Record USA per l’inquinamento da plastica
Gli Stati Uniti sono i più grandi produttori di rifiuti in plastica al mondo, il terzo Paese per il contributo all’inquinamento da plastica costiera. A rivelarlo è lo studio “The United States’ contribution of plastic waste to land and ocean SEA Research Professor of Oceanography Kara Lavender Law”, elaborato da un team statunitense di esperti e pubblicato su Science Advances.
La ricerca, elaborata a partire da dati risalenti al 2016, smentisce un precedente studio, basato su dati del 2010 e pubblicato nel 2015 su Science, che collocava gli Stati Uniti al ventesimo posto per il contributo all’inquinamento da plastica degli oceani.
Una tale discrepanza nei risultati ha un motivo ben preciso: nella precedente ricerca non si teneva conto di quanti rifiuti in plastica vengano esportati ogni anni dagli Stati Uniti verso l’estero, prevalentemente verso Paesi in via di sviluppo.
A lungo, quando si è parlato di inquinamento, si è puntato il dito contro l’Asia; come spiega Greenpeace USA “Lo studio del 2015 è stato ingannevolmente utilizzato dall’industria e dai governi per affermare che una manciata di fiumi in Asia sono i principali responsabili della crisi dell’inquinamento da plastica, nonostante il fatto che molte compagnie statunitensi vendano prodotti di plastica all’estero e che il Nord del mondo invii molti dei suoi rifiuti di plastica a questi Paesi”.
Come portato alla luce da questo nuovo studio, infatti, più della metà di tutta la plastica raccolta negli Stati Uniti per essere riciclata (circa 1,99 milioni di tonnellate metriche) viene spedita all’estero e di questa l’88% finisce con l’approdare in Paesi che non possiedono strutture adeguate per riciclare o smaltire la plastica (che, peraltro, talvolta risulta essere contaminata o di scarso valore e quindi non riciclabile). In base a questi valori, è stato possibile calcolare che circa un milione di tonnellate di plastica provenienti dagli Stati Uniti ha finito per inquinare l’ambiente. Circa il 2-3% di questa plastica (tra lo 0,91 e l’1,25 milioni di tonnellate), inoltre, risulta essere stato scaricato illegalmente all’interno del territorio statunitense, creando danni ambientali gravissimi a cui si vanno a sommare i danni arrecati dall’ 1,5 milioni di tonnellate di plastica finiti negli ambienti costieri, dove il vento e il passaggio di corsi d’acqua aumenta notevolmente il rischio che questi rifiuti finiscano in mare.
Nuove soluzioni
Come sottolineato anche da Nick Mallos, direttore senior del programma Trash Free Seas di Ocean Conservancy e tra gli autori dello studio, “La soluzione deve iniziare a casa. Dobbiamo crearne meno (ndr: di plastica), eliminando le plastiche monouso non necessarie ; dobbiamo produrre meglio, sviluppando nuovi modi innovativi per imballare e consegnare le merci e, dove la plastica è inevitabile, dobbiamo migliorare drasticamente i nostri tassi di riciclaggio”. Attualmente la ricerca ci dice che nel 2016 il 17% dei rifiuti in plastica di tutto il mondo è stato prodotto negli Stati Uniti e che in media ogni cittadino americano produce circa 105 chili di rifiuti in plastica, quasi il doppio di quanto ne produce in media un cittadino europeo. È evidente che a dover cambiare sono non solo i sistemi di produzione, ma anche le abitudini; ad essere di questo parere è anche Graham Forbes, leader del progetto Global Plastics di Greenpeace USA, che ammonisce il suo Paese e invita i suoi connazionali a “rinunciare alla loro dipendenza dalla plastica monouso”.
Un modello a cui guardare potrebbe essere, ad esempio, proprio l’Unione Europea, che con la nuova Direttiva sulla plastica monouso, parte integrante di una più ampia Strategia Europea sulla Plastica, ha deciso di mettere al bando la plastica usa e getta e di promuovere la riduzione dei consumi di alcuni oggetti in plastica, affidando inoltre alle aziende produttrici parte della responsabilità finanziaria per la raccolta, la gestione e lo smaltimento di alcuni di questi rifiuti.
È tempo, dunque, che gli Stati Uniti facciano i conti con un problema che, questi dati ce lo dicono chiaramente, non può più essere imputato ai soli Paesi asiatici ma che piuttosto andrebbe affrontato attraverso investimenti nelle tecnologie di riciclaggio, interventi che scoraggino la plastica usa e getta e, perché no, attraverso campagne di sensibilizzazione in grado di rendere i cittadini più consapevoli dei danni che un uso smodato della plastica sta causando al nostro Pianeta.