La silenziosa strage dei giganti del mare

Dal 1986 in poi, anno del divieto internazionale della caccia delle balene, la situazione ecologica dei giganti del mare è lentamente migliorata. Un recupero lento e fragile perché se da una parte i tempi peggiori della caccia massiva sono superati, dall’altra una serie di problematiche minacciano ancora queste meravigliose creature.

Un saluto ai lettori, io sono Alessandro Nicoletti, biologo marino e fondatore dell’associazione ecologista Keep the Planet e sono qui per parlare di un tema poco conosciuto.
Nonostante nell’opinione pubblica le immagini degli spiaggiamenti massivi (addirittura Aristotele, nell’Antica Grecia, descrisse il fenomeno) e della ormai nota Grindadrap nelle Isole Faroe hanno un grande riscontro mediatico, una ben più grande minaccia dal punto di vista conservazionistico incombe sul futuro dei grandi mammiferi marini: le collisioni dei cetacei con le grandi navi.

Secondo le stime ufficiali riportate dalle Autorità marittime, sono circa 1.200 gli incidenti tra navi e balene che ogni anno inevitabilmente portano a gravi infortuni o morte dell’animale. Numeri preoccupanti, ma che sono solo la punta dell’iceberg: secondo i maggiori esperti internazionali queste cifre vanno moltiplicate raggiungendo un numero di circa 10 e fino a 20 volte maggiore rispetto alle stime ufficiali.

Questo ci indica tra le 10.000 e 20.000 balene uccise ogni anno dalla collisione con una nave. Numeri preoccupanti che minacciano lo stato di conservazione di tante specie come la balenottera azzurra e la megattera. Le più colpite da questo fenomeno sono le specie più grandi che tra l’altro hanno anche un lento tasso di riproduzione che le rendono più fragili dal punto di vista della conservazione.

Purtroppo, a livello mediatico questo è un fenomeno poco conosciuto dall’opinione pubblica perché, oltre a non esistere immagini o video degli impatti, non si riesce nemmeno a recuperare le carcasse delle balene uccise perché si inabissano velocemente nelle profondità marine.

La situazione è preoccupante se si valuta l’entità del fenomeno: in ogni istante ci sono circa 50.000 navi come petroliere, navi cargo e navi da crociera che attraversano habitat critici per la vita delle balene come le zone di riproduzione, di alimentazione e le rotte migratorie.
È ora legittimo porsi alcune domande: perché le balene non scappano davanti alle navi? Perché le navi non modificano la propria rotta?

Le imbarcazioni coinvolte in questo genere di incidenti sono lunghe fino a 400 metri per 60 metri di larghezza. Trasportano migliaia di container ad una velocità e rotta costante difficile se non impossibile da modificare in breve tempo. Quasi sempre i gruppi di balene vengono avvistate solamente all’ultimo momento impedendo di fatto qualsiasi manovra.
E le balene? Perché non scappano di fronte a queste enormi navi?
Queste specie si sono evolute nel corso dei milioni di anni programmando i loro comportamenti per la ricerca delle fonti di cibo e dei migliori siti per riprodursi, nuotando per migliaia di chilometri in oceani privi di imbarcazioni. Le balene non hanno la capacità innata di riconoscere il rumore delle grandi navi come un imminente pericolo di vita.
Ed è proprio da questa serie di situazioni che gli impatti avvengono: da un lato navi gigantesche che non possono modificare in breve tempo rotta e velocità, dall’altra mammiferi marini evoluti in un mare privo di esseri umani.
Gli studiosi sono tutti concordi nell’affermare che siamo noi a dover trovare una soluzione al problema. La buona notizia è che diversi paesi hanno iniziato ad implementare delle azioni pratiche per ridurre il numero di collisioni.

Unendo le principali rotte migratorie dei cetacei, con i siti di alimentazione e riproduzione, si possono infatti pianificare le rotte di navigazione con il fine di evitare quelle zone dove i cetacei sono in numero maggiore.

Un esempio ci arriva dal canale di Panama dove le autorità hanno ristretto l’area di entrata e uscita per le grandi navi riducendo di oltre il 90% il numero di impatti.
Nei siti dove non è possibile modificare le rotte delle grandi navi esiste una strategia atta a modificare i tempi delle rotte.

Questo è possibile grazie allo studio delle abitudini delle balene.
Essendo i krill (la principale fonte di cibo delle balene) dei crostacei fotosensibili che passano le ore diurne in profondità, è sufficiente spostare gli orari di attraversamento delle navi proprio in queste ore dove le probabilità di collisione è inferiore rispetto alle ore notturne.
Un’altra necessaria regola che gli esperti richiedono a livello internazionale è la riduzione di velocità delle navi nelle aree sensibili. I ricercatori hanno stabilito infatti in 10 nodi la velocità massima in queste zone.

Le soluzioni per ridurre il numero di collisioni esistono e devono essere utilizzate a livello
internazionale. Per farlo servono atti concreti delle autorità che spesso hanno bisogno di un’opinione pubblica informata che attivamente chieda risposte concrete. Qualsiasi provvedimento atto a ridurre il numero di impatti è di vitale importanza per la conservazione di specie carismatiche come le balene che sono minacciate non solo dalle grandi navi, ma anche da inquinamento e cambiamenti climatici.

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