi…

I vantaggi del trasporto pubblico sostenibile

Un autobus diesel di vecchia generazione emette particolato come circa 50 automobili diesel euro 4, toglierne solo 100 dalla strada equivarrebbe a ridurre in maniera considerevole l’inquinamento urbano e tutte le malattie correlate, come asma, bronchiti etc.

Ma allora perché nel Recovery Fund non si è deciso di investire drasticamente su questo settore, come ha fatto ad esempio la Polonia? Ciò avrebbe consentito anche di rimettere in sesto la storia industria italiana del trasporto pubblico, oramai ridotta ai minimi termini e in gran parte finita in mano a marchi stranieri. Mi viene in mente la storia della Tecnobus, piccola azienda con stabilimento a Frosinone, da 25 anni impegnata a produrre piccoli bus elettrici, come quelli che vediamo nel centro di Roma, che ogni giorno lotta per sopravvivere in un mercato molto competitivo. Quanti nuovi lavoratori potrebbero essere assunti in conseguenza di un serio piano nazionale di elettrificazione dei bus locali? Probabilmente migliaia. Ecco, se si voleva un buon motivo per far cadere il Governo Conte forse poteva essere proprio questo.

1 commento

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui