Un costruttore di ponti, un testimone acuto del suo tempo, un profeta laico, un pacifista, un ecologista. Questi e molti altri i volti di Alexander Langer che Marco Boato ripercorre all’interno del suo Green Book dal titolo “Alexander Langer, testimone e profeta del nostro tempo”, inserito sulla pagina di Europaverde.it.
Un testo che è importante leggere quello di Boato, che nel 1982 con Langer si fece promotore della nascita di un movimento ecologista italiano in Trentino Alto Adige che poi si sarebbe esteso anche a livello nazionale; un testo che ci aiuta a comprendere la vitalità delle idee di Langer e la necessità di trasformare le sue intuizioni in concrete iniziative di cambiamento per le nostre società, di cui l’avvento improvviso di una pandemia globale ci ha mostrato forse definitivamente tutte le storture e le fragilità.
“Non torneremo alla normalità perché la normalità era il problema”, recita la slogan abbracciato anche dai ragazzi dei Fridays For Future e allora serve un ripensamento, servono nuove visioni, servono proposte per costruire un nuovo modello di comunità e, leggendo il testo di Boato, stupisce rendersi conto di quanto molte delle idee di Alexander Langer siano oggi più che mai di estrema attualità.
Prima fra tutte quella della necessità di un cambiamento culturale, senza il quale qualsiasi provvedimento, per quanto necessario, sarà inutile perché incomprensibile e dunque non desiderabile da parte dei cittadini. Ricorda, Marco Boato, come tra le idee cardine del pensiero politico ed etico di Langer ci fosse quella di riconvertire i principi fondativi della società, trasformandoli da principi di natura agonistica, basati non sull’armonica convivenza ma sulla legge del più forte, a principi in grado di produrre benessere reale non solo per tutti noi ma anche per il Pianeta, in prospettiva di quella conversione ecologica di cui, a distanza di più di venti anni avrebbe nuovamente parlato anche Papa Francesco. Tornare indietro per poter andare avanti, imparare la cultura del limite, fermare la corsa verso il profitto cieco e, come gli eventi ci stanno (forse) insegnando, autodistruttivo. Un profitto che, se si guarda al fondo delle cose, non giova a nessuno: non giova agli sfruttati, che la pandemia ha reso sempre più poveri; non giova al Pianeta, che abbiamo portato sull’orlo della catastrofe e non giova nemmeno agli sfruttatori che stoltamente sembrano dimenticare che su questo Pianeta ci vivono, che sulle macerie delle proprie speculazioni dovranno crescere anche i proprio figli e i propri nipoti.
Nel suo ricordo di Alexander Langer, Marco Boato continua soffermandosi su un altro aspetto del pensiero e dell’agire politico dell’ecologista trentino: la sua convinzione, trasformata in azione, della necessità di un dialogo aperto con tutte le forze politiche e sociali; dialogo che, per la natura della proposta globale di cui si fanno portavoce, potrebbero portare avanti i verdi.
Era il 1992 quando Langer, all’interno della nota biografica al suo unico libro pubblicato in vita, “Vie di pace/ Frieden schließen” (e già il titolo dice molto), esprimeva un’istanza tuttora irrisolta della nostra politica e di cui, in questi tempi incerti, stiamo vivendo ancora tutti i paradossi e le conseguenze. Ai muri, al costante scontro politico da cui sconfitti continuano ad uscire tanto i cittadini quanto l’ambiente, Alexander Langer, l’uomo di frontiera senza frontiere, contrapponeva il dialogo e con tutti ha saputo dialogare: dalla sinistra post-comunista ai movimenti operai, dalle associazioni ecologiste ai movimenti cattolici, sempre mosso da uno spirito critico che, come ci rammenta Marco Boato riportando alcuni passi di una lettera aperta che Langer scrisse nel 1994 all’allora Pds, lo spingeva lontano dal fideismo politico e dalla faziosità ideologica e lo avvicinava piuttosto ad un’idea di politica meno integralista e più incentrata su progetti concreti, capaci di convogliare l’impegno dei partiti in nome di una “società più equa e più sobria, compatibile con i limiti della biosfera e con la giustizia, anche tra i popoli”.
Sono passati più di venticinque anni dal giorno in cui Alexander Langer ha deciso di togliersi la vita; l’ultimo messaggio, scritto prima della sua morte, si concludeva con una frase emblematica, un monito a tutti i coloro i quali avevano creduto nelle sue battaglie: “Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”.
Sono passati più di venticinque e, in nome di ciò che era e continua ad essere giusto, tanti giovani sono scesi in piazza e, anche in tempi di lockdown e di restrizioni, continuano a mobilitarsi per chiedere un futuro diverso. Sono passati più di venticinque anni, ma la strada da percorrere verso il cambiamento è ancora tanta e per affrontarla servono idee valide, alternative possibili, nuove prospettive; per questo è importante non solo ricordare Alexander Langer, ma rileggere, riascoltare le sue parole e comprendere lo spirito che le animava e, in modo diverso, le anima tuttora.
Il Green Book di Marco Boato ci restituisce innanzitutto questo: la poliedricità che animava lo spirito di Langer, le motivazione che ne sostanziavano le idee e lo fa ripercorrendo le tappe di un percorso politico e umano tanto breve quanto denso di forza innovatrice, con lo sguardo di chi quelle battaglie le ha conosciute e condivise, affinché si possa continuare in ciò che è giusto.